Imma Ferzola
Autore
Classi speciali

A quasi cinquant’anni dall’abolizione delle classi differenziali previste dalla legge 517 del 1977, cresce il numero di docenti che guarda con favore a un ritorno alle classi o scuole speciali.

Una tendenza inattesa, emersa dalle ricerche condotte dal Centro Studi Erickson di Trento e confermata anche da altre indagini recenti.

Indice

  1. Un dato che cresce: il 27% degli insegnanti favorevole alle classi speciali
  2. Classi speciali, un modello "a tre vie" che riaffiora
  3. Le difficoltà denunciate dai docenti
  4. Un quadro nazionale disomogeneo e tecnologie insufficienti
  5. Un’inclusione ancora "fragile"

Un dato che cresce: il 27% degli insegnanti favorevole alle classi speciali

Secondo lo studio condotto dal Centro Erickson, il 27% dei docenti sarebbe, infatti, favorevole alla riapertura di scuole o classi riservate agli alunni con disabilità.

Si tratta di un aumento di dieci punti percentuali rispetto al 2023, segnale di un malessere crescente tra gli insegnanti, che dichiarano in massa di vivere con fatica un’inclusione ritenuta sempre più complessa da realizzare.

Classi speciali, un modello "a tre vie" che riaffiora

Le risposte raccolte mostrano, dunque, una diminuzione del consenso verso l’inclusione piena e un’apertura crescente verso modelli differenziati. Si parla, in particolare, del ritorno di un "modello a tre vie": scuole speciali per disabilità gravi, classi speciali nelle scuole comuni per casi di media complessità, inclusione in aula per disabilità lievi.

Il sondaggio, nelle note di commento, segnala che "si è erosa la fiducia nel valore dell’inclusione". Osservando che "quando si affrontano casi con gravi deficit cognitivi, sono in molti a chiedersi se l’inclusione sia davvero la soluzione migliore".

Le difficoltà denunciate dai docenti

Tra gli ostacoli più citati dai docenti coinvolti emergono due criticità principali: la mancanza di collaborazione tra le figure adulte (inclusi i colleghi e le famiglie), e le condizioni di gravità degli studenti stessi.

Un altro aspetto problematico riguarda, poi, le competenze professionali: le metodologie inclusive e la formazione specifica non risultano percepite come elementi decisivi per un’inclusione efficace.

E in un altro sondaggio - realizzato da 'La Tecnica della Scuola' su 1.070 partecipanti (889 docenti, 87 genitori, 9 studenti, 13 dirigenti) - quasi il 70% degli insegnanti ritiene che nelle scuole italiane "non si faccia realmente inclusione".

Le testimonianze parlano, inoltre, di carichi burocratici eccessivi, di docenti curricolari poco coinvolti nei processi inclusivi e mancanza di materiali adeguati.

Allo stesso tempo, molti insegnanti di sostegno denunciano l’assenza di formazione specifica per chi entra nel ruolo senza specializzazione, la difficoltà di reperire informazioni utili sugli alunni e le frequenti supplenze che sottraggono tempo alla relazione educativa.

Un quadro nazionale disomogeneo e tecnologie insufficienti

Sul fronte delle risorse, si fa strada un'ulteriore aggravante: solo il 36% degli insegnanti di sostegno è di ruolo e appena il 41% delle scuole dispone di ausili tecnologici adeguati a favorire una partecipazione attiva degli studenti con disabilità. Un dato che conferma la distanza tra i principi dell’inclusione scolastica e la realtà quotidiana vissuta nelle aule.

Un’inclusione ancora "fragile"

Nonostante la tradizione inclusiva che ha caratterizzato la scuola italiana dagli anni Settanta in poi, gli ultimi dati suggeriscono quindi come l’inclusione resti un obiettivo lontano dall’essere pienamente realizzato.

Lo conferma anche la presenza, ancora oggi, di scuole speciali nel sistema paritario, citate dagli esperti come possibile direzione futura se il trend attuale dovesse proseguire.

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