Versione originale in latino
Atque etiam in rebus prosperis et ad voluntatem nostram fluentibus superbiam magnopere, fastidium arrogantiamque fugiamus. nam ut adversas res, sic secundas inmoderate ferre levitatis est praeclaraque est aequabilitas in omni vita et idem semper vultus eademque frons, ut de Socrate itemque de C. Laelio accepimus. Philippum quidem Macedonum regem rebus gestis et gloria superatum a filio, facilitate et humanitate video superiorem fuisse. Itaque alter semper magnus, alter saepe turpissimus, ut recte praecipere videantur, qui monent, ut, quanto superiores simus, tanto nos geramus summissius. Panaetius quidem Africanum auditorem et familiarem suum solitum ait dicere, "ut equos propter crebras contentiones proeliorum ferocitate exultantes domitoribus tradere soleant, ut iis facilioribus possint uti, sic homines secundis rebus effrenatos sibique praefidentes tamquam in gyrum rationis et doctrinae duci oportere, ut perspicerent rerum humanarum imbecillitatem varietatemque fortunae".
Traduzione all'italiano
Ancora un avvertimento. Nella prospera fortuna, quando tutto va secondo i nostri desideri, evitiamo quanto più è possibile l'orgoglio, fuggiamo il disprezzo e l'arroganza. È indizio. di gran leggerezza il sopportare senza regola e senza misura cosi la prospera come l'avversa fortuna; mentre è cosa bellissima il mostrarsi eguali a se stessi in ogni momento della vita, e il mantenere sempre lo stesso volto e la stessa fronte, come si racconta di Socrate e di Gaio Lelio. Io leggo nella storia che Filippo, re dei Macedoni, fu bensì superato da suo figlio nella gloria delle imprese militari, ma lo superò di gran lunga nell'affabilità e nella dignità umana; e così, mentre il padre fu grande sempre, il figlio fu spesso brutale; così che hanno evidentemente ragione coloro i quali ci consigliano di comportarci tanto più umilmente quanto più siamo posti in alto. Racconta Panezio che l'Africano, suo discepolo ed amico, soleva dire: "come i cavalli, vibranti di selvaggia fierezza per il frequente slanciarsi nelle battaglie, li affidiamo di solito ai domatori per averli più docili alla mano, così gli uomini, imbaldanziti dalle molte fortune e troppo fiduciosi nelle proprie forze, dobbiamo condurli, per così dire, alla scuola della ragione e della saggezza, perché vi imparino l'instabilità delle cose umane e la mutabilità della fortuna".