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Sottotitolo: Al fine di sensibilizzare sin dalla tenera età i bambini nei confronti di un
tema quale l’avarizia, anche la fumettistica si è data da fare. È il caso di uno dei
personaggi dei fumetti e cartoni animati Disney, Zio Paperone, ideato da Carl Barks nel
1947.
Così come pretende il controllo morboso dei propri averi, l’avaro, in maniera analoga,
gestisce la situazione familiare, i propri affetti. Purtroppo averi e affetti familiari non
possono stare sullo stesso piano, è una questione di umanità. Anche perché l’essere
umano scorge l’avaro, lo identifica e se ne autotutela. Infatti, in riferimento ad una
celebre citazione di un drammaturgo romano (Publilio Siro), “L’avaro non è buono nei
confronti di nessuno, pessimo nei confronti di sé stesso”. L’avaro non si accorge della
delusione che arreca a coloro che sta intorno; d’altra parte, come potrebbe, se ogni
giorno depriva sé stesso senza accorgersene. Tuttavia l’avarizia non va confusa con la
cattiveria. Essa è una forma di insensibilità al bisogno altrui. Cioè, l’avaro non
percepisce il disagio della famiglia costretta a risparmiare senza un motivo oggettivo e
necessario; non percepisce la delusione degli amici derivante dall’indisponibilità
propria. Nel caso della famiglia, i risultati potrebbero essere molteplici. Quello più
aspettato è che anche i figli potenzialmente crescano con le stesse idee dei genitori; in
realtà nella maggior parte dei casi la troppa soppressione è controproducente, con figli
effettivamente spendaccioni. Un fumetto, poi divenuto cartone animato è quello di Zio
Paperone, personaggio della Walt Disney. Quel vecchio, avido e avaro, che accumulava
tutti i suoi soldi in un’enorme forziere costantemente sotto custodia. Non erano soldi
da spendere; tutto si sarebbe accumulato. E lo zio Paperone viveva come un
poveraccio, risparmiando ogni centesimo e minacciando e rimproverando lo
spendaccione nipote Paperino.
Titolo: Filmografia
Sottotitolo: Della filmografia si ricorda un film in particolare: “47 morto che parla”, che
vede protagonista Totò, nelle vesti del barone.
Ovviamente essendo un vizio capitale, l’avarizia non è facile da spodestare, se non per
motivi vitali. Quanto si vede nel film in questione ne è la dimostrazione. Il barone
Antonio Peletti si redime dal proprio modo di essere solamente a seguito di un reale
pericolo di vita. Egli si trova su una mongolfiera nel tentativo di scappare col proprio
tesoro, una cassetta ben custodita. La mongolfiera, però, non poteva reggere
quell’enorme peso e pertanto il barone è costretto a liberarsene gettandola in mare. Il
tesoro gli era stato lasciato in eredità dal padre. Quest’ultimo voleva che metà del
valore venisse devoluta alla costruzione di una scuola nel paesino e l’altra metà al
proprio nipote, figlio del barone. Il barone Peletti però lo tiene nascosto, sin dal primo
momento successivo alla morte del padre. Quando però il figlio lo scopre, e a sua volta
anche gli impiegati comunali (i quali, ovviamente, erano favorevoli alla costruzione
della scuola), inizia la fuga. Nel frattempo la parte del denaro finalizzato alla
realizzazione della scuola era stato preso dal figlio. Al barone rimaneva pertanto una
metà del valore iniziale.
Dopo aver fatto fuori anche quest’altra metà gettandola dalla mongolfiera, torna in
paese in sella ad un asinello sotto gli occhi increduli della gente, che lo credeva morto
a seguito della fuga. A quel punto egli approva l’utilizzo del denaro precedentemente
sottrattogli al fine di realizzare la scuola in paese, sancendo un definitivo
cambiamento del proprio modus operandi.
C’è però da dire che vi sono diversi livelli di avarizia. Vi è un’avarizia giustificata ed
una patologica. Niente di strano se si spende con misura, con attenzione, ma senza
negare a sé stessi e agli altri, piaceri e comodità: siamo nella normalità, ognuno
sceglie come preferisce vivere, se in maniera più o meno spartana. Esistono persone
con un nutrito conto in banca che patiscono il freddo (perché il riscaldamento costa),
che mangiano poco e male (il conto al supermercato è alto), che si avvelenano (pur di
non buttare via cibo o farmaci scaduti), che non si curano (difficile da parte loro
affrontare le cure mediche), e così via. Appartiene sempre a questo film una scena
celebre della produzione italiana, in cui il barone si reca presso il macellaio,
dimostrando l’essere avaro anche nel momento in cui avrebbe dovuto provvedere a
sfamare la propria famiglia.
Titolo: Muratori ideologici
Sottotitolo: I muri, costruiti e crollati, o ancora non crollati, come segno di un mondo
sempre più avaro.
Pluto di Aristofane era una semplice commedia. Non era possibile nell’ideologia sociale
greca scacciare Atena, dea della democrazia, a favore di Pluto, dio della ricchezza. O
meglio, era possibile, ma paradossalmente lo era per i più poveri. Veniva loro difficile
comprendere la ricchezza come relazione sociale. Ricchezza avrebbe significato mirare
alle proprie ricchezze in una forma di neoliberismo, oppure definire la povertà degli
altri. È ciò che è accaduto in epoca moderna: la costituzione è stata sopraffatta dalla
plutocrazia in una democrazia ormai agonizzante. Perché i muri? Vi è un passaggio
storico ideologico, cui molti si ostinano a non capire. Il 1989 con il suo post non ha
segnato la vittoria della libertà; ha definito la vittoria del capitalismo. Ciò che non si
comprende è che peggio del mondo diviso dal Muro di Berlino poteva esservi
solamente il mondo dopo il crollo del Muro, con tutte le conseguenze. La differenza è
che esisteva la pluralità, per quanto repressa. Un muro rappresenta un confine
materializzato. All’epoca divideva ideologicamente democrazia capitalista e
socialismo. Nonostante le tragedie che si consumavano da ambe le parti del muro e la
paradossalità del muro stesso, questo apriva alla diversità. Una volta fatto cadere il
Muro, è venuta meno la diversità. Nessuna nostalgia del muro, ovviamente. Il crollo ha
simboleggiato la sconfitta di un errore della storia. Ma simboleggiava l’inizio un altro
errore: quello del capitalismo. Il Muro doveva cadere. E quel crollo dimostra un’altra
verità: le mura non sono mai una soluzione; non possono essere innalzate al fine di
separare idee e convinzioni. Tutt’oggi assistiamo al risveglio di menti che tendono alla
divisione, alla separazione; muri ideologici continuano ad innalzarsi. Il “superiore”
Occidente ha reso debole tutti quei paesi che ora si trovano in netta difficoltà. Non si è
stati capaci di rendere quanto più trasparente possibile un sistema, che,
economicamente, non si regge. Si pensi alle speculazioni bancarie, piuttosto che alla
corruzione di manager o esponenti politici. La gente dell’Occidente è diventata bella
nell’immaginario mondiale. Il rischio però è quello di diventare delle bellissime persone
avare dal momento in cui non ci si presta neppure a quelle comunità, in cerca di aiuto,
da sempre usate e sfruttate dall’Occidente stesso. Se poi si pensa che esponenti
politici con l’idea di cingere un muro ideologico difronte agli sbarchi di chi scappa da
situazione disumane, abbiano rappresentato la maggioranza all’interno del nostro
parlamento, ci fa capire come l’avarizia e l’avidità non possano essere risolte. Gli Stati
Uniti hanno innalzato un muro difronte ai messicani, proprio come un avaro farebbe,
fermando il ladro davanti alla porta. I fabbricatori di muri, ideologici e non, sono
sempre all’opera.
La teoria dell’avarizia cognitiva è un concetto che affronta la gestione delle risorse
cognitive e le sue implicazioni per il benessere mentale. Questo termine si riferisce
alla tendenza di alcuni individui a essere parsimoniosi nella distribuzione delle proprie
risorse cognitive, esprimendo una sorta di restrizione mentale che può avere effetti
significativi su vari aspetti della vita quotidiana.
Origine della Teoria
La teoria dell’avarizia cognitiva ha radici nella ricerca sulla teoria dell’ego-depletion
(deplezione dell’ego), introdotta da Roy Baumeister e colleghi. L’ego-depletion
suggerisce che la nostra capacità di autocontrollo e la nostra forza di volontà sono
risorse limitate e possono essere esaurite da sforzi mentali prolungati o impegnativi.
Tuttavia, è Sarah E. Hill, psicologa evoluzionista, a proporre esplicitamente il concetto
di avarizia cognitiva nel suo libro “This Is Your Brain on Birth Control”. Hill utilizza il
termine per descrivere l’effetto dell’uso continuato di contraccettivi orali sulla
selezione del partner, sostenendo che le donne sotto contraccezione orale tendano a
preferire partner con caratteristiche maschili, ma meno impegnativi cognitivamente.
Significato di avarizia cognitiva
L’ avarizia cognitiva si manifesta quando un individuo è riluttante a investire risorse
cognitive in determinate attività o decisioni, spesso a causa di uno sforzo
percettivamente alto. Ciò può riguardare scelte quotidiane, decisioni complesse o
sforzi intellettuali.
Ad esempio, un individuo potrebbe essere considerato avaro cognitivo se evita
attivamente di prendere decisioni che richiedono una riflessione approfondita, o se
cerca di semplificare eccessivamente compiti complessi per ridurre la richiesta
cognitiva.
Psicologi associati alla Teoria
Oltre a Sarah E. Hill, vari psicologi hanno contribuito al dibattito sull’ avarizia cognitiva.
Alcuni di essi includono:
Roy Baumeister
Baumeister è un pioniere nella ricerca sull’ego-depletion e ha esplorato il concetto di
risorse cognitive limitate.
L’ego-depletion si riferisce al concetto che la nostra capacità di esercitare il controllo
di sé e la nostra forza di volontà sono risorse limitate che possono essere esaurite da
sforzi mentali prolungati o intensi. In altre parole, quando affrontiamo compiti che
richiedono autocontrollo, decisioni difficili o resistenza a tentazioni, la nostra riserva di
energia mentale può esaurirsi, rendendoci più vulnerabili a cedere a impulsi o prese di
decisione scoraggiate.
Il Contributo di Roy Baumeister
Roy Baumeister è stato uno dei pionieri nello sviluppo della teoria dell’ego-depletion.
Nel corso delle sue ricerche, ha condotto numerosi studi esaminando la capacità di
autocontrollo in varie situazioni. Un esperimento chiave di Baumeister coinvolgeva il
cosiddetto “paradigma della torta al