Imma Ferzola
10 min
Autore
 lettera sfogo studentessa semestre aperto

Un debutto molto lontano dalle promesse di trasparenza e uniformità: così viene raccontato il primo appello degli esami del semestre aperto di Medicina, la formula che ha coinvolto oltre 50mila aspiranti camici bianchi e che, nel giro di poche ore, si è trasformata in un vortice di testimonianze su illeciti, circolate senza sosta tra gruppi WhatsApp, chat Telegram, social e associazioni studentesche.

Il racconto collettivo degli studenti compone un quadro frammentato, ma univoco in tutta la Penisola. A provare a raccontarlo dall’interno è una studentessa, Alice, che ha deciso di affidare la propria esperienza alla redazione di Skuola.net. Il percorso, in lei, “ha lasciato una ferita difficile da descrivere”. Una voce che si unisce a quella di migliaia di aspiranti medici che hanno affrontato un appello pieno di zone d’ombra.

Indice

  1. Com'è stato affrontare il "semestre filtro"? La voce di una studentessa
  2. Cosa è andato storto?
  3. Tre esami in due giorni: una prova fisicamente insostenibile
  4. L'assenza di trasparenza e comunicazioni
  5. Oltre le “furbate”: un problema strutturale
  6. Il colpo duro su chi studia davvero
  7. Il testo integrale della lettera-sfogo di un'aspirante studentessa di medicina

Com'è stato affrontare il "semestre filtro"? La voce di una studentessa

“Mi chiamo Alice e negli ultimi mesi sono stata costretta a vivere qualcosa che non dovrebbe essere chiesto a nessuno, soprattutto non a ragazzi e ragazze che stanno semplicemente cercando di costruirsi un futuro”, scrive l'aspirante medico.

L'entusiamo iniziale, racconta, si è sgretolato presto. “Ero convinta che avrei retto. Mi dicevo che con disciplina, passione e impegno si poteva fare qualunque cosa”. Ma la realtà si è rivelata diversa dalle aspettative: “Il semestre filtro non valuta ciò che sai, ma quanto riesci a rimanere integro dentro un percorso sproporzionato”.

Cosa è andato storto?

Le incertezze sull’effettivo contenuto degli esami si sono fatte subito sentire: “Non avevamo indicazioni chiare: noi eravamo spaesati, i professori ancora di più. Nessuno sapeva nulla”.

Alice racconta di giornate intere accumulate tra pagine di studio e dubbi continui, mentre le lezioni si trasformano in una sorta di didattica a distanza camuffata, con programmi irregolari e nessun punto fermo. Una condizione, spiega, “incompatibile con un percorso universitario che dovrebbe essere serio e strutturato”.

Tre esami in due giorni: una prova fisicamente insostenibile

Il cuore della frustrazione emerge già parlando delle modalità stesse di svolgimento della prova: “Abbiamo dovuto sostenere tre esami veri, in due giorni, senza possibilità di scelta e senza poter mantenere il voto migliore in caso di rifiuto come accadeva prima”.

La conseguenza è stata una pressione che, racconta la studentessa, “non ha nulla a che vedere con la valutazione del merito”, perché basta che uno dei due giorni vada male per compromettere l’intero anno.

L'assenza di trasparenza e comunicazioni

A pochi giorni dalla seconda prova, riferisce Alice, non c’è ancora traccia della correzione del primo esame. “Nessun criterio, nessuna spiegazione, nessuna trasparenza. Si studia alla cieca”.

Un insieme di ritardi e incertezze che, secondo la giovane, hanno "sacrificato l’anno di migliaia di ragazzi”.

Oltre le “furbate”: un problema strutturale

Hanno fatto molto discutere, come dicevamo, le diverse segnalazioni di irregolarità emerse a seguito del primo appello. In questo caso, la studentessa rifiuta la narrazione che riduce tutto alla responsabilità dei singoli: “Si è preferito liquidare tutto parlando di ‘furbetti’. Come se non fosse stato proprio questo sistema a creare la tentazione di cercare qualsiasi via d’uscita”.

Un sistema che, secondo lei, presenta falle etiche e organizzative che non possono essere attribuite a pochi individui.

Il colpo duro su chi studia davvero

Più in generale, Alice racconta gli effetti di mesi vissuti senza strumenti adeguati: “Ho visto ragazzi competenti, motivati e preparati venire schiacciati non dal programma, ma dall’architettura stessa del semestre filtro”.

E ricorda come il percorso abbia pesato su chi aveva investito energie e fiducia in una riforma presentata come più equa.

Il testo integrale della lettera-sfogo di un'aspirante studentessa di medicina

Qui la lunga lettera della studentessa, arrivata a Skuola.net:

“Mi chiamo Alice e negli ultimi mesi sono stata costretta a vivere qualcosa che non dovrebbe essere chiesto a nessuno, soprattutto non a ragazzi e ragazze che stanno semplicemente cercando di costruirsi un futuro. Il semestre filtro di Medicina ha lasciato in me una ferita difficile da descrivere e che dimostra quanto possa essere fragile l’equilibrio di chi studia quando viene messo sotto pressione da un sistema pensato male, applicato peggio e difeso da chi avrebbe il dovere di tutelarci.

Quando è iniziato tutto, ero convinta che avrei retto. Mi dicevo che con disciplina, passione e impegno si poteva fare qualunque cosa. Avevo quella fiducia limpida di chi crede nelle istituzioni, nello studio, nel merito. Ero pronta a studiare, a sacrificarmi, a investire energie. Ma presto la realtà ha cominciato a sgretolarsi. Il semestre filtro non valuta ciò che sai, ma quanto riesci a rimanere integro dentro un percorso sproporzionato.

Ogni giorno accumulavo pagine e pagine di studio, dalle nozioni più semplici ai dettagli più specifici, nel costante dubbio di quale sarebbe stata davvero la forma dell’esame. Non avevamo indicazioni chiare: noi eravamo spaesati, i professori ancora di più. Nessuno sapeva nulla. Si viveva in una sorta di DAD mascherata, fatta di lezioni improvvisate, programmi non uniformi e totale mancanza di riferimenti. Un’insicurezza continua, incompatibile con un percorso universitario che dovrebbe essere serio e strutturato.

E ciò che rende tutto ancora più paradossale è che quello che abbiamo affrontato non è stato un TOLC né un test standardizzato. Abbiamo dovuto sostenere tre esami veri, in due giorni, senza possibilità di scelta e senza poter mantenere il voto migliore in caso di rifiuto come accadeva prima. Bastava che uno solo di quei due giorni andasse male per perdere l’intero anno. Un livello di pressione che non ha nulla a che vedere con la valutazione del merito.
A cinque giorni dalla seconda prova non abbiamo neppure una correzione ufficiale del primo esame. Nessun criterio, nessuna spiegazione, nessuna trasparenza. Si studia alla cieca. Tutto appare sempre affrettato, confuso, nebuloso. E ciò che è stato sacrificato non è stato un semplice calendario: è stato l'anno di migliaia di ragazzi.

E come se non bastasse, quando sono emersi gli episodi di chi ha barato, si è preferito liquidare tutto parlando di “furbetti”. Come se non fosse stato proprio questo sistema a creare la tentazione di cercare qualsiasi via d’uscita. Come se non fosse un fallimento strutturale, etico e organizzativo.
Il governo ha ignorato tutto ciò che sapevamo sulla fragilità dei percorsi formativi a distanza, sulla necessità di costruire ambienti di apprendimento stabili. Ha ignorato anni di riflessioni sui giovani, sulle loro esigenze, sulle conseguenze dell’incertezza. E ha scelto di introdurre un meccanismo che non premia chi studia e comprende, ma chi riesce a sopravvivere emotivamente a una struttura assurda e incoerente.

Io oggi porto addosso le conseguenze di questa scelta. Non perché sia fragile, ma perché nessuno dovrebbe essere costretto a reggere una pressione così sproporzionata in un contesto che dovrebbe formare, non logorare. Ho visto cosa significa prepararsi seriamente senza avere strumenti, certezze, indirizzi. Ho visto ragazzi competenti, motivati e preparati venire schiacciati non dal programma, ma dall’architettura stessa del semestre filtro.

Scrivo questa lettera perché non accetto che tutto ciò venga normalizzato. Scrivo perché la formazione dei futuri medici non può diventare un percorso di resistenza psicologica. Scrivo perché la sanità italiana merita professionisti preparati, non sopravvissuti a un meccanismo disfunzionale.
Il semestre filtro non è un errore tecnico. È una scelta politica sbagliata, dannosa, ingiusta. Va riconosciuto per ciò che è: un fallimento del governo, non degli studenti. E va abolito, una volta per tutte.

Alice, una studentessa delle tante”.

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