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L'acqua vive in tutte le culture una sorta di dualismo.

Le acque sotterranee sono associate al caos, le acque del cielo alla fertilità. Dall'acqua sorge il

sole e a vita, ma dall'acqua inizia anche il confine con il regno degli inferi.

-Il migliore dei beni e' l'acqua- scriveva il poeta greco Pindaro e certamente il suo carattere

sacro dipende dalla sua indispensabilità naturale e dal suo carattere primigenio, origine e alveo

di tutte le cose.

Vita, purificazione, energia non sono tuttavia parametri sufficienti per comprendere l'efficacia

simbolica dell'acqua che si esercita almeno in due altri ambiti: quello dell'arca, che contiene e

conserva la vita sulla distruzione e della barca che garantisce il transito delle anime dei defunti

all'al di là.

L'acqua e' emblema delle emozioni, metafora delle forze naturali, ma anche dell'ansia e delle

paure inconscie: -Ricordati che i mostri non muoiono, quello che muore e' la paura che

incutono- diceva Prometeo per mano di Cesare Pavese

Giuseppe Ungaretti

Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d'Egitto, l' 8 febbraio 1888 da genitori lucchesi. Il padre,

operaio allo scavo del Canale di Suez, morì due anni dopo la nascita del poeta, nel 1890. La madre,

Maria Lunardini, mandò avanti la gestione di un forno di proprietà, con il quale garantì gli studi al

figlio, che si poté iscrivere in una delle più prestigiose scuole di Alessandria.L'amore per la poesia

nacque durante questi anni di scuola e si intensificò grazie alle amicizie che egli strinse nella città

egiziana.Lavorò per qualche tempo come corrispondente commerciale, ma realizzò alcuni

investimenti sbagliati; si trasferì poi a Parigi per svolgere gli studi universitari.

Soggiorno in Francia

Nel 1912 Ungaretti, dopo un breve periodo trascorso al Cairo, lasciò l'Egitto e si recò a Parigi. Nel

tragitto vide per la prima volta l'Italia ed il suo paesaggio montano. Nel 1913 perse l'amico

d'infanzia Sceab, morto suicida nell'albergo di rue des Carmes,che condivideva con Ungaretti. Nel

1916, all'interno de Il porto sepolto, verrà pubblicata la poesia a lui dedicata, In memoria.In Francia

Ungaretti filtrò le precedenti esperienze, perfezionando le sue conoscenze letterarie e il suo stile

poetico. Dopo qualche anno decise di partire volontario per la Grande Guerra.

La Grande Guerra

Ungaretti partecipò alla campagna interventista, e quando scoppiò la Prima guerra mondiale si

arruolò volontario nel 19° reggimento di fanteria. Combatté sul Carso e in seguito a questa

esperienza scrisse le poesie che, raccolte dall'amico Ettore Serra (un giovane ufficiale), vennero

stampate in 80 copie presso una tipografia di Udine nel 1916, con il titolo Il porto sepolto.

Nella primavera del 1918 il reggimento al quale apparteneva Ungaretti andò a combattere in Francia

nella zona della Champagne.

Tra le due guerre

Al termine della guerra il poeta rimase a Parigi dapprima come corrispondente del giornale Il

Popolo d'Italia, ed in seguito come impiegato all'ufficio stampa dell'ambasciata italiana.Nel 1919

venne stampata a Parigi la raccolta di poesie francesi La guerre, che sarà poi inserita nella seconda

raccolta di poesie Allegria di naufragi pubblicata a Firenze nello stesso anno.Nel 1920 il poeta

sposò Jeanne Dupoix, dalla quale avrà due figli, Anna Maria (o Anna-Maria, come soleva firmare,

con trattino alla francese), detta Ninon (17 febbraio 1925) e Antonietto (19 febbraio 1930).Nel 1921

si trasferì a Marino (Roma) e collaborò all'Ufficio stampa del Ministero degli Esteri. Gli anni venti

segnarono un cambiamento nella vita privata e culturale del poeta. Egli aderì al fascismo firmando

il Manifesto degli intellettuali fascisti nel 1925.In questi anni egli svolse una intensa attività su

quotidiani e riviste francesi e italiane (sulla La Gazzetta del Popolo), e realizzò diversi viaggi in

Italia e all'estero per varie conferenze, ottenendo nel frattempo vari riconoscimenti di carattere

ufficiale, come il Premio del Gondoliere. Furono questi anche gli anni della maturazione dell'opera

Sentimento del Tempo; prime pubblicazioni di alcune sue liriche avvennero su L'Italia letteraria e

Commerce. Nel 1923 venne ristampato Il porto sepolto presso La Spezia, con una prefazione di

Benito Mussolini, che aveva conosciuto nel 1915, durante la campagna dei socialisti

interventisti.Nel 1933 il poeta aveva raggiunto il massimo della sua fama.Nel 1936, durante un

viaggio in Argentina su invito del Pen Club, gli venne offerta la cattedra di letteratura italiana

presso l'Università di San Paolo del Brasile, che Ungaretti accettò; trasferitosi con tutta la famiglia,

vi rimarrà fino al 1942. A San Paolo nel 1939 morirà il figlio Antonietto, all'età di nove anni, per

un'appendicite mal curata, lasciando il poeta in uno stato di grande prostrazione interiore, evidente

in molte delle poesie raccolte ne Il Dolore del 1947 e in Un Grido e Paesaggi del 1952.

La seconda guerra mondiale e il dopoguerra

Nel 1942 Ungaretti ritornò in Italia e venne nominato Accademico d'Italia e «per chiara fama»

professore di letteratura moderna e contemporanea presso l'Università di Roma, ruolo che mantenne

fino al 1958 e poi, come "fuori ruolo", fino al 1965. A partire dal 1942 la casa editrice Mondadori

iniziò la pubblicazione dell' opera omnia di Ungaretti, intitolata Vita di un uomo. Nel secondo

dopoguerra Ungaretti pubblicò nuove raccolte poetiche, dedicandosi con entusiasmo a quei viaggi

che gli davano modo di diffondere il suo messaggio, e ottenendo significativi premi come il Premio

Montefeltro nel 1960 e il Premio Etna-Taormina nel 1966.

Gli ultimi anni

Nella notte tra il 31 dicembre 1969 e il 1° gennaio 1970 scrisse l'ultima poesia, L'Impietrito e il

Velluto, pubblicata in una cartella litografica il giorno dell'ottantaduesimo compleanno del poeta.Nel

1970 conseguì un prestigioso premio internazionale dell'università dell'Oklahoma, negli Stati Uniti,

dove si recò per il suo ultimo viaggio che debilitò definitivamente la sua pur solida fibra. Morì a

Milano nella notte tra il 1° e il 2 giugno 1970. Il 4 giugno si svolse il suo funerale a Roma, nella

Chiesa di San Lorenzo fuori le Mura, ma non vi partecipò alcuna rappresentanza ufficiale del

Governo italiano.

Poetica

L'Allegria segna un momento chiave della storia della letteratura italiana: Ungaretti rielabora in

modo molto originale il messaggio formale dei simbolisti,coniugandolo con l'esperienza atroce del

male e della morte nella guerra. Al desiderio di fraternità nel dolore si associa la volontà di ricercare

una nuova "armonia" con il cosmo che culmina nella poesia Mattina (1917). Questo spirito mistico-

religioso si evolverà nella conversione in Sentimento del Tempo e nelle opere successive, dove

l'attenzione stilistica al valore della parola (e al recupero delle radici della nostra tradizione

letteraria), indica nei versi poetici l'unica possibilità dell'uomo, o una delle poche possibili, per

salvarsi dall' "universale naufragio".Il momento più drammatico del cammino di questa vita d'un

uomo (così, come un "diario", definisce l'autore la sua opera complessiva) è sicuramente raccontato

ne Il Dolore: la morte in Brasile del figlioletto Antonio, che segna definitivamente il pianto dentro

del poeta anche nelle raccolte successive, e che non cesserà più d'accompagnarlo. Solo delle brevi

parentesi di luce gli sono consentite, come la passione per la giovanissima poetessa brasiliana

Bruma Bianco, o i ricordi d'infanzia ne I Taccuini del Vecchio.

I fiumi

in L'Allegria

Cotici il 16 agosto 1916

Mi tengo a quest’albero mutilato

Abbandonato in questa dolina

Che ha il languore

Di un circo

Prima o dopo lo spettacolo

E guardo

Il passaggio quieto

Delle nuvole sulla luna

Stamani mi sono disteso

In un’urna d’acqua

E come una reliquia

Ho riposato

L’Isonzo scorrendo

Mi levigava

Come un suo sasso

Ho tirato su

Le mie quattro ossa

E me ne sono andato

Come un acrobata

Sull’acqua

Mi sono accoccolato

Vicino ai miei panni

Sudici di guerra

E come un beduino

Mi sono chinato a ricevere

Il sole

Questo è l’Isonzo

E qui meglio

Mi sono riconosciuto

Una docile fibra

Dell’universo

Il mio supplizio

È quando

Non mi credo

In armonia

Ma quelle occulte

Mani

Che m’intridono

Mi regalano

La rara

Felicità

Ho ripassato

Le epoche

Della mia vita

Questi sono

I miei fiumi

Questo è il Serchio

Al quale hanno attinto

Duemil’anni forse

Di gente mia campagnola

E mio padre e mia madre.

Questo è il Nilo

Che mi ha visto

Nascere e crescere

E ardere d’inconsapevolezza

Nelle distese pianure

Questa è la Senna

E in quel suo torbido

Mi sono rimescolato

E mi sono conosciuto

Questi sono i miei fiumi

Contati nell’Isonzo

Questa è la mia nostalgia

Che in ognuno

Mi traspare

Ora ch’è notte

Che la mia vita mi pare

Una corolla

Di tenebre

E’ uno dei testi più importanti “Dell’Allegria” e si puo considerare una sorta di autobiografia in

versi. L’occasione che mette in moto questo processo è un evento minimo , mentre combatte sul

Carso , in un momento di quiete sottratto all’inferno della guerra il poeta si immerge nelle acque

dell’Isonzo e ripercorre le varie epoche della sua vita ciascuna legataad un fiume : il Serchio , il

Nilo , la Senna e l’Isonzo. Il serchio rappresenta le radici della sua esistenza , il Nilo coincide con

l’innocenza della fanciullezza vissuta lungo le sue rive ai limiti del deserto ; alla Senna è legato il

primo torbido risveglio dell’autocoscienza provocato dal contatto con la cultura e con la storia;

l’Isonzo , in fine , rappresenta l’esperienza della guerra. Ovviamente questo processo di

riconoscimento è qualcosa in più della semplice ricapitolazione della vita: nel momento è immerso

nella acqua dell’Isonzo egli si sente finalmente in armonia con la natura e sa di poter trarre da

questa recuperata innocenza la forza di reagire all’angoscia della guerra e al male del mondo. La

lirica rappresenta una struttura equilibrata e simmetrica. Si apre e si chiude con la descrizione di un

paesaggio notturno collocato nel presente. La parte centrale è invece un viaggio nel passato. Nella

prima parte della poesia il poeta descrive sè stesso immerso nella sua condizione esterna,

ambientale, presso una dolina, [una formazione tipica del paesaggio carsico, una cavità di forma

approssimativamente circolare che si è creata ad opera dell'acqua che scorre o precipita sulla roccia

calcarea ndr.]. Quindi descrive il suo stato d’animo di reduce dalla guerra. Disteso nel letto del

fiume Isonzo si sente come una reliquia, un frammento superstite – e pertanto maggiormente

prezioso – di un resto mortale, si sente come uno dei sassi levigati su cui cammina con movenze

d'acrobata, sotto il sole, il cui calore benefico riceve con la stessa familiarità di un beduino.Ora

affidato alle “mani” amorevoli dell’Isonzo il poeta si riconosce parte dell’universo, cosciente che il

suo rammarico è frutto sempre di una disarmonia con il creato. Le acque del fiume lo lavano e lo

purificano e gli danno una rara innocente felicità. Ungaretti rammenta i fiumi che hanno

accompagnato la sua vita. Il Serchio, fiume della toscana, dove ha attinto l’acqua la sua stirpe. Il

Nilo, che lo ha visto nascere e crescere adolescente. La Senna, il fiume di Parigi, dove il poeta ha

conosciuto se stesso. Il ricordo di questi fiumi affolla la memoria nostalgica dell'uomo, ora che la

sua vita è oscura e che sembra una collana di tenebre, perché «le tenebre della notte evocano

l’immagine di una vita piena di incognite, racchiusa in un cerchio oscuro di timori e di presagi di

morte

Eugenio Montale

Eugenio Montale nasce a Genova nella zona di Principe, il 12 ottobre 1896, in una famiglia di

commercianti di prodotti chimici (il padre, tra l'altro, era il fornitore dell'azienda di Italo Svevo).

Ultimo di sei figli, il giovane Eugenio gode di quella libertà un po' trascurata e malinconica che di

solito è riservata all'ultimo di molti fratelli, come lui stesso ricordò in un'intervista.

Formazione

E infatti, sebbene per lui, ai più lunghi studi classici, vengano preferiti quelli tecnici, a causa della

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