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Il significato religioso in "Robinson Crusoe"
Il primo livello del romanzo, quello economico, dev'essere messo in relazione col secondo livello, quello religioso, per capire appieno il significato dell'opera. "Robinson Crusoe" può essere visto come una vicenda spirituale che narra di un processo di colpa, espiazione e redenzione attraverso le metafore puritane del viaggio per mare, dell'isola deserta, ... Defoe scrive una "storia allegorica con finalità edificanti" fondendo realismo ed emblematismo. Nell'opera sono ricorrenti moltissimi motivi biblici (la conversione è uno fra questi, la Provvidenza), la tempesta che sembra indurlo al pentimento: Robinson sembra il figliol prodigo e la sua storia una parabola evangelica.
Anche la seconda tempesta fa emergere in Robinson movimenti spirituali religiosi. Le due tempeste sono un segno mandato da Dio, che le ha mandate come punizione divina in risposta al suo desiderio di andar per mare. Anche le...
Le successive sventure lanciate su Robinson dovrebbero avere lo scopo di "indurirlo" attraverso l'espiazione della colpa, la redenzione e l'accertamento della volontà divina. → le cose però non sono così semplici. Nella prima tempesta Robinson poi si interroga se tornare a casa (voce della ragione) o restare (voce del desiderio, dell'irrazionalità), e la seconda proposta vince. La razionalità è stata sconfitta e la coscienza religiosa è sopraffatta dall'innata propensione al peccato. In realtà, la razionalità e la coscienza religiosa stanno proprio nella "follia" che lo trattiene dal tornare a casa.
La conversione è un passaggio centrale nell'interpretazione religiosa dell'opera. Svegliatosi da un incubo in cui sogna che Dio gli annuncia che morirà in quanto tutte le sue azioni non hanno portato a nulla, Robinson inizia a riconoscere la verità.
dei consigli di suo padre, e riconosce quindi la punizione divina. Ha inizio così la sua rinascita spirituale che lo porterà ad un profondo pentimento, che però ora come ora non è ancora quello vero: infatti Robinson ammetterà di aver invocato Dio per paura e angoscia; perlomeno questo pentimento avvia un processo a quello vero, mentre quello provato nella tempesta non lo era affatto. Il processo religioso di Robinson sembra andare contro alla ragione, in quanto innescatosi da un'irrazionalità (la sua "malattia" di voler andar per mare). All'opposizione ragione-sragione sembra che ci si opponga un'opposizione dentro alla sragione stessa: sembra che Dio e il Diavolo si contendano l'anima di Robinson facendo leva sulle medesime facoltà. Forse invece Defoe sta solo riportando i topos della tradizione puritana che vedevano lo stato di "malattia" come stato particolarmente idoneo alla conversione. Robinson,malato, deve curarsi e lo farà attraverso tabacco e bibbia, une medicina per il corpo e una per l'anima. La lettura della bibbia procede parallelamente alla cura col tabacco che gli offusca la testa: nonostante la mente turbata, egli matura la sua conversione. Questa vicenda di scambio continuo Bibbia-tabacco alza dubbi sulla razionalità e sulla coerenza religiosa delle convinzioni di Robinson. In una delle sue riflessioni Robinson arriva a ipotizzare che Dio, creatore di Tutto, abbia voluto non solo il suo naufragio e la sua punizione, ma anche la sua disobbedienza nei confronti del padre e la sua ostinazione, il suo "calling". La "colpa" di Robinson inizia a sembrargli far parte del piano provvidenzialistico di Dio. Robinson, durante la sua vita, non ha fatto altro che assecondarla.- ⤷ ci si domanda dunque quale fosse il piano di Dio per Robinson, e le risposte possibili sono due: 1. Spiritualistico-conservatrice: il fatto di rientrare nelIl circolo della volontà della Provvidenza non toglie il fatto che il peccato sia peccato. Tuttavia, è il paradosso stesso della fede che dimostra che Dio si serva spesso anche di mezzi come il peccato per salvare le anime. La colpa infatti genera il pentimento e la successiva redenzione. Se Robinson non avesse commesso il peccato (disubbidire al padre, ...) non si sarebbe mai convertito. Il viaggio di Robinson dal peccato alla redenzione consiste nella salvezza dell'anima, salvezza e conversione che lo liberano dal suo desiderio di girovagare il mondo per cercare ricchezza e gli insegnano attraverso 30 anni di vita ridotta all'essenziale che la ricchezza è un vano orgoglio.
Non spiritualistico-quietistica: si è visto come Robinson tuttavia poi parta di nuovo, e da qui emerge quest'ipotesi. Il successo economico di Robinson è visto come giustificazione di tutte le sue azioni in quanto queste sono corrispondenti alla volontà di Dio.
Rientrano nel piano della Provvidenza. Si ricollega al discorso puritano che vede la ricchezza come segno di elezione, come premio del duro lavoro. Quindi le sue azioni sono state compiute secondo provvidenza e di conseguenza il suo "desiderio" non era un'insidia del diavolo ma un suggerimento angelico.
L'evidenza del fatto che le sue azioni siano guidate dalla Provvidenza viene negata da Robinson, e a questo punto Sertoli si chiede "ma quale Robinson?". Strutturandosi come un'autobiografia, il romanzo implica un narratore protagonista sdoppiato: un io narrante ed un io narrato, il vecchio Robinson che narra delle avventure del giovane Robinson. I due Robinson non coincidono, anzi il vecchio contraddice il giovane. Questo è ciò di cui tiene conto la prima ipotesi, che infatti si limita a riportare l'interpretazione che il vecchio Robinson dà del proprio passato, dell'altro Robinson con cui non si identifica.
più.↓Se si prende in considerazione il passaggio legato al signor prodigo, vediamo avverarsi un’identificazione tra le vicende del vecchioe del giovane Robinson, un’identificazione tra il proprio testo e quello evangelico. Tale processo verrà usato dall’io narrante(vecchio) per spiegare la vita e le avventure dell’io narrato (giovane). Il vecchio Robinson riordina la sua vita sulla sequenza peccato-pentimento-redenzione e così facendo la allegorizza in vicenda spirituale e ne dà un’interpretazione conservatrice. Presentare l’isolacome punizione inflitta da Dio poiché Robinson non si è comportato come il figliol prodigo equivale a dare ragione al padre chesancisce la middle station come sia miglior condizione al mondo, ma anche l’unica assegnata a Robinson dal volere divino. Questoriconoscimento non viene mai operato dal giovane Robinson, l’io narrato. È vero che ci sono due scene in
Cui si pente dell'empietà della sua vita passata, ma sono entrambe scene frutto di una agony of mind, di uno stato di non-lucidità che compromette l'attendibilità delle sue azioni. È dunque il vecchio Robinson che alla fine delle sue avventure si schiera dalla parte del padre, si identifica col figliol prodigo e fa della sua vita un esempio negativo, della propria biografia una parabola conservatrice, escludendo la seconda ipotesi (quella del giovane sé stesso).
Il principe di Russia: Sebbene il Robinson-vecchio voglia dare queste vesti al Robinson giovane, questo non dura a lungo in quanto poi, si sa, nelle "Ulteriori avventure" egli riparte. Centrale è la figura del principe bandito dalla corte dello zar, che non sembra essere altro che una "reincarnazione" del padre di Robinson, tanto che gli impartirà una lezione altrettanto quietistica. Il protagonista si offre di aiutarlo a fuggire, ma il nobile rifiuta.
e pronuncia un discorso sulla virtù contrapposta ai desideri: solo la prima è in grado di rendere l'uomo saggio, colui che domina i propri desideri è colui che domina sé stesso. Robinson riflette sulle parole del principe e arriva ad affermare che una volta "si era creduto re dell'isola", ma ora pensava che colui che domina la propria volontà è il conquistatore più grande. La prospettiva di rientrare nel mondo si configura come tentazione, alla quale Robinson non ha mai saputo dire di no. Il romanzo dell'autobiografia di Robinson si chiuderà proprio col suo ritiro in Inghilterra, dove intraprende una vita di riposo. → il romanzo si chiude con un'accettazione dello status quo, e Robinson impartisce ai suoi figli-lettori un messaggio di acquiescenza proponendo la sua vita come un modello da non-seguire. Chi dice questo è sempre il vecchio Robinson. L'unico momento in cui laLa divaricazione tra il vecchio e il giovane Robinson sembra chiudersi nell'incontro col principe russo, e il Robinson acquietato alla fine del romanzo sembra finalmente il Robinson che l'io narrante ha tentato di propinare costantemente, ma di nuovo le cose si ribaltano: infatti, nell'episodio col principe, quest'ultimo chiede a Robinson di portare suo figlio in viaggio - come se il figlio fosse un doppio del principe. In questo sdoppiamento si riassumono le due istanze che attraversano il romanzo, e le parole del nobile assolvono completamente Robinson dal suo "peccato originale" in quanto il principe, impaurito dal tornar in viaggio, afferma che "se quel richiamo fosse venuto dal Cielo, quello stesso potere mi avrebbe indotto ad ascoltarlo": in poche parole, torna di nuovo l'ipotesi non-spiritualistica, e quindi i due Robinson sono di nuovo divisi.
Robinson anziano sembra dunque cieco nei confronti della propria vita: