vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
IL PRIMO DOPO GUERRA IN ITALIA
C ome nel resto dell’Europa, anche nel nostro paese la
guerra aveva sconvolto la vita di una generazione,
aveva suscitato molte speranze e prodotto molte
delusioni.
I contadini del meridione avevano sperato che nel
dopoguerra una riforma agraria, avrebbe reso la loro vita
più tollerabile.
Molti giovani borghesi avevano ricoperto in guerra, in
qualità di ufficiali, incarichi di comando e aspiravano a
vedere riconosciuto per loro un ruolo sociale di prestigio
anche in pace, nella società civile.
Le donne avevano lavorato nelle fabbriche o negli ospedali
e capivano di avere le capacità e il diritto di avere un
posto importante nella società moderna.
Gli operai specialmente quelli del nord, lottavano per
ridurre le ore di lavoro e aumentare i salari. Molti di loro
pensavano che la direzione delle industrie dovessero
essere presa da Consigli operai come i soviet in Russia.
Per tutti questi motivi e per la difficile situazione
economica, gli anni del dopoguerra furono contrassegnati
da aspre lotte politiche e sociali.
I trattati di pace avevano assegnato all’Italia il Trentino
(con l’Alto Adige), la Venezia Giulia e la penisola
d’Istria.
Questi territori erano solo una parte degli ampliamenti a
cui l’Italia aspirava; in particolare, furono respinte le
rivendicazioni italiane sul porto di Fiume, ai confini orientali
dell’Istria. Parte dell’opinione pubblica, e in primo luogo i
nazionalisti , rinfacciavano ai governatori italiani di
essersi accontentati di una << vittoria mutilata>>.
Questo slogan significava i sacrifici compiuti in guerra non
erano stati giustamente ricompensati e che l’Italia non
aveva ottenuto il meritato premio della vittoria.
Molti ex-combattenti, che avevano passato tre o quattro
anni al fronte e ora si trovano senza lavoro, erano pieni di
amarezza e di risentimento.
Le masse popolari erano dominate dal Partito socialista,e
dal Partito popolare.
Socialisti e popolari erano rivali fra loro; li
univa,l’avversione nei confronti dei governanti liberali.
Grandi agitazioni popolari segnarono il << biennio
rosso>>, gli anni 1919-20. Nell’agosto 1919 masse di
contadini occuparono terre
nella campagna romana e nel
meridione. Erano organizzate
da <<leghe rosse>>
socialiste, <<leghe
bianche>> popolari.
Nelle grandi industrie del Nord vi furono scioperi, l’uno
dopo l’altro. Impauriti gli industriali reagirono con la
serrata, cioè chiudendo le fabbriche. Gli operai risposero
con l’occupazione delle fabbriche e, con questa forma
estrema di protesta, ottennero aumenti salariali e la
riduzione dell’orario lavorativo a otto ore giornaliere.
Nel gennaio 1921, al congresso di Livorno del partito
socialista, un gruppo della sinistra, guidato da Antonio
Gramsci e Amadeo Bordiga, in disaccordo con la direzione,
abbandono il congresso e fondò il Partito comunista
d’Italia.
I comunisti accusavano i dirigenti socialisti di limitarsi a
mobilitare i lavoratori con vaghe promesse di rivoluzione. Il
loro obbiettivo era, al contrario, organizzare un vero partito
rivoluzionario.
I liberali al governo erano in difficoltà. Da un lato c’erano le
forti pressioni dei ceti conservatori, che volevano la
cessazione delle agitazioni sociali e il ritorno all’ordine e
alla legalità; dall’altro c’erano i partiti e i movimenti di
massa, che lottavano per ottenere grandi cambiamenti
sociali e politici.
Socialisti e popolari, nelle elezioni del 1919 e del 1920,
avevano mandato al Parlamento molti deputati, e ormai
non era più possibile formare un governo senza l’appoggio
dell’uni e dell’altri. Ma entrambi partiti erano
internamente divisi e la loro azione politica era debole.
Militavano nel Partito popolare molti conservatori, difensori
dell’ordine e della proprietà, avversari di ogni mutamento
sociale. Accanto a loro e con loro in contrasto c’erano gli
organizzatori delle leghe bianche.
I socialisti, divisi tra riformisti e rivoluzionari, non avevano
la forza di impadronirsi del potere e neppure si decidevano
a collaborare con i partiti liberali, per governare insieme lo
stato. Un uomo politico, Benito Mussolini, che era stato
socialista, ma era stato espulso
dal partito per aver sostenuto
la necessità dell’intervento in
guerra dell’Italia, fondò un
nuovo partito, il Partito
Fascista o Fascismo. Il
Fascismo – così detto dal suo
emblema, che riproduceva
l’antico fascio dei littori romani
( il fascio littorio), fatto di
verghe legate assieme, con in
mezzo una scure- aveva un
programma un po’ vago, un po’
socialista e un po’ liberale, un
po’ anarchico e un po’ nazionalista e dittatoriale.
Prometteva di far tornare l’ordine in Italia e dichiarava di
proporsi, al di sopra di ogni altro fine, il bene della patria.
Le dichiarazioni e le manifestazioni di patriottismo
conciliarono al Fascismo le simpatie di molti ex-
combattenti, che
accusavano i governanti di
non dare il giusto valore al
loro sacrificio. La
formazione di << squadre
d’azione>>, che, in
camicia nera,
organizzarono spedizioni Nella seguente foto sono presenti le
Camicie nere
<<punitive>> contro le Camere del Lavoro, le cooperative,
le sedi dei giornali e dei partiti di sinistra, guadagnò
l’appoggio dei ceti conservatori con sovvenzioni in
denaro di industriali temendo una rivoluzione comunista, di
grandi proprietari terrieri della pianura padana, impauriti
dalle richieste dei contadini, che minacciavano di
espropriarli.
Uomini politici liberali, si illusero di potersi servire del
Fascismo per riportare l’ordine nel paese e salvare lo stato.
Nell’ottobre del 1922, i capi
fascisti organizzarono una
marcia su Roma, per
costringere il governo alle
dimissioni preseduto da Luigi
Facta.
Il re si rifiutò di inviare l’esercito
contro i ribelli, e dimessosi Facta
invitò a Mussolini a formare
un nuovo governo.
Il primo governo Fascista ebbe
esponenti di altri partiti. Ma non
piacendo a Mussolini instaurò
una dittatura personale e del
suo partito.
Nelle elezioni del 1924, la lista
Fascista ottenne la maggioranza. Marcia su Roma. In mezzo
come si può ben notare c’è
Ma il deputato socialista, Giacomo Mussolini
Matteotti aveva denunciato in
parlamento delle illegalità
elettorali, e fu assassinato dai sicari del duce (= dal latino
dux che significa Guida e Condottiero, Mussolini si faceva
chiamate così). I deputati sdegni dal delitto avvenuto si
rifiutarono di partecipare ai lavori del Parlamento
abbandonando la camera. Questa secessione venne
chiamata secessione dell’Aventino.
Dell’opposizione facevano parte anche deputati di altri
partiti divisi e in contrasto tra loro non riuscivano ad
organizzare nessuna azione in comune contro il Fascismo. I
dissidenti dell’<<Aventino>> speravano che il Re Vittorio
Emanuele III prendesse posizione per sciogliere il
parlamento ma Vittorio Emanuele III appoggiò il governo.
Nei due anni seguenti tutti i partiti le associazioni sindacali
non fasciste furono sciolti, fu soppressa la libertà di
stampa, di parola e si associazione. Fu istituito un
<<tribunale speciale>> per giudicare i <<delitti contro lo
stato>>e fu ripristinata la pena di morte. I dirigenti e i
semplici militanti dei partiti antifascisti furono perseguitati
con ogni mezzo, aggrediti e malmenati e di conseguenza
morirono per le percosse subite, altri furono incarcerati
come Alcide De Gasperi e Antonio Gramsci, molti altri
invece andarono in esilio dove continuarono la lotta
antifascista.
Mussolini sostituì le istituzioni del governo con le nuove
istituzioni Fasciste. Fu modificato il Statuto: il capo del
governo non doveva essere responsabile dei suoi atti di
fronte al parlamento ma soltanto davanti
al re. Soltanto il re poteva costringerlo
alle dimissioni, mentre il governo
perdeva ogni potere. Il capo del governo
si doveva consultare con il Grande Milizia volontaria per la
sicurezza nazionale
Consiglio del Fascismo, composto dai maggiori
esponenti del partito. Fu istituita la Milizia volontaria per
la sicurezza nazionale. Della Milizia facevano parte le
squadre d’azione e le camicie nere.
Con il governo Fascista, fu soppressa la libertà di stampa e
fu istituita un’agenzia di stampa controllata dal partito, che
sceglieva le informazioni e le notizie sgradevoli per il regine
erano taciute o minimizzate.
Da molti Italiani il Fascismo era un male che era necessario
accettare. La mancanza di libertà era un prezzo giusto da
pagare per avete un’Italia ordinata. Un’intensa
propaganda, esaltò il Fascismo, il Duce e l’ordine da loro
instaurato.
Il Fascismo aveva avuto l’appoggio delle più alte istituzioni
e dello stato e delle potenti forze economiche. Mussolini
ben presto comprese che per rendere durevole il suo
regime, avrebbe dovuto ottenere il consenso, cioè
l’approvazione non di tutta ma di una buona parte della
popolazione. Occorreva che la popolazione avesse
un’assoluta fiducia in lui: egli doveva mostrare
pubblicamente di possedere le qualità dell’Italiano nuovo,
dell’Uomo Fascista. Molti simboli del Fascismo come il
Fascio Littorio, il saluto a braccio teso e il passo militare a
gamba tesa e alza, furono presi dalle tradizioni romane.
In occasioni di discorsi del Duce
venivano organizzati viaggi di massa
a Roma per vedere il Duce di persona Duce affacciato dal Palazzo
Venezia
affacciato dal balcone o per ascoltare la voce trasmessa
dagli altoparlanti nelle piazze.
I giovani , fino dai banchi di scuola elementare vennero
inquadrati in associazioni di tipo militare: Figli della Lupa,
Balilla e Avanguardisti.
Nel 1923 il ministro della Pubblica Istruzione Giovanni
Gentile varò una riforma dell’intero sistema scolastico.
L’obbiettivo della Riforma Gentile fu di porre sotto tutto il
controllo culturale dello stato tutte le scuole del paese e di
stabilire una gerarchia di importanza fra i diversi corsi di
studio.
Il ginnasio liceo era considerato la scuola per i futuri classi
dirigenti e dava accesso all’Università. Ad essa si
contrapponevano le scuole per gli studenti della piccola
borghesia: il liceo scientifico, gli istituti magistrali e tecnici.
La scuola era obbligatoria fino alla quinta elementare. Chi
non poteva seguire un corso di studi superiore poteva
frequentare per tre anni la scuola di avviamento
professionale.
L’insegnamento venne fascistizzato nella scuola
elementare ci fu l’adozione del libro di testo unico.
Dal 1932 tutti i dipendenti pubblici dai maestri elementari
ai professori universitari, furono obbligati a iscriversi al
partito e giurare fedeltà al regime. Chi rifiutava portava
grave danno alla loro carriera e rischi per
la loro stessa persona.
La politica agraria del regime fascista fu
contrassegnata da due iniziative
propagandistico che Mussolini chiamò con il linguaggio
militare << campagne>> e <<battaglie>>: la <<battaglia
del grano>> e la campagna per la << bonifica integrale.
L’obbiettivo proclamato della <<battaglia del grano>> era
la conquista dell’autosufficienza alimentare, mediante
l’ampliamento delle superfici coltivate a frumento: l’Italia
non doveva più importare grano dagli Stati uniti e
dall’Argentina.
La produzione di frumento aumentò
perché furono messi a coltura terreni
sterili e abbandonati. Furono
migliorate le tecniche della
coltivazione.
Molte terre furono <<bonificate>>,
cioè prosciugate dalle paludi, che
oltre ad essere sterili ospitavano un
tipo di zanzara portatrice della
malaria.
A sud di Roma si estendevano le paludi pontine, qui si
trasferirono migliaia di braccianti disoccupati e senza terra.
Sorsero nuove città, come Aprilia, Sabaudia e Littoria.
Mussolini esaltò come un grande successo della politica
estera fascista l’aver posto fine alla questione romana, che
contrapponeva lo stato italiano e la Chiesa fin dalla
conquista di Roma del 1870.