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Interazioni biotiche e controllo della popolazione

All'interno di ogni ecosistema, ogni specie è soggetta all'interazione con fattori di controllo, viventi o non, che regolano la dinamica della popolazione. Un ruolo non trascurabile è rappresentato dal controllo biologico da parte degli organismi viventi che con quella specie instaurano rapporti di antagonismo come la predazione, il parassitismo, la competizione interspecifica. I fattori biotici di controllo della popolazione di una determinata specie fanno parte integrante della capacità di reazione omeostatica di un ecosistema. In un ecosistema naturale, pertanto, le variazioni di popolazione di una specie inducono dinamici adattamenti dei componenti dell'ecosistema che interagiscono con la sua nicchia ecologica. Il risultato è una variazione ciclica che tende a contenere le pullulazioni e, nel contempo, a evitarne l'estinzione, a meno che non si verifichino nell'ambiente mutamenti tali che portano - in senso evolutivo o regressivo - ad un

biologica. Infatti, il Bacillus thuringiensis è un batterio che produce una tossina letale per alcuni insetti, e la sua applicazione mira a eliminare completamente la popolazione di questi organismi dannosi. La lotta biologica, invece, si basa sull'utilizzo di organismi viventi o dei loro prodotti per controllare la popolazione di organismi dannosi. Questi organismi antagonisti possono essere predatori, parassitoidi o agenti patogeni che attaccano specificamente l'organismo dannoso, mantenendone la popolazione sotto controllo senza eliminarla completamente. La lotta biologica è considerata un metodo di controllo ecologicamente sostenibile, in quanto non utilizza sostanze chimiche nocive per l'ambiente e non provoca danni collaterali ad altre specie non target. Inoltre, può essere utilizzata in modo mirato, adattandosi alle specifiche caratteristiche dell'agrosistema o del sistema antropizzato in cui viene applicata. In conclusione, la lotta biologica rappresenta un approccio innovativo e rispettoso dell'ambiente per il controllo di organismi dannosi, contribuendo alla conservazione della biodiversità e alla promozione di sistemi agricoli sostenibili.biologica in quanto consiste in un intervento che si prefigge di abbattere la popolazione delfitofago indipendentemente dagli sviluppi successivi. Al contrario, l'inoculo di un predatore o di unparassitoide in un agrosistema, ai fini della sua acclimatazione, è da considerarsi un intervento dilotta biologica in quanto il meccanismo di controllo del fitofago si basa sull'evoluzione dinamicadelle popolazioni secondo i modelli ecologici. Metodo propagativo Questo metodo consiste nell'introduzione di uno o più nemici naturali del fitofago che si vuolecombattere, importandoli dall'areale d'origine del fitofago. L'obiettivo del metodo propagativo èquello di far acclimatare nel nuovo ambiente gli organismi ausiliari introdotti e riprodurre in questomodo le condizioni che nell'areale di origine consentono una regolazione naturale della dinamicadella popolazione del fitofago. Un esempio pratico del metodo propagativo è quello che hapermesso il controllo biologico dell'Icerya purchasi con la Rodolia cardinalis. Il metodo propagativo è quello più efficace in una prospettiva di lungo termine, perché risolve definitivamente il problema di un fitofago grazie alla sua intrinseca capacità di mantenersi autonomamente, tuttavia il successo del metodo propagativo è subordinato all'esistenza di condizioni che ne permettano l'applicazione. Per questa ragione, nell'arco di un secolo di tentativi di applicazione, i successi realizzati integralmente con il metodo propagativo si riducono a poche decine di casi. Il metodo propagativo si può applicare con due differenti approcci: 1. Introduzione di una sola specie antagonista. 2. Introduzione di più specie antagoniste. Le due strategie non sono equamente condivise dagli studiosi. Ad esempio, Berlese riteneva che l'introduzione di più ausiliari fosse dannosa perché l'occupazione della stessa nicchia.popolazione dell'organismo dannoso e quella dell'organismo utile. L'obiettivo è quello di creare una situazione di squilibrio che favorisca il controllo biologico dell'organismo dannoso. Il metodo inondativo può essere utilizzato sia in campo aperto che in serra. Nella maggior parte dei casi, vengono utilizzati organismi utili che vengono allevati in laboratorio e poi liberati nell'ambiente. Questi organismi possono essere predatori, come ad esempio insetti predatori o acari predatori, o parassitoidi, come ad esempio insetti parassitoidi o nematodi parassitoidi. La scelta degli organismi utili da utilizzare dipende dall'organismo dannoso da controllare e dalle condizioni ambientali. È importante selezionare organismi che siano efficaci nel controllo dell'organismo dannoso e che siano in grado di adattarsi alle condizioni dell'ambiente in cui verranno liberati. Una volta liberati nell'ambiente, gli organismi utili si diffondono e cercano l'organismo dannoso da controllare. Possono cacciare o parassitare l'organismo dannoso, riducendone la popolazione e limitandone l'infestazione. Il metodo inondativo può essere utilizzato come unico metodo di controllo o in combinazione con altri metodi, come ad esempio l'utilizzo di prodotti fitosanitari. È importante valutare attentamente le condizioni ambientali e l'efficacia del metodo inondativo per ottenere i migliori risultati. In conclusione, il metodo inondativo è una strategia efficace per il controllo biologico degli organismi dannosi. La liberazione di un elevato numero di organismi utili permette di creare uno squilibrio che favorisce il controllo dell'organismo dannoso. Tuttavia, è importante valutare attentamente le condizioni ambientali e l'efficacia del metodo per ottenere i migliori risultati.

popolazione delfitofago e quella dell'antagonista. Questo metodo presuppone la possibilità che l'antagonista possa essere allevato e moltiplicato in un allevamento massale. Per le sue prerogative si colloca a metà strada fra la lotta biologica propriamente detta e la lotta biotecnica e presenta molte analogie con la lotta microbiologica in quanto si pone l'obiettivo di ridurre in tempi brevi la popolazione del fitofago.

Il metodo inondativo è stato spesso oggetto di critiche e polemiche per diversi motivi. A prescindere dagli elevati costi che possono riguardare gli allevamenti massali, spesso il metodo inondativo ha dato risultati inferiori alle aspettative o contraddittori. Una delle applicazioni di maggiore portata si ebbe fra gli anni venti e gli anni quaranta nella difesa della canna da zucchero contro i Lepidotteri. Si avviò l'allevamento massale di alcune specie di Trichogramma, Imenotteri predatori oofagi, e per diversi anni questi

ausiliari furono liberati nelle coltivazioni di canna da zucchero in un areale che si estendeva dagli Stati Uniti d'America del sud fino alle Antille e alla Guyana. A parte la vastità del territorio, è impressionante la densità dei lanci, in quanto si procedeva con la liberazione di 300.000 esemplari ad acro ogni mese. Questa iniziativa fu ampiamente contestata per la procedura adottata, a causa delle limitate conoscenze sulla determinazione tassonomica all'interno dei Trichogramma. Le principali critiche a questo metodo vertono su due punti fondamentali. Da un lato esiste il rischio di allevamento di specie o razze o tipi genetici differenti da quelli realmente attivi nell'ambiente naturale. Questo aspetto fu messo in evidenza dalle polemiche nate contro il Trichogramma method, al quale s'imputava una non adeguata caratterizzazione sistematica degli ausiliari impiegati in relazione alla morfologia, alla biologia, all'etologia. L'altracritica verte sull'impatto ecologico sullapopolazione dei tipi selvatici derivante dall'immissione di una grande quantità di tipi geneticispecifici isolati e moltiplicati su larga scala in laboratorio: secondo le critiche, questa praticaincrementa la consanguineità e altera la distribuzione naturale dei geni, con conseguenze negativesulla variabilità genetica della specie. Metodo inoculativo Si tratta del metodo più applicato, attualmente, nell'ambito della lotta biologica integrale e, perestensione, nella lotta integrata. Il metodo consiste nella liberazione periodica di esemplari di unaspecie, autoctona o introdotta, già presente nell'agrosistema. Molte specie beneficiano di unaperiodica reintroduzione perché la popolazione deve essere sistematicamente ripristinata o perché ilpotenziale biologico è indebolito da specifiche condizioni ambientali sfavorevoli. Molti ausiliari esotici, pur essendo efficaci nelcontrollo di un determinato fitofago fuori dal loro ambiente d'origine, non si acclimatano stabilmente nel nuovo ambiente a causa delle differenti condizioni climatiche: ad esempio, i rigori invernali possono impedire lo svernamento della specie, perciò ogni anno si deve procedere alla reintroduzione dell'ausiliario. Rientra in questo caso l'esempio, citato sopra, dell'allevamento massale del Cryptolaemus montrouzieri allo scopo di ripopolare ogni anno gli agrumeti delle zone più interne della California, negli anni venti. Un secondo motivo, piuttosto frequente, che rende necessario il ricorso al metodo inoculativo, è la riduzione della biodiversità negli agrosistemi. Molti predatori e parassitoidi hanno un regime dietetico polifago e svolgono una parte più o meno rilevante del loro ciclo su altri fitofagi associati spesso a piante spontanee. L'assenza o la rarefazione di questi ospiti nell'ambiente può comportare lascomparsa o la drastica riduzione del potenziale biologico di una determinata specie, rendendone necessaria pertanto l'inoculazione periodica. Una situazione simile riguarda, in gran parte dell'Italia, l'impiego dell'Opius concolor nella lotta biologica contro la mosca delle olive. Questo parassitoide, originario del Nordafrica, ha difficoltà di acclimatazione in Italia sia per le condizioni climatiche sfavorevoli durante l'inverno, sia per la carenza di ospiti alternativi quando cessano le infestazioni della mosca. Infatti, l'Opius è una specie polifaga che, nel suo ambiente d'origine, svolge diverse generazioni a spese di Ditteri Tefritidi associati a piante spontanee del Nordafrica, mentre in Italia è fondamentalmente monofago per la carenza di ospiti alternativi. Va infine citato il caso, altrettanto frequente, della riduzione del potenziale biologico di moltipredatori e parassitoidi causata dai trattamenti fitoiatrici o da altri.

interventi agronomici più o meno razionali (ad esempio la distruzione dei residui di potatura). È noto, ad esempio, che frequenti trattamenti insetticidi possono portare a inaspettate pullulazioni di Acari fitofagi a causa degli effetti deleteri sui naturali predatori (per lo più Acari Fitoseidi). Lo stesso problema si presenta nei confronti di alcuni parassitoidi esotici, come l'Aphelinus mali e la Prospaltella berlesei, che pur essendo perfettamente acclimatati in Italia, difficilmente riescono a svolgere il loro ruolo naturale a causa del frequente ricorso ad insetticidi poco selettivi nei meleti e nei pescheti.

Il metodo inoculativo può essere applicato in modo mirato ricorrendo a lanci programmati di insetti provenienti da allevamenti massali, come nell'esempio visto del C. montrouzieri, oppure può essere adottato ricorrendo a semplici accorgimenti: ad esempio la raccolta di materiale infestato (frutti, foglie, rametti) in cui è accertata

La presenza di una discreta percentuale di parassitizzazione può essere utile per realizzare piccoli allevamenti massali o per garantire la sopravvivenza degli ausiliari prima dell'esecuzione di un trattamento chimico.

Dettagli
Publisher
A.A. 2008-2009
6 pagine
SSD Scienze agrarie e veterinarie AGR/04 Orticoltura e floricoltura

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Exxodus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Ecologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria o del prof Scienze agrarie Prof.