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T
4.3.5 Trace Spacing d
La trace spacing d è lo spazio che intercorre tra 2 orbite. E’ possibile calcolarla per qualunque punto
della superficie terrestre sfruttando la formula del raggio di parallelo (r * cos φ).
Dunque la trace spacing è data da:
Appunti di Giacomo Gargiulo per info: g iacomo.gargiulo.made4Core@gmail.com Pag 12
Da notare il fatto che all’equatore il valore della trace spacing è massimo, infatti più ci si allontana
dall’equatore più il suo valore diminuisce, in funzione del coseno della latitudine. Ai poli, la distanza tra
le tracce sarà pari a 0. Questa caratteristica la si può osservare nell’immagine seguente:
( Figura 4 )
Questa distanza è legata alla cosiddetta swath, ossia la larghezza della scena acquisita durante il
passaggio del satellite. Essa, al contrario della trace spacing, risulta essere costante. Ne consegue che,
man mano che ci si avvicina ai poli, si avrà una sovrapposizione sempre maggiore delle swath. Questa
sovrapposizione, detta overlap, aumenta col diminuire del trace spacing. Inoltre, anche all’equatore è
presente una piccola sovrapposizione tra le swath. Il vantaggio di questa sovrapposizione sta nel fatto che
la stessa scena la posso vedere da orbite diverse, ovvero è possibile vedere zone non appartenenti
all’orbita che il satellite sta percorrendo anche se si utilizzano sensori non inclinabili.
4.3.6 Sfasamento delle orbite
Vediamo di spiegare l’immagine seguente:
Appunti di Giacomo Gargiulo per info: g iacomo.gargiulo.made4Core@gmail.com Pag 13
Questo schema è relativo ad un satellite con un numero di orbite giornaliere pari a 14,9 dunque:
14 + ( 9 / 16 = 0,5625)
dove: 14, è la parte intera;
9, è la parte frazionaria; indica il passo ( verso destra );
16, è il tempo di rivisitazione.
In pratica, se si volesse stabilire un ordine cronologico di tutte le orbite descritte dai giorni successivi
al primo ( giorno 0 ) si dovrebbe tener conto del passo ( cioè della parte frazionaria ).
Il procedimento è questo:
si suddivide lo spazio compreso tra due orbite giornaliere in Tr parti ( in questo caso 16 );
si prende come riferimento l’orbita del giorno 0;
per stabilire l’orbita del giorno successivo ( giorno 1 ), bisogna ‚sfasare‛ verso destra di B
posizioni ( in questo caso 9 ) partendo dal giorno 0;
per stabilire l’orbita del giorno successivo al primo ( giorno 2 ), bisogna‚ "sfasare" verso destra
ancora di B posizioni partendo, però, dal giorno 1;
e così via fino a completare la‚ "griglia";
Stabilito che il tempo di rivisitazione è 16 giorni ( cioè il satellite ripassa per la stessa orbita ogni 16
giorni ) e stabilito che il satellite monti un sensore inclinabile, in base a questa, "griglia" possiamo
stabilire quanti giorni occorrono per monitorare una zona. Visto che il sensore è inclinabile, è possibile
monitorare le orbite adiacenti a quella di percorrenza.
Esempio: supponiamo che ci sia stato un terremoto nell’orbita del giorno 13, mentre il satellite sta
percorrendo l’orbita del giorno 1. Se il sensore non fosse inclinabile, dovremmo aspettare 12 giorni
prima di poter monitorare la zona dove si è avuto il terremoto. Se il sensore è inclinabile, è necessario
aspettare solo che il satellite percorre l’orbita del giorno 4, dunque soli 3 giorni di attesa, perché
inclinando il sensore è possibile monitorare anche le orbite adiacenti
.
4.3.7 Riepilogo dei parametri
Ricapitolando tutti i parametri dei satelliti:
Trace spacing: è la distanza a terra tra due orbite consecutive;
Periodo orbitale T: è il tempo che impiega un satellite per completare un' orbita;
Periodo di rivisitazione: è il tempo che impiega il satellite per ripercorrere le stesse orbite;
Numero totale di orbite: è il numero di orbite che vengono fatte in un periodo di rivisitazione;
Numero di orbite giornaliere: è il numero di orbite che vengono fatte al giorno in funzione
dell' altezza del satellite;
Swath: è la larghezza della zona acquisita dal sensore posto sul satellite;
Overlap: è la sovrapposizione tra due swath.
4.3.8 Satelliti LANDSAT e SPOT
Il satellite LANDSAT-1 è tra i satelliti più antichi tra quelli eliosincroni. Fu lanciato nel 1972 e fu il
primo di una serie di satelliti Landsat di prima generazione ( Landsat-1, Landsat-2, Landsat-3, dal 1972
al 1982 ) o di seconda generazione ( Landsat-4, Landsat-5, Landsat-7, dal 1982 al 1999 ).
Le caratteristiche di questo satellite sono quelle viste nei paragrafi precedenti. Un' altra serie di satelliti
eliosincroni di enorme importanza per il Telerilevamento è quella dello SPOT, una serie di satelliti
francesi, il primo dei quali risale al 1986, lanciati in orbita per lo studio delle risorse terrestri.
Caratteristiche principali:
Periodo di rivisitazione: 26 giorni;
Numero di orbite al giorno: 14 + 5/26;
Altezza orbitale: 824km;
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2° Slide Ziccarelli
CAPITOLO 5. I sensori
L' uomo attraverso i sensi, interroga l' archivio dati del cervello, i sensori sono dispositivi che mimano
le capacità del sistema sensoriale umano in particolare la vista. I sensori sono dispositivi posti sulle
piattaforme ( soprattutto satelliti o aerei ) in grado di intercettare le radiazioni provenienti dalla superficie
terrestre, per poi convertirle in un segnale elettrico. Questo segnale elettrico corrisponde ad un segnale
digitale, cioè un numero che indica il valore di radianza associato al pixel.
5.1 Classificazione
Una prima classificazione suddivide i sensori in:
sensori passivi: sono quei sensori che non hanno una propria sorgente di radiazione. In pratica
intercettano solo l’energia che un corpo ( di solito la superficie terrestre ) emette per sua stessa
natura. Di notte non sono in grado di intercettare le radiazioni;
sensori attivi: sono quei sensori che hanno una propria sorgente di radiazione, quindi sono
in grado di intercettare radiazioni che essi stessi hanno inviato. In pratica, sono in grado
di ricoprire il ruolo della sorgente luminosa potendo, dunque, intercettare le radiazioni sia
di giorno che di notte.
Una seconda classificazione suddivide i sensori in:
sensori di immagine: sono quei sensori che forniscono esclusivamente il valore di radianza
( in valore digitale ) della superficie telerilevata. Essi non sono in grado di ricavarsi un terzo
valore dall' osservazione; un esempio è la macchina fotografica;
sensori misuratori: sono quei sensori che attraverso l’eco di ritorno delle radiazioni inviate
sulla superficie terrestre ( sensori attivi ) si ricavano un’ altra grandezza. Ad esempio potrebbero
ricavarsi la distanza a cui si trova un pixel, rendendo possibile la determinazione della quota del
pixel per costruire un modello DTM. Un tipo di sensore misuratore è il radar; un esemprio sono
gli scanner montati su aereo o su satellite.
5.2 Tipi di risoluzioni
Quando si parla di sensori, è necessario trattare i 4 tipi di risoluzione. Analizziamoli singolarmente.
5.2.1 Risoluzione geometrica ( o spaziale )
Per risoluzione geometrica si intende la distanza minima entro cui due oggetti appaiono distinti e
corrisponde alla dimensione del pixel rapportato a terra. Questo parametro dipende dalla lontananza del
satellite dalla superficie terrestre e dalla qualità del sensore stesso. Dunque, a parità di sensore,
la risoluzione geometrica diminuisce man mano che l’ altezza a cui si trova il satellite aumenta. Ci sono
3 parametri legati all’aspetto geometrico:
1) FOV ( Field Of View – Campo di vista ): è espresso in gradi e rappresenta l’ area che il sensore
è in grado di vedere;
2) IFOV ( Instantaneous Field Of View – Campo di vista istantaneo ): è l’ angolo di visione del
sensore. Rappresenta in pratica la porzione di campo visivo che corrisponde ad ogni singolo
pixel. Questo parametro è strumentale, ovvero rimane costante. Esempio: se il sensore è posto
su un satellite, l’ altezza è costante, dunque la risoluzione geometrica è costante.
Invece, se il sensore è posto su un aereo, l’ altezza è variabile, dunque ciò che cambierà
è la risoluzione geometrica ( ovvero il pixel a terra );
3) SWATH: è la larghezza della scena acquisita durante il passaggio del satellite.
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Dunque, se il sensore è posto su un satellite, si può tener conto indifferentemente dell’IFOV o del pixel a
terra, mentre quando il sensore è posto su un aereo, terremo conto dell’IFOV.
5.2.2 Risoluzione radiometrica
Per risoluzione radiometrica si intende la minima differenza di intensità che un sensore è in grado di
rilevare. In pratica è il numero di valori differenti che possono essere intercettati all’ interno di un
intervallo. N.B.: Nel telerilevamento le immagini sono sempre in scala di grigi, siamo noi a specificare
associa questa immagine al blu, quest' altra al rosso, quest' altra al verde. Dunque l' immagine a colori
sarà la composizione delle immagini associate al rosso, al verde e al blu. Esempio: se un' immagine è
acquisita con 8 bit di memoria, la risoluzione radiometrica assocerà 28 (=256) toni di grigio differenti
all’ immagine stessa. In conclusione, si può affermare che se la risoluzione radiometrica è alta, vuol dire
che il numero di tonalità differenziabili è alto.
5.2.3 Risoluzione spettrale
La risoluzione spettrale è determinata dall’ ampiezza della banda (intervallo di lunghezza d’ onda) dei
canali impiegati: maggiore sarà l’ intervallo di ampiezza, minore sarà la risoluzione spettrale.
Per trovare la risoluzione spettrale bisogna trovare la larghezza di banda; fare, cioè, la sottrazione tra
l’ estremo massimo e l’ estremo minimo dell’ intervallo di banda. Esempio: per le immagini Ikonos, la
maggiore risoluzione spettrale la si ha nella banda del blu perché questa risulta essere la banda più
ristretta ( estensione da 0,5 a 0,6μm -> risoluzione spettrale di 0,1μm ).
Quindi, maggiore sarà la risoluzione spettrale, minore sarà la larghezza di banda e quindi minore sarà
l’ energia, ne consegue (per la legge di Stefan-Boltzmann) una bassa risoluzione geometrica:
Bassa risoluzione spettrale --> Alta risoluzione geometrica;
Alta risoluzione spettrale --> Bassa risoluzione geometrica;
C' è quindi un' inversa proporzionalità