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CAPITOLO QUARTO
Annientare ogni decoro
4.1 - Lo sfregio a Sua Maestà
Nel punk la dimensione grafica assume ruolo di primo piano e diventa essenziale
campo comunicativo di scontro e di protesta. Le grafiche dello stile punk sono multi-
formi e grezzamente composite, veri e propri collage dadaisti assemblati attraverso
fold-in cut-up
quelle tecniche di e che l’artista visuale statunitense William S.
Burroughs ha elevato a segno cardine della destrutturazione meta-testuale, tipica della
post-modernità.
La pratica del bricolage sottostà alle logiche di una “scienza del concreto” (Hebdige,
1979, p.147) ideologicamente opposta alla “scienza civile dell’astratto” (Ibid.), cioé il
bricoleur
sapere istituzionale. Il della sotto-cultura utilizza con anarchica indisciplina
materiali differenti per forma, elevazione culturale e provenienza, imbastisce - colto
dall’improvvisazione - strutture visive e semantiche improbabili, trasforma oggetti
saccheggiandone altri. I materiali di partenza vengono deformati, smembrati,
ricollocati in ambiti distanti dall’originale (spesso in chiave ironica), stravolgendone e
riorganizzandone il senso. Figure 11-12. God Save The Queen artwork
Jamie Reid, 1977
Nel movimento punk, il più famoso esempio di tale pratica creativa è certamente
God Save The Queen,
l’artwork del secondo singolo pubblicato dai Sex Pistols, o - più
27
propriamente - le numerose varianti (una più blsfema dell’altra) realizzate partendo
dalla medesima base, il ritratto ufficiale della regina d’Inghilterra.
Complice la pubblicazione - in verità coincidentale, come rivelato dal batterista Paul
Cook - durante la celebrazione dei venticinque anni di regno di Elisabetta II, il gruppo
cavalcò sapientemente l’onda dello scandalo mediatico ingaggiando l’artista visuale
Jamie Reid. Egli propose diverse variazioni dell’artwork, che si sono andate poi a
sommare alla moltitudine di interpretazioni realizzate trai seguaci (direttamente
chiamati all’azione sacrilega).
In una di queste, possiamo vedere come Reid abbia strappato bocca e occhi della
sovrana, sostituendoli in ottica di marketing con il nome della band e del singolo.
ransom note
Viene qui introdotto quel codice grafico tipico delle lettere di riscatto (il
effect) che diverrà prepotente marca distintiva dell’iconografia punk: ritagliare parole
da riviste e giornali, formando frasi incollandole insieme.
In un altro artwork, accolto naturalmente con ancora più indignazione dalla società
britannica, la (diversamente) povera monarca si ritrova con la bocca cucita a forza con
una spilla da balia e gli occhi accecati da due svastiche. Si noti, in tal senso, come
queste opere di Reid calchino la mano su mutismo e cecità, una dimensione
(violentemente) corporea: la classe subalterna, inascoltata e senza visione di futuro, si
riprende la propria rivincita deturpando il simbolo supremo del potere dominante.
Sean O’Hagan, scrittore del periodico The Observer, nominerà quest’ultima copertina
single most iconic image of the punk era”.
“the
Gilles Deleuze, analizzando il pensiero del collega filosofo Michel Foucault, indica
come tale solco di approcci sperimentali all’arte costituisca un “lavoro ai bordi del
linguaggio” (Montanari, 2005, p.53), in qualsiasi medium esso venga convogliato.
Ciò dunque significa operare sui “contorni”, la cornice che ingloba e al contempo
costituisce essa stessa quell’insieme di forme espressive caratteristiche della sotto-
cultura. Questi bordi vengono sottoposti a strappi sommari, grezzi ripiegamenti,
inusitate sovrapposizioni di senso; una rapace manipolazione di materie prime che
sempre convoglia una percezione di movimento, uno strascico di impronte che va a
costituire una serialità nelle azioni e nelle pratiche della propria quotidianità.
Una routine quotidiana - quella del pubblico punk - vissuta nelle precarie e desolate
periferie cittadine; nella loro vastità l’individuo tende a smarrirsi inesorabilmente,
trovando tuttavia in essa la propria profonda identificazione. “La città era l’unico
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luogo possibile [...] Io rappresentavo la città, e la città rappresentava me” (Pedrini,
1998, p.23) dichiara lo scrittore e musicista Riccardo Pedrini (fka Wu Ming 5).
La dimensione urbana è intrinsecamente attraversata da turbulente correnti di
movimento e l’humus in cui brulica la demografica punk si ritrova ad essere lo stesso
di indirizzi culturali antecedenti, quale l’Internazionale Situazionista.
Rimane centrale il concetto di psico-geografia, intesa come la riscoperta
dell’ambiente metropolitano ripartendo da nuovi tragitti, rivisitando vecchi percorsi,
adottando una transitabilità inconsueta che favorisca spostamenti alternativi
all’interno della mappa urbana (e dunque nuovi punti di vista). Un interminabile
viaggiare all’interno del labirinto metropolitano, ad ogni ora della propria quotidianità:
fare il pendolare di giorno recandosi a lavoro, uscire la sera per pub e locali e concerti,
tornare a notte fonda a casa indecorosamente sfatti e devastati. Individuando scorci
urbanistici differenti, ci si appropria - in senso più ampio - delle strade di chi ci abita.
Questa effettiva dipendenza psicologica del punk nei confronti della città tradisce un
fil rouge
saldissimo semiotico con le turbe e il fermento sociale che ribollono nei suoi
vicoli e luoghi di aggregazione.
Incontri affiatati e scontri feroci tra individualità che si fanno gruppi, tra idee e
prospettive che - maturando - si propagano a macchia d’olio; la prossemica (gli spazi)
e le forme della città vengono a rispecchiarsi nei corpi e nello stile vestimentario dei
cittadini. Il professore Montanari definisce tale irrequieta sinergia urbana come
“movimento foucaultiano” (Montanari, 2005, p.53), attraverso il quale si esplica la
relazione tra pratiche, immagini e formazioni discorsive. Si tratta, dunque, di una vera
e propria filosofia politica, e non solo un gioco di post-moderna emulazione.
Il potere viene inteso come campo strategico di battaglia, animato da relazioni
estremamente dinamiche e mutevoli rapporti di forza. Appena insediatosi un polo
dominante, emergono nuove incendiarie opposizioni che punteranno strenuamente a
sovvertirlo. Nonostante l’agito di queste contro-correnti si riveli largamente
imprevedibile, esse risultano inquadrabili in curve tendenziali che delineano precisi
binari strategici di pratiche immanenti (ossia concrete).
Come Gilles Deleuze evidenzia nella sua analisi su Michel Foucault (1986, p.20-23 e
29), le diversificate rappresentazioni di tali pratiche trascendono il semplice rapporto
tra vocabolo e oggetto fisico. Sono gli enunciati - anzi - a dar forma a espressioni
linguistiche e corpi materiali: azioni, parole, immagini costituiscono quindi il piano
del contenuto dell’enunciato, esprimendone la sua funzione.
29
La questione è stata ampiamente trattata attraverso quella scivolosa linea di
demarcazione semiotica esplicata dal celebre dipinto surrealista di René Magritte,
Ceci n'est pas une pipe (Il tradimento delle immagini; 1929). “Questa non è una pipa”,
in quanto effettivamente è solo una sua raffigurazione, apparentemente contraddetta
dall’enunciato posizionato sottostante.
Figura 14. Il tradimento delle immagini
René Magritte, 1929
Questa soglia sottile e labile, pronta all’occorrenza a rendersi piano dell’espressione o
del contenuto, diventa il campo operativo su cui il punk imprime potere semiotico ai
suoi materiali (epidermide e droghe incluse).
È individuabile una - certamente non estesa, eppure innegabile - continuità con quella
contro-cultura statunitense oggetto degli studi di Gilles Deleuze, costituita per la
precisione dall’operato del florido underground newyorkese: e quindi i pionieri
assoluti Velvet Underground (affiliati alla Factory di Andy Warhol), il proto-punk in
glam
veste dei New York Dolls, ma anche i caustici assalti sintetici dei Suicide e
spoken poetry)
l’approccio più “elevato” (freeform di Patti Smith. Enorme varietà di
proposte e suoni ma una fondamentale qualità comune: collocarsi nel medesimo solco
di sperimentazione espressiva.
Ogni stato o aspetto raggiungibile attraverso vie chimiche è, d’altronde, accessibile
per altre strade. I movimenti giovanili delle prime ondate degli anni Sessanta e inizio
Settanta si erano propagati seguendo una liberatoria esplosione sul piano del
significante espressivo, scivolando in altri mondi allucinatori attraverso il
flower power camp
caleidoscopico o il androgino e glamour. Il punk invece - sporco e
impantanato nel catrame nero pece delle metropoli industrializzate - risulta ancorato
all’iper-realismo. Nel punk, in altre parole, viene rappresentata una “sur-realtà”
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(Deleuze, 1969, p.155) in cui, erigendo pilastri di ardente opposizione, può essere
garantita la liberazione dei suoni e dunque l’indipendenza dei corpi.
Tale senso di concretezza mostra come, nella sotto-cultura in esame, la pratica si
tramuti istantaneamente in teoria: questo incentiva naturalmente lo sviluppo di
DIY
un’intera costellazione (“fai-da-te”) fondata sulla circolarità dell’auto-produzione
musicale. Registrare grezze demo amatoriali diviene prassi comune, così come il
consolidarsi di una florida cerchia di etichette discografiche indipendenti interessate a
promuovere tale tipo di musica; da qui infine deriva la proliferazione di riviste
pubblicate autonomamente, che verteranno sul coprire le nuove uscite.
La differenziazione del punk rispetto alle correnti antecedenti è totale e assoluta; essa
viene auto-proclamata, asserita come diversità rispetto al resto del mondo. Si utilizza
scientemente il termine “diversità” - e non “alterità” - in quanto il movimento si pone
all’interno della dimensione societaria e non risulta essere un corpo ad essa esule ed
estraneo: “il mondo, la città, il quartiere sono qui e noi siamo nel mondo” (Montanari,
2005, p.56).
La questione si poggia sul sottrarre, distinguersi in mezzo alle anonime masse
attraverso la scarnificazione (della musica, dello stile visuale, del corpo). Ambizione
ultima rimane la costruzione di una rete capillare di unità aggregate, attraverso cui
immettere in circolo nella collettività la suprema conoscenza del fai-da-te autonomo.
La corrente punk dunque, prendendo forma da virulente schegge anomale,
agglomerate all’interno del sistema, si costituisce innanzitutto in quanto “meta-
movimento” (Monta