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DOSIMETRI A TERMOLUMINESCENZA
I dosimetri a termoluminescenza sono costituiti da cristalli che presentano delle imperfezioni, queste sono solitamente causate dal drogaggio [drogare=trattare con] dei cristalli con impurità, ovvero attivatori (Es LiF); a livello energetico perciò non c'è più una situazione ideale, ma si generano dei livelli energetici intermedi (le cosiddette buche di potenziale) nella banda proibita. Gli elettroni, in seguito ad interazione con la radiazione ionizzante, lasciano la banda di valenza, vengono promossi in una banda più energetica chiamata banda di conduzione, ma quando cercano di tornare nella banda di valenza vengono intrappolati nelle buche della banda proibita e non vengono liberati (non c'è quindi emissione luminosa) per tutto il tempo di utilizzo del dosimetro. Quando poi si deve effettuare la lettura di dose si procede con il riscaldamento del dosimetro che viene posizionato su un supporto metallico e messo
dentro una camera di lettura ("forno") dove viene scaldato a due diverse temperature: quella di pre-riscaldamento per eliminare i picchi di instabilità (di bassa temperatura, che sporcano soltanto il segnale) e quella di lettura per raccogliere le informazioni dosimetriche. La temperatura con cui viene scaldato il supporto metallico è misurata da un apposito strumento (termocoppia) a contatto con il supporto stesso. Questo riscaldamento determina una cessione di energia agli elettroni bloccati nelle buche, che tornano nella banda di valenza emettendo fotoni luminosi, che verranno convertiti in impulsi elettrici da un tubo fotomoltiplicatore il quale restituirà il valore di dose assorbita dal dosimetro. Dunque, l'emissione luminosa sarà di intensità correlata alla dose ricevuta (contando gli elettroni emessi si risale al numero di fotoni emessi e quindi al valore di dose ricevuto). Maggiore è la densità del fascio, maggiore.sarà il numero di elettroni bloccati nelle buche, maggiore sarà la quantità di luce emessa e di conseguenza maggiore sarà la dose. Questo processo è spontaneo. Con l'acquisto di un TLD vengono fornite la curva caratteristica, che ci da la dose in base al segnale elettrico, e una GLOW CURVE il cui picco indica la temperatura di riscaldamento corretta. Dopo la lettura il TLD torna nel suo stato originale e quindi può essere riutilizzato a differenza dei dosimetri a film-badge; in alcuni casi per ripristinare lo stato originale è necessario un riscaldamento specifico, detto "annealing", che consiste nell'aumentare di molto la temperatura in modo che tutti gli elettroni che hanno ricevuto energia ritornano nella banda di valenza.
CURVA CARATTERISTICA
Questa curva, caratteristica per ciascun tipo di TLD, permette di ricavare il valore della dose ricevuta una volta che sia stata misurata l'intensità della radiazione.
luminosa emessa per riscaldamento. Nella regione lineare, la termoluminescenza e la dose ricevuta sono direttamente proporzionali. Nella regione sovralineare invece, la termoluminescenza è maggiore rispetto alla dose e la determinazione di quest'ultima è possibile solo se si conosce la curva caratteristica del dosimetro che deve essere fornita dal produttore oppure deve essere ricavata mediante misure sperimentali. L'estensione della regione di sovralinearità e disaturazione può essere dovuta anche a condizioni di cattivo riscaldamento e a trattamenti termici inadeguati a cancellare completamente gli effetti di precedenti esposizioni dei dosimetri alla radiazione ionizzante.
DIPENDENZA DELLA RISPOSTA DALL'ENERGIA DEL FASCIO
Il grafico mostra diverse curve, ognuna delle quali rappresenta le risposte in energia da parte di dosimetri costituiti da diversi materiali termoluminescenti. Notiamo come alcune sono molto alte e ciò vuol dire che la
materiale è fortemente dipendente dall'energia, altre sono abbastanza piatte.
I dosimetri a termoluminescenza hanno rilevatori di dimensioni molto piccole e possono essere inseriti in bracciali, anelli o occhiali per la dose alle estremità e al cristallino.
La lettura di dose nei TLD non può essere ripetuta perché dopo il riscaldamento gli elettroni sono tornati allo stato iniziale.
DONNE IN GRAVIDANZA
La lavoratrice, una volta accertato il proprio stato di gestazione è obbligata a darne comunicazione al datore di lavoro o al suo delegato; dopo aver fatto ciò in alcune strutture ospedaliere viene ritirato immediatamente il dosimetro perché la lavoratrice non può più svolgere attività comportanti esposizione a radiazioni ionizzanti (ad es. non può più lavorare nelle sale operatorie o angiografiche) dato che potrebbero esporre il nascituro ad una dose che vada oltre 1mSv durante il periodo della gravidanza.
Più delle volte però la lavoratrice chiede la gravidanza a rischio (di rimanere a casa); questo è discutibile, poiché siccome esistono zone classificate e non, (lei) potrebbe benissimo lavorare in TAC, ecografia, risonanza, diagnostica convenzionale o altro dove stazionerebbe al tavolo di comando, che è una zona di libero accesso. Quindi sarebbe sempre possibile ricollocare la donna in un'attività non comportante rischi. In alcune strutture ospedaliere invece il dosimetro viene lasciato alle lavoratrici che decidono di rimanere a lavorare. La legge non dice qual è la regola da seguire, ma la tendenza delle donne è quella di rimanere a casa.
Rientro dalla gravidanza: quando la donna rientra dalla gravidanza non può sicuramente svolgere attività che comportano rischio di contaminazione. Esiste una legge che afferma che una lavoratrice che rientra dopo una gravidanza, indipendentemente dal fatto che venga da un ambiente
radiologico piuttosto che dalla medicina nucleare, non può (è vietato!) riprendere l'attività comportante esposizione alle radiazioni ionizzanti fino al compimento del settimo mese del bambino. NORME INTERNE DI RADIOPROTEZIONE Le norme interne di radioprotezione si trovano generalmente al tavolo di comando o sulle unità mobili e riguardano il corretto impiego del dosimetro personale e le procedure da seguire per ridurre l'esposizione. Come riduco l'esposizione? →1. Fattore TEMPO: minore è il tempo di erogazione della sorgente e quindi il tempo di stazionamento dell'operatore in presenza di una sorgente radiogena, minore è l'esposizione del lavoratore. La riduzione del fattore tempo in un ambiente ospedaliero trova impiego ad esempio nelle sale operatorie, interventistiche. Anche se il fattore tempo contribuisce alla riduzione della radiazione, è un fattore su cui non possiamo contare molto perché è legato allacomplessità della procedura che viene eseguita e dipende dalle capacità del singolo operatore.→2. Fattore DISTANZA più ci si allontana dalla sorgente, più viene ridotta l'esposizione; questa riduzione segue la legge dell'inverso del quadrato della distanza. Questo fattore è già più "utile" rispetto al precedente per alcuni professionisti, lo è meno per altre. In una sala operatoria ad esempio, come detto prima il tecnico ha una posizione ben precisa, così come il personale infermieristico addetto all'anestesia o altre figure, per cui è molto utile il fattore distanza, mentre ad esempio per il primo operatore non è utile poiché non posso farlo allontanare. Il resto del personale invece potrebbe ad esempio allontanarsi quando si fanno le acquisizioni in grafia (in cine) o quando si utilizza il mezzo di contrasto, ma spesso ciò non avviene. Quando si fanno le proiezioni
laterali il lavoratore non deve sostare dalla parte del tubo radiogeno, ma dal lato opposto dove c'è il detettore poiché l'esposizione si riduce moltissimo. →3. Fattore SCHERMATURA fattore su cui contiamo moltissimo e che, indipendentemente dall'attività, ci garantisce una riduzione dell'esposizione. Parliamo di pareti schermate e non schermate delle sale di diagnostica, di dispositivi presenti all'interno delle sale, di dispositivi di tipo mobile (es. vetro anti-X nelle sale operatorie), che sono dispositivi ad uso collettivo non assegnati al singolo operatore. Questi dispositivi di protezione di tipo collettivo vengono usati perché molte volte nelle sale operatorie entra chiunque e ovviamente non si hanno così tanti camici anti-X per cui basta mettersi dietro queste barriere. Esistono diversi tipi di protezioni collettive con diverse forme e diversi scopi. Un esempio sono le protezioni pensili, ovvero agganciate al soffitto, chepermettono di ridurre l'esposizione di testa-collo quindi anche del cristallino, il problema è che però non possono essere sempre utilizzate poiché alcune procedure (soprattutto nel settore dellaradiologia interventistica e nel settore dell'elettrostimolazione come impianti di pacemaker ecc) non lo permettonopoiché interferisce con le manovre dell'operatore.
Un progetto europeo afferma che una protezione pensile permette di ridurre l'esposiz a livello del cristallino da 2 a 7 volte, quindi se è possibile è bene utilizzarla; quando non è possibile possiamo usare in alternativa gli occhiali anti-X con protezione laterale soprattutto se si lavora con un biplano (doppi archi). Se invece utilizzo il tubo sotto il tavolo, ho una riduz dell'esposiz da 2 a 27 volte, perché il lavoratore viene investito dalla radiaz scatterata che oltre ad averattraversato il paz si è riotta in energia; se il tubo è
sopra c'è molta scatterata e anche componente che non si è ridottain energie perché torna indietro.
Un altro modo per ridurre l'esposiz è l'utilizzo di telini, in bismuto o materiali alternativi, posizionati sul pz che si è dimostrato riducano l'esposiz fino al 70%; però ovviamente hanno un costo, sono monouso e quindi diventa una spesanon trascurabile, potrebbe essere dunque deciso di utilizzare i telino solo per le procedure in cui gli operatori sonomaggiormente esposti e non in tutte le procedure.
Per migliorare e ridurre al minimo l'esposiz esistono anche dei dispositivi zero gravity che riducono l'esposizionedell'operatore da 16 a 78 volte rispetto ad un camice anti-x, perché l'operatore è completamente coperto e non habisogno di nessun altro tipo di protezione. Ovviamente anche in questo caso il problema è il costo ed il fatto che ognidispositivo di questo tipo è
solo per una persona, quindi comunque dovrei comprare tutti gli altri tipi di dispositivi.
RADIOPROTEZIONE LAVORATORI
La legge 81/08 afferma che l'uso dei dispositivi di protezione collettiva