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CASO SINCLAIR OIL CORPORATION

Sinclair, una compagnia petrolifera statunitense, controllava Sinven (Sinclair Venezuela). Un

socio di minoranza di Sinven fece causa a Sinclair, accusandola di aver forzato la controllata

a distribuire costantemente gli utili a tutti gli azionisti (inclusa la stessa Sinclair),

indebolendo così il patrimonio di Sinven e mettendo a rischio la sua capacità di continuare

l’attività:

Posizione di Sinclair: sosteneva che l’operazione dovesse essere giudicata secondo la

▪ BJR; quindi, il tribunale non poteva interferire a meno che non vi fossero violazioni

dei doveri di diligenza, correttezza e buona fede.

Decisione del giudice: la corte accettò questa impostazione, stabilendo che senza

▪ prove di violazione della BJR, non poteva sindacare la distribuzione degli utili. Il socio

di minoranza non riuscì a dimostrare irregolarità, quindi il tribunale respinse l’accusa.

CASO SMITH VS VAN GORKOM

Il caso TransUnion Corporation riguarda la responsabilità degli amministratori in

un’operazione di fusione rivelatasi meno conveniente del previsto.

La TransUnion Corporation ricevette un’offerta di acquisizione tramite fusione da parte

della Marmon Group.

• Il Consiglio di Amministrazione valutò l’operazione come conveniente e la propose

ai soci.

• I soci approvarono la fusione, che venne quindi eseguita.

• Tuttavia, dopo la fusione, emerse che l’operazione non era così vantaggiosa come

inizialmente prospettato.

Un socio fece causa agli amministratori, sostenendo che la fusione aveva causato un danno

e chiedendo un risarcimento.

• Gli amministratori si difesero invocando la Business Judgment Rule (BJR),

sostenendo che le loro scelte gestorie non potevano essere sindacate.

• I giudici diedero loro ragione, ritenendo che avevano agito in modo informato e che

i soci erano stati correttamente informati prima di votare.

Il socio fece ricorso alla Corte Suprema, che ribaltò la sentenza. Il tribunale individuò diverse

violazioni:

1. Decisione non informata: gli amministratori non avevano effettuato un’adeguata

analisi dell’operazione.

2. Mancata tutela degli azionisti: la fusione non garantiva sufficienti garanzie per gli

azionisti.

3. Mancanza di trasparenza: i soci non erano stati completamente informati, con

omissione di dati rilevanti.

4. Conflitto di interessi: un amministratore aveva interessi personali nell’operazione,

compromettendo la correttezza della valutazione.

CASO COOPERATIVA LAVORATORI DI ARZIGNANO

La Cooperativa Lavoratori di Arzignano era una società creata per la gestione di un cinema

teatro, che costituiva l’unico e principale bene della società.

• Gli amministratori decisero improvvisamente di venderlo, senza un’adeguata

valutazione.

• La vendita dell’immobile equivaleva, di fatto, alla liquidazione della cooperativa.

• I soci citarono in giudizio gli amministratori, sostenendo che l’operazione fosse stata

gestita in modo scorretto e dannoso per la società.

La Corte d’Appello, in primo grado, rilevò diversi elementi critici:

• La vendita era avvenuta senza un’adeguata informazione ai soci.

• Il prezzo di vendita era nettamente inferiore al valore reale dell’immobile (32

milioni di lire anziché 49 milioni, con uno “sconto” del 40%).

• L’operazione fu condotta con modalità sospette, improvvise e ingiustificate, senza

una reale analisi del valore dell’immobile.

Gli amministratori sono ritenuti responsabili per mala gestio, avendo violato i loro doveri.

CASO MONOPOLI

Il caso riguarda l’Associazione Calcio Monopoli S.r.l., una società sportiva italiana, e gli

amministratori della società, i fratelli Laruccia, accusati di mala gestio durante il

calciomercato degli anni ‘80.

Le contestazioni riguardavano:

L’acquisto di giocatori anziani o con prestazioni atletiche dubbie.

▪ Prezzi di acquisto troppo elevati rispetto al valore reale dei giocatori.

▪ La conseguente dissipazione delle risorse societarie.

La Corte di Cassazione si trovava a valutare la correttezza della sentenza della Corte

d’Appello di Bari, che aveva ritenuto gli amministratori responsabili. In particolare, le tre

contestazioni erano:

La mancata attuazione della politica di contenimento dei costi.

- La stipulazione a costi altissimi di contratti di ingaggio di calciatori non più giovani.

- La mancanza di ogni informazione all’assemblea in relazione a queste operazioni.

-

Il nodo centrale della decisione era se applicare la Business Judgment Rule (BJR), ovvero il

principio per cui i giudici non possono sindacare le scelte gestionali degli amministratori a

meno che non vi sia una chiara violazione dei doveri di diligenza, correttezza e buona fede.

Non spetta al giudice valutare la convenienza economica delle scelte gestorie, poiché

questa è una prerogativa esclusiva degli amministratori. Tuttavia, la BJR non protegge gli

amministratori se le decisioni sono palesemente irragionevoli, arbitrarie o in malafede.

Nel caso specifico, la Corte ritiene che non vi siano prove sufficienti per dimostrare che le

operazioni fossero deliberatamente dannose o in violazione dei doveri degli amministratori.

CASO ROTELLA HOLDING SPA

La sentenza della Rotella Holding S.p.A. offre un'importante analisi sulla responsabilità degli

amministratori e sul principio della Business Judgement Rule. In particolare, la Corte

chiarisce come la responsabilità degli amministratori si basi su una violazione dei doveri a

loro imposti, che causano un danno alla società, e stabilisce che la responsabilità è

contrattuale. Questo implica che spetti alla società provare le violazioni compiute dagli

amministratori, il danno e la causalità tra il comportamento dell’amministratore e il danno

stesso.

Riprendiamo il principio della Business Judgement Rule, stabilisce che le scelte gestionali

degli amministratori non sono sindacabili da parte del giudice, a meno che non siano

manifestamente irrazionali, avventate o imprudenti. Con la riforma del 2003, il principio

della vigilanza sugli amministratori è stato sostituito da un più specifico obbligo di agire in

modo informato, che implica una responsabilità per coloro che non si informano

adeguatamente prima di prendere decisioni.

I giudici stanno chiarendo la responsabilità degli amministratori non delegati (che non

hanno funzioni operative specifiche). Sono responsabili solo se:

Sono a conoscenza di fatti che richiedono il loro intervento per evitare danni alla

- società.

Non si sono attivati per ottenere le informazioni necessarie a prendere decisioni

- consapevoli.

In sostanza, devono informarsi e agire se sanno che c’è un rischio per la società. Se non lo

fanno, sono responsabili.

CAPITOLO 2: IL CONTROLLO DEI SOCI

Nelle SpA: il controllo dei soci è molto limitato, l’art. 2422 c.c. consente solo la

consultazione del libro dei soci e del libro delle adunanze e delle deliberazioni assembleari.

La gestione è controllata dal collegio sindacale rendendo superfluo un ulteriore controllo da

parte degli azionisti.

Nelle Srl: il quadro cambia radicalmente, l’art. 2476 comma 2 attribuisce ai soci non

amministratori un diritto di controllo molto ampio, il socio:

Ha diritto di ottenere informazioni sulla gestione;

- Può consultare tutti i libri sociali e i documenti amministrativi;

- Può farsi assistere da un professionista di fiducia (come un commercialista);

- Può esercitare il controllo in qualsiasi momento, anche più volte nello stesso

- esercizio, purché non ostacoli la normale attività societaria.

Questo diritto non dipende dalla quota di partecipazione e vale anche se la società ha un

organo di controllo interno. Le spese per il controllo sono a carico del socio, compreso

l’eventuale compenso del professionista incaricato.

Il diritto di controllo è strettamente connesso alla possibilità per il socio di promuovere

un’azione di responsabilità contro gli amministratori (art. 2476, comma 3). Proprio

attraverso il controllo, il socio può raccogliere le informazioni utili a dimostrare eventuali

violazioni gestionali.

A tutela di questo diritto, l’art. 2625 c.c. prevede sanzioni per gli amministratori che

ostacolano o impediscono il controllo documentale, le conseguenze possono essere molto

gravi: Sanzione amministrativa fino a €10.329;

▪ E, nei casi più gravi, reclusione fino a un anno, se il comportamento causa danni ai

▪ soci.

Il diritto di controllo non è assoluto. Deve essere esercitato in buona fede e nel rispetto del

principio di correttezza.

Il socio non può abusarne, ad esempio per:

Ricattare o fare pressioni sugli amministratori;

▪ Ottenere informazioni riservate per scopi personali o concorrenziali.

In questi casi, gli amministratori possono legittimamente opporsi all’accesso.

La società può anche pretendere la firma di un accordo di riservatezza, per proteggere dati

sensibili o strategici.

Sebbene la gestione spetti agli amministratori, esistono diversi strumenti attraverso cui i

soci possono influenzare, direttamente o indirettamente, le scelte gestionali della società:

1. Patti parasociali e sindacati di voto: accordi tra soci che regolano l’esercizio dei

diritti sociali, come il voto in assemblea, possono prevedere che i soci votino in modo

coordinato su specifiche decisioni e, in alcuni casi, obbligano i soci a consultarsi tra

loro prima di votare. Non vincolano la società ma possono condizionare le scelte

operative.

2. Interventi consultivi: i soci possono esprimere pareri o raccomandazioni su

determinate decisioni gestionali, gli amministratori non sono obbligati a seguirli, ma

se si discostano devono motivare adeguatamente le loro scelte.

3. Sottrazione di competenze agli amministratori: in alcuni casi, i soci possono

riservarsi la decisione su atti normalmente gestori, attraverso:

Modifiche statutarie,

- Previsioni contrattuali che impongano approvazioni assembleari per certe

- operazioni.

Quando i soci intervengono nella gestione, può sorgere il problema della loro

responsabilità:

Se la decisione finale spetta agli amministratori, il socio che ha dato un semplice

▪ parere non è responsabile.

Se invece i soci impongono una scelta vincolante, e questa genera un danno alla

▪ società, possono essere chiamati a rispondere.

In ogni caso, il socio deve agire in buona fede e nel rispetto del contratto sociale.

Nelle S.r.l., i soci godono di maggiore flessibilità rispetto alle S.p.A. e possono intervenire

più direttamente nella gestione:

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Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher matteomusso di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto commerciale II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Cerrato Stefano.
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