selene82
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Versione originale in latino


C. Plinius Tacituo suo s.
Petis ut tibi avunculi mei exitum scribam, quo verius tradere posteris possis. Gratias ago; nam video morti eius si celebretur a te immortalem gloriam esse propositam. Quamvis enim pulcherrimarum clade terrarum, ut populi ut urbes memorabili casu quasi semper victurus occiderit, quamvis ipse plurima opera et mansura condiderit, multum tamen perpetuitati eius scriptorum tuorum aeternitas addet. Equidem beatos puto, quibus deorum munere datum est aut facere scribenda aut scribere legenda, beatissimos vero quibus utrumque.
Horum in numero avunculus meus et suis libris et tuis erit. Quo libentius suscipio, deposco etiam quod iniungis. Erat Miseni classemque imperio praesens regebat. Nonum kal. Septembres hora fere septima mater mea indicat ei adparere nubem inusitata et magnitudine et specie. Nubes — incertum procul intuentibus ex quo monte, Vesuvium fuisse postea cognitum est — oriebatur, cuius similitudinem et formam non alia magis arbor quam pinus expresserit. Nam longissimo velut trunco elata in altum quibusdam ramis diffundebatur, credo quia recenti spiritu evecta, dein senescente eo destituta aut etiam pondere suo victa in latitudinem vanescebat, candida interdum, interdum sordida et maculosa prout terram cineremve sustulerat.

Traduzione all'italiano


Gaio Plinio saluta il suo Tacito. Chiedi di scriverti la fine di mio zio, affinché tu più fedelmente possa tramandarla ai posteri. Ti ringrazio; vedo infatti che, se è celebrata da te, è stata offerta una gloria immortale alla sua morte. Sebbene infatti sia morto, come le popolazioni e le città, nella distruzione delle terre bellissime, quasi per vivere sempre per quella memorabile sciagura, sebbene lui stesso abbia composto moltissime opere destinate a rimanere, tuttavia l'eternità dei tuoi scritti darà molto alla sua immortalità. Certamente ritengo beati coloro ai quali per dono degli dei fu dato o di compiere imprese da scrivere o di scrivere cose da leggere, ma beatissimi coloro ai quali furono date entrambe le cose. Nel numero di questi ci sarà mio zio, grazie ai libri suoi e tuoi. Perciò volentieri accolgo e pretendo anche ciò che che chiedi. Era a Miseno e reggeva di persona il comando della flotta. Il 24 agosto, circa all'ora settima, mia madre gli mostra che appariva una nube inusitata sia per grandezza sia per aspetto. La nube sorgeva (per quelli che guardavano da lontano era incerto da quale monte, in seguito fu noto che era stato il Vesuvio), la sua somiglianza e forma da nessun altro albero più che dal pino è stata rappresentata. Infatti, lanciata in alto come un tronco altissimo si diffondeva in alcuni rami, credo perché spinta dal primo soffio, poi rilasciata mentre quello veniva meno, o anche vinta dal suo stesso peso si dissolveva in larghezza, talora bianca, talora sporca e macchiata, secondo che aveva sollevato terra o cenere.

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