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muoveva per aver finanziato Cassio, ma ella, sedottolo, pensò di farne un suo strumento
per estendere il suo dominio.
Intanto a Roma, Ottaviano gettava le basi per la riunificazione. La moglie di Antonio,
Fulvia, per sottrarre il marito da Cleopatra, lo richiamò a Roma e organizzò un complotto
con il fratello di lui, Lucio. Essi arruolarono un esercito e lanciarono un appello di rivolta
agli italiani. Dovette intervenire Marco Agrippa, il più fidato luogotenente di Ottaviano:
Lucio si arrese a Perugia e Fulvia morì.
Cleopatra vide in questo avvenimento il pretesto per spingere Antonio alla guerra. Così
egli radunò l'esercito e lo imbarcò su una flotta; sbarcato a Brindisi, assediò la guarnigione
di Ottaviano. I soldati però si rifiutarono di battersi da entrambe le parti obbligando i loro
generali alla pace. Questa fu saldata con un matrimonio: quello di Antonio con la sorella
di Ottaviano, Ottavia. Antonio però rimandò Ottavia a Roma e si avviò con il suo esercito
contro la Persia, impose un teorico vassallaggio, si proclamò vincitore, celebrò la sua
vittoria, mandò un'intimazione di divorzio a Ottavia e sposò Cleopatra, rompendo così
l'unico vincolo che lo legava a Ottaviano.
Ottaviano si era intanto innamorato di una donna incinta, Livia. Si era già sposato due
Giulia. Divorziò
volte, prima con Claudia, poi con Scribonia che gli aveva dato una figlia:
anche da questa seconda moglie e sposò Livia.
Intanto aveva ripreso le sue imprese militari: il blocco di Sesto fu eliminato con la
distruzione della sua flotta, e l'ordine fu ristabilito. Marco Agrippa, oltre che un buon
generale, si rivelò un grande ministro di guerra: egli fu il vero riorganizzatore dell'esercito
che doveva riportare l'unità di comando nell'Impero Romano.
LA BATTAGLIA DI AZIO
Nel 32 a.C. giunse a Roma una lettera di Antonio
in cui egli proponeva ai suoi due colleghi di
deporre tutti insieme il potere e le armi e ritirarsi a
vita privata. Ottaviano, non volendo rinunciare,
tirò fuori il testamento di Antonio dicendo di
averlo avuto dalle Vestali che lo tenevano in
custodia. In esso egli designava come suoi unici
eredi i figli avuti da Cleopatra: ci sono dubbi circa
l'autenticità di questo documento ma, alimentando
i sospetti di tutta Roma verso Antonio, esso
permise a Ottaviano di intraprendere una guerra
di indipendenza che dichiarò contro Cleopatra.
Le due flotte avversarie si scontrarono ad Azio e
quella di Ottaviano, comandata da Agrippa, mise
in fuga quella avversaria che ripiegò verso
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Alessandria. Ottaviano non la inseguì, ma sbarcò ad Atene per rimettere a posto le cose in
Grecia; dopodichè tornò in Italia a sedarvi una rivolta; poi si recò in Asia e distrusse le
alleanze che vi aveva lasciato Antonio, isolandolo. Quindi finalmente mosse verso
Alessandria e lungo la strada ricevette tre lettere: una di Cleopatra, pronta a sottomettersi
e due di Antonio che proponeva la pace. Disperato e non ricevendo risposta però alla fine
Antonio lanciò un ultimo attacco, ma i mercenari di Cleopatra si arresero e ad egli giunse
la notizia della sua morte: appresa questa falsa informazione si suicidò. Cleopatra,
sentendosi perduta, fece altrettanto.
Ottaviano liquidò la loro eredità, mandò i loro figli da Ottavia, si proclamò re d'Egitto, ne
intascò il tesoro, vi lasciò un prefetto e tornò a casa.
OTTAVIANO E LA NOMINA DI “IMPERATOR”
Aveva trentun anni, si ritrovava padrone di tutta l'eredità di Cesare e il Senato non aveva la
forza di contrastarlo.
In quegli anni i romani avevano smesso di credere alla democrazia e domandavano
ordine, pace, sicurezza, una buona amministrazione e una moneta sana: Ottaviano si
riteneva essere la persona più adatta per soddisfare queste esigenze.
Con il tesoro riportato dall'Egitto liquidò una parte
dell'esercito che costava troppo mantenere
proclamandosi, della parte rimanente, "imperator".
Comprò terreni apposta per i soldati liquidati per
garantire loro un'occupazione; annullò i debiti dei privati
verso lo Stato; diede l'avvio a grandi opere pubbliche.
Come Cesare, Ottaviano mirava a compiere una
gigantesca riforma nello Stato: per questo ideò la
burocrazia composta allora dall'organizzatore Agrippa, il
finanziere Mecenate, e vari generali tra i quali spiccò
presto il figliastro Tiberio.
Costoro appartenevano alla grande borghesia, cosicché
presto gli aristocratici cominciarono a considerarsi
esclusi dalla politica; Ottaviano allora scelse una ventina di loro, tutti senatori e ne fece un
consiglio che presto diventò il portavoce del Senato e ne vincolò le decisioni.
L'Assemblea o Parlamento continuò a riunirsi, ma sempre con meno frequenza e mai
tentando di bocciare le proposte di Ottaviano. Questi si propose console tredici volte e
altrettante vinse. Skuola.net
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OTTAVIANO E LA NOMINA DI AUGUSTO
Fino ad allora Ottaviano aveva mantenuto l’assetto costituzionale repubblicano, tentando
di migliorarne soltanto il funzionamento; a questo punto si rese però conto della necessità
di una nuova Costituzione. I confini dello Stato romano si erano enormemente allargati,
superando l’orizzonte di città-stato e diventando un vero e proprio Impero: per governare
questo non erano sufficienti i magistrati, che cambiavano di anno in anno, ma era
necessaria una riforma che garantisse uniformità, continuità e stabilità; andavano tuttavia
evitate soluzioni radicali e nette. Il primo passo fu quindi quello di indurre abilmente il
Senato a concedergli tutti i poteri.
Nel 27 a.C. perciò, rimise tutti i suoi poteri al Senato, proclamò la restaurazione della
repubblica e annunciò di volersi ritirare a vita privata: il Senato rispose rimettendogli a sua
volta tutti i poteri e conferendogli l'appellativo di "Augusto", che in seguito diventerà
sinonimo di imperatore. Aveva trentacinque anni, e il suo unico titolo era quello di
principe. Cosi acconsentì con aria rassegnata: fu una scena recitata da entrambe le parti.
Fu così che, attraverso la propria autorità morale, l' "auctoritas", accentrò nelle proprie
mani i poteri un tempo amministrati dagli organi repubblicani.
Un altro provvedimento con cui Augusto mantenne e rafforzò i suoi poteri sostanziali fu
quando, nel 23 a.C., rinunciò ai suoi poteri formali, rinunciando al Consolato, facendosi
però dare la “tribunicia potestas”, incarico meno esposto ma con grandi poteri, specie per
la facoltà di veto nei riguardi delle iniziative del Senato.
Si trasferì a Palazzo di Ortensio, che era molto bello ma che non trasformò mai in una
reggia e, come appartamento personale, si riservò una piccola stanza sobriamente
arredata. Era infatti un uomo abitudinario, sobrio e ligio agli orari; lavorava duro e si
considerava il primo servitore dello stato; scriveva tutti i discorsi che pronunciava in
pubblico, ma anche quelli che teneva in casa con la sua famiglia.
AUGUSTO E I RAPPORTI CON LA SUA FAMIGLIA
Questa era attualmente rappresentata da Livia, la sua terza moglie, i figli di lei, Druso e
Tiberio, e Giulia, la figlia avuta dalla seconda moglie Scribonia.
Augusto realizzò la pax romana ma rinunciò alla guerra e a nuove annessioni: si limitò a
garantire i confini dell'Impero, costantemente minacciati. Druso li spostò dal Reno
all'Elba per renderli più sicuri, battendo i Germani ma morendo in battaglia: Augusto fu
scosso dalla morte del ragazzo poiché aveva pensato di farne il suo successore, così sperò
che Giulia gli desse un degno erede.
A quattordici anni l'aveva data in sposa al figlio di sua sorella Ottavia, che però morì
presto dopo il matrimonio, lasciando Giulia vedova e allo sbando. Augusto, che stava
cominciando a emanare leggi per il ristabilimento della morale, pensò di rimetterla sulla
buona strada con un nuovo marito: Marco Agrippa, che però morì a sua volta dopo il
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matrimonio; di nuovo, Augusto le impose un terzo matrimonio: con Tiberio, in cui
vedeva un possibile reggente fin quando non fossero stati maggiorenni i figli di Giulia;
questi però, non sopportando più questo matrimonio imposto, si ritirò a vita privata.
Augusto, ormai sessantenne, alla fine bandì sua figlia per immoralità, richiamò Tiberio e
lo adottò come figlio erede.
A causa delle numerose malattie di cui era affetto divenne puntiglioso, sospettoso e
crudele, e per proteggersi da inesistenti complotti, inventò la polizia, ovvero i pretoriani.
L’OPERA DI RICOSTRUZIONE SOTTO IL PUNTO DI VISTA DI AUGUSTO
Augusto vedeva ormai come un fallimento la sua opera di ricostruzione: c'era la pax
augusta, e i marinai orientali navigavano ormai con tranquillità dopo la sua vittoria sui
pirati che minacciavano ad ogni viaggio le loro navi, ma egli intuiva che le truppe
germaniche stessero tramando qualcosa; i commerci organizzati da Agrippa rifiorivano, e
la moneta, risanata da Mecenate, era sicura; la burocrazia funzionava; l'esercito era forte;
la riforma del costume però era fallita; i divorzi distruggevano le famiglie e il ceppo
romano si era quasi estinto; si erano costruiti molti templi, ma il culto degli dei si era
molto indebolito: Augusto aveva cercato di rianimare, senza condividerla, la fede negli dei,
ma il popolo gli aveva risposto facendo finta di adorare lui come dio.
Intanto Giulia gli aveva lasciato una nipotina che però volle imitare la madre nel
comportamento e che venne quindi mandata al confino per immoralità. Distrutto da
questo nuovo dolore, Augusto pensò di lasciarsi morire di fame, ma poi l'attaccamento
per il dovere ebbe la meglio.
LA MORTE DI AUGUSTO
Aveva novantasei anni quando, in convalescenza a Nola per una bronchite, nel 14 d.C.,
morì. Salutò la moglie, quindi si rivolse agli astanti con le celebri parole: "Ho recitato bene
la mia parte. Congedatemi dunque dalla scena, amici, coi vostri applausi". Dopo la sua
morte i senatori portarono la bara sulle loro spalle per tutta Roma, prima di cremare il
cadavere nel Campo Marzio. Skuola.net
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IL TESTAMENTO
Augusto, un anno prima di morire, depositò presso le
Vestali il suo testamento, in cui designava come suoi
eredi principali la moglie Livia e il figliastro Tiberio,
come eredi secondari nipoti e pronipoti, e in ultimo, i
principali cittadini, ma solo per vanità e desiderio di
gloria.
Non dimenticò però i soldati, a cui lasciò premi in
denaro per ciascuno.
Al testamento erano allegati altri due documenti. Il
primo riguardava le disposizioni per il suo funerale; la
salma doveva passare sotto l’arco trionfale per poi
arrivare al mausoleo che lui stesso aveva cominciato a far
costruire al Campo Marzio. Sul basamento del mausoleo
doveva essere poi riprodotto il secondo documento
allegato al testamento, il “Res Gestae Divi Augusti”,
ovvero l’elenco di imprese da lui realizzate; questo
documento ricorda anche i momenti più importanti della carriera politica e militare di
Augusto: le leggi da lui promulgate e le guerre intraprese per aumentare e salvaguardare la
potenza dell’Impero. Seguono poi gli onori decretatigli a vario titolo, specificando quelli
accettati e quelli rifiutati, le sue elargizioni di beni, denaro e terre, e la sistemazione
monumentale di Roma.
IL RIORDINAMENTO DEL SENATO
Uno dei primi provvedimenti di Augusto fu quello della riforma del Senato.
Per prima cosa invitò molti a dimettersi, quindi scelse 30 senatori e diede loro il compito
di designarne altri 30 e così via fino a raggiungere il numero finale di 600 senatori.
Impose poi un nuovo regolamento finalizzato a migliorare il funzionamento del Senato:
impose ammende per le assenze non giustificate, ridusse il numero delle sedute
obbligatorie a due al mese e stabilì di trattare gli affari meno importanti con una giunta di
senatori estratti a sorte.
LA CULTURA
Per quanto riguarda la letteratura,Augusto strinse legami e amicizie con vari poeti come
Virgilio, che in suo onore compose l'Eneide, a lui grato per avergli restituito la fattoria
tolta a suo padre, Orazio e Properzio, tutti artisti presentategli da Mecenate, il loro
impresario; Augusto comprese l'importanza di lusingare e influenzare gli intellettuali del
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