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Titolo: Il grido
Data: 1893
Dimensioni: 91x73,5 cm
Tecnica: olio, tempera, pastello su cartone
Luogo: Oslo, Galleria Nazionale
L’opera raffigura in primo piano un uomo urlante, terrorizzato, che emette un grido comprimendosi la testa con le mani, perdendo ogni forma e diventando preda del suo stesso sentimento: più che un uomo, infatti, ricorda uno scheletro, con il suo corpo serpentiforme, privo di capelli, deforme. Si perde insieme alla sua voce straziata ed alla sua forma umana tra le lingue di fuoco del cielo morente, così come morente appare il suo corpo, le sue labbra nere putrescenti, le sue narici dilatate e gli occhi sbarrati, testimoni di un abominio immondo. Il vero centro dell'opera è costituito però dalla bocca che, aprendosi in un innaturale spasmo, emette un grido che distorce l'intero paesaggio, che in questo modo restituisce una sensazione di disarmonia, disequilibrio. Un ponte in salita, con il parapetto che taglia diagonalmente la composizione, la cui prospettiva si perde all’orizzonte, richiama gli ostacoli che ognuno è chiamato a superare nella propria esistenza. Questo sentimento di malessere è distintivo del pessimismo fin de siècle diffuso in quel periodo, che cominciò a mettere in dubbio le certezze dell'essere umano, proprio mentre Sigmund Freud indagava gli abissi dell'inconscio.
ARTISTA: Edvard Munch
TITOLO: Il grido
DATA: 1893
DIMENSIONI: 91x73,5 cm
TECNICA: olio, tempera, pastello
su cartone
LUOGO: Oslo, Galleria Nazionale
L’opera raffigura in primo piano un uomo urlante, terrorizzato, che
emette un grido comprimendosi la testa con le mani, perdendo ogni
forma e diventando preda del suo stesso sentimento: più che un uomo,
infatti, ricorda uno scheletro, con il suo corpo serpentiforme, privo di
capelli, deforme. Si perde insieme alla sua voce straziata ed alla sua
forma umana tra le lingue di fuoco del cielo morente, così come morente
appare il suo corpo, le sue labbra nere putrescenti, le sue narici dilatate e
gli occhi sbarrati, testimoni di un abominio immondo. Il vero centro
dell'opera è costituito però dalla bocca che, aprendosi in un innaturale
spasmo, emette un grido che distorce l'intero paesaggio, che in questo
modo restituisce una sensazione di disarmonia, disequilibrio. Un ponte in
salita, con il parapetto che taglia diagonalmente la composizione, la cui
prospettiva si perde all’orizzonte, richiama gli ostacoli che ognuno è
chiamato a superare nella propria esistenza. Questo sentimento di
malessere è distintivo del pessimismo fin de siècle diffuso in quel
periodo, che cominciò a mettere in dubbio le certezze dell'essere umano,
proprio mentre Sigmund Freud indagava gli abissi dell'inconscio.
A rimanere dritti sono esclusivamente il ponte ed i due personaggi a
sinistra. Queste due figure umane sono sorde sia al grido che alla
catastrofe emozionale che sta angosciando il loro compagno: non a caso,
sono collocate ai margini della composizione, quasi volessero uscire dal
quadro. È in questo modo che Munch ci restituisce in modo molto crudo e
lucido una metafora della falsità dei rapporti umani. Sulla destra, invece,
è collocato il paesaggio, innaturale e poco accogliente, quasi fosse