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Mentre, sempre secondo la sica classica, qualunque

oggetto caldo avrebbe potuto devastare l’ambiente con

una radiazione di alta frequenza, per no il corpo umano

avrebbe dovuto brillare nel buio.

Queste idee vennero scongiurate nel 1890 grazie a Max Planck, il quale ipotizzò che lo scambio di

quanti.

energia tra materia e radiazione avvenisse per pacchetti discreti di energia, o meglio detti

Planck pose l’attenzione sugli elettroni caldi in rapida oscillazione degli atomi del corpo nero, e il

v

suo concetto fondamentale fu che una particella carica oscillante alla frequenza possa

E = h v

scambiare energia con l’ambiente solo in forma di pacchetti di grandezza: •

-34

h costante di Planck

La costante oggi è detta e vale 6,626 x 10 J • s

L’intensità della radiazione è correlata al n° di pacchetti mentre la frequenza / lunghezza d’onda è

E = n h v n= 0 , 1 , 2 , 3…

collegata all’energia trasportata da una singolo pacchetto, infatti: • •

Questa teoria giusti cava l’osservazione della radiazione emessa da un corpo nero.

E etto fotoelettrico

L’e etto fotoelettrico è il principio su cui si basa il funzionamento della fotocellula che siamo

abituati a vedere e usare ogni giorno, come ad esempio per le porte ad apertura / chiusura

automatica.

Se io illumino una super cie metallica con

un’alta lunghezza d’onda (dunque bassa

frequenza) non succede niente, ma se io la

illumino con una bassa lunghezza d’onda

(dunque alta frequenza superiore a un certo

valore soglia caratteristico del metallo),

anche se la luce è poco intensa, il metallo è

in grado di espellere un’elettrone e quindi la

porta con la fotocellula si apre.

Il numero di elettroni ce vengono emessi

dipende dall’intensità, mentre l’energia è

in uenzata dalla frequenza, infatti l’energia

cinetica degli elettroni emessi aumenta linearmente con la frequenza della radiazione incidente.

E =

La luce si interpreta come formata da particelle (fotoni), l’energia dei fotoni incidenti è data da

h v .

Spettri atomici

Nel 1800/1900 per misurare le radiazioni e le emissioni erano gli spettri emissione e di

assorbimento.

Facendo passare la luce bianca attraverso un prisma di cristallo si ottiene uno spettro luminoso

continuo, poiché essa contiene tutte le lunghezze d’onda della radiazione visibile.

Il primo a riconoscere un andamento regolare delle righe nella regione visibile dello spettro fu

Balmer, e nel 1885 propose un’equazione in grado di riportare ala frequenza delle righe allora

conosciute.

ff fl ff fi fi fi fi fi

Equazione di Rydberg

Dando continuità agli studi fatti da Balmer, Rydberg provò a studiare lo spettro per riuscire a

capire come mai la luce viene emessa solo a determinate lunghezze d’onda diverse per ogni

atomo.

Arrivò a stipulare un’equazione che rispondere a tale domanda, in

particolare l’equazione riporta la lunghezza d’onda delle righe di

emissione dell’atomo di H.

Nell’equazione n e n sono numeri interi e n >n , per n = 2 si hanno

1 2 2 1 1

righe rosse, verdi e blu per n = 3,4,5,6.

2 15

R è una costante che oggi va sotto il nome di costante di Rydberg, il cui valore è 3.29 • 10 Hz.

Atomo di Bohr

Bohr nel 1913 ispirandosi all’ipotesi quantistica di Planck introdusse le seguenti ipotesi:

1) per gli elettroni di un atomo esistono delle orbite privilegiate, stabili, sulle quali l’elettrone non

irraggia; queste orbite sono discrete e di conseguenza discreti sono i valori dell’energia ad esse

corrispondenti (livelli energetici).

2) L’emissione (o l’assorbimento) di radiazione avviene per e etto della transizione di un elettrone

da un’orbita ad un’altra di energia inferiore (o superiore); durante tale processo si ha emissione (o

assorbimento) di un singolo quanto la cui energia dipende dalla di erenza di energia delle due

orbite (E e E )

orbita 1 orbita2

Fu il primo modello atomico a considerare l’energia quantizzata, e stipula dei postulati che danno

forma alla sua ipotesi:

1) Per il moto dell'elettrone nell'atomo sono permessi solo alcuni stati stazionari, a ciascuno dei

quali corrisponde un valore de nito di energia:

2) In ognuno di questi stati l'elettrone si muove su un'orbita circolare attorno al nucleo:

3) Gli stati permessi sono caratterizzati da un momento angolare dell'elettrone che è un multiplo

intero di h/2π:

4) Quando l'atomo si trova in uno stato stazionario non emette energia; quando l'elettrone passa

da uno stato ad energia più alta ad uno ad energia più bassa, l'atomo emette un fotone di energia

pari alla di erenza di energia tra i due stati stazionari: Simile all’equazione di Rydberg

Le formule del 3° e 4° postulato dipendono da n, quindi se n è ∞ l’elettrone è distante al massimo

e l’energia invece è 0.

Questo modello però non è ancora completa, infatti sapendo che dipende da n permette di ?

spiegare che la tavola perioda sia fatta per righe non dice perchè n=1 abbia solo 2 possibilità

ff fi ff ff

Dualismo particella-onda

Nel 1924 Louis De Broglie partendo dal presupposto che l’universo osservabile è composto

interamente da radiazione e materia, e che la radiazione ha una doppia natura (onda-particella),

suggerì su basi puramente teoriche, che anche fasci di particelle in moto potessero dar luogo a

fenomeni di tipo ondulatorio.

Gli aspetti corpuscolare e ondulatorio delle particelle non sono contemporanei, ma

complementari, ovvero si rivela l'uno o l'altro aspetto a seconda delle condizioni sperimentali.

Quindi gli elettroni non sono solo particelle siche ma si possono anche considerare delle onde.

Per un fotone E=hv=mc ma v=c/λ da cui λ = h/mc = h/p

2

Riuscì così ad arrivare a stipulare la formulare la relazione tra quantità di moto di un fotone e la

lunghezza d’onda (inversamente proporzionale), con formula:

Ad ogni particella in moto che abbia una quantità di moto mv (momento p) è associata alla

lunghezza d’onda λ:

La lunghezza d’onda λ è tanto più piccola quanto più grande è la massa e la velocità della

particella; i fenomeni di carattere ondulatorio si possono osservare solo con fasci di particelle

atomiche o subatomiche.

Equazione di Schrödinger

Nel 1926 Erwin Schrödinger sviluppò l’equazione alla base della meccanica quantistica (o

meccanica ondulatoria).

Questa equazione venne de nita equazione di

Schrödinger, e rappresenta per i fenomeni ondulatori

(periodici) delle particelle in moto vincolato

l’equivalente dell’equazione di Newton per il moto dei

corpi massivi.

L’elettrone in un atomo si comporta come un’onda

stazionaria.

Per il moto unidimensionale (es. sull’asse x) di una

particella vincolata, l’equazione di Schrödinger

indipendente dal tempo è:

fi fi

Numeri quantici

Le funzioni d’onda Ψ sono funzione delle coordinate spaziali (x, y, z) e dipendono in modo

parametrico da tre numeri interi (n, l, m ) detti numeri quantici.

l

Ogni funzione d’onda de nita da una particolare terna dei numeri quantici è chiamata orbitale, e

ogni orbitale corrisponde ad un possibile stato quantico per l’elettrone, la cui energia è data da E .

n

I numeri quantici sono tre e sono:

• n = numero quantico principale (da l’energia al livello) n = 1, 2, 3, …, ∞

• = numero quantico secondario = 0, 1, 2, 3, …, n-1

l l

• m = numero quantico magnetico m = [- / + ] se = 1 m = -1, 0, +1

l l l

l l l

Ogni orbitale viene indicato con un numero corrispondente al numero quantico principale n e da

:

un simbolo alfabetico legato al numero quantico secondario l

• 0 = s

• 1 = p

• 2 = d

• 3 = f

Il numero massimo di orbitali per un valore di n è n ; la combinazione n=1 , l=0, m = 0

2 l

corrisponde all’orbitale 1s che corrisponde allo stato fondamentale dell’atomo di idrogeno.

Principio di indeterminazione

Nel 1927 Werner Heisenberg dimostrò che esiste un limite naturale ed invalicabile alla precisione

con la quale possiamo misurare contemporaneamente coppie di grandezze collegate come la

posizione la velocità di una particella.

Il prodotto tra l’incertezza Δx della misura della posizione di una particella e l’incertezza Δp del

x

suo momento (p = mv ) non può essere inferiore ad una quantità minima, dell’ordine della

x x

costante di Planck.

La funzione d'onda Ψ descrive il comportamento orbitale dell’elettrone; tuttavia il principio di

indeterminazione esclude la possibilità di tracciare un'orbita per l'elettrone.

Il quadrato della funzione d'onda, Ψ (x, y, z), è proporzionale alla probabilità P di trovare

2

l'elettrone nell'intorno del punto considerato, caratterizzato dalle coordinate (x, y, z).

La funzione d’onda non è altro che una funzione matematica (come sen(x) o e ) che può

–x

assumere valori positivi, negativi, nulli o immaginari. Di conseguenza, non le si può attribuire alcun

signi cato sico .

La funzione d’onda contiene tutta l’informazione che si può avere circa la posizione della

particella e il moto che essa descrive.

Dove la funzione d’onda, o meglio il suo quadrato, ha un valore elevato, la probabilità di trovare la

particella è alta; dove invece il quadrato della funzione d’onda ha un valore basso, la particella si

trova di rado.

fi fi fi

L’orbitale 1s dell’idrogeno

Probabilità radiale

Numero quantico principale

Il numero quantico principale (n) determina l’energia degli stati stazionari nell’atomo di idrogeno;

inoltre, esaminando le probabilità radiali dei vari orbitali dell’atomo di idrogeno, si vede che la

distanza media dell’elettrone dal nucleo aumenta all’aumentare di n (sono in rapporto

direttamente proporzionale).

Numero quantico secondario l

Il numero quantico secondario ( ) determina il modulo del momento angolare orbitale

dell’elettrone secondo la relazione:

da essa si deduce che il modulo del momento angolare orbitale aumenta al crescere del valore di

l . l

Da un punto di vista qualitativo, il numero quantico secondario determina anche la forma

geometrica dell’orbitale, cioè la forma della sua super cie limite.

Ad ogni valore di l si associa una lettera minusc

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
9 pagine
SSD Scienze chimiche CHIM/03 Chimica generale e inorganica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alelee di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Chimica generale ed inorganica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Sorace Lorenzo.