
Uno scenario, quello descritto dalle rilevazioni relative al primo Rapporto Bes - Benessere equo e sostenibile - abbastanza inquietante che niente ha a che fare con la modernità dei nostri tempi. Il rapporto realizzato da Istat e Cnel disegna un quadro di un Paese diviso tra il progresso e la qualità delle scuole del Nord da un lato, e dall’altro il degrado dell’istruzione che imperversa nelle regioni meridionali.
DUE LIVELLI DISTANTI - Utilizzando come termometro di qualità i dieci parametri messi a punto per la rilevazione delle caratteristiche e dello stato dell’istruzione in tutta la penisola, emerge che le scuole più sviluppate siano quelle del Trentino, del Friuli Venezia Giulia e della Valle d’Aosta.
All’altra estremità della scala, si collocano Sicilia, Sardegna e Campania. Il rapporto ha messo in evidenza il fatto che la qualità del sistema educativo è realmente molto distante tra le due estremità del nostro Paese.
L'ESEMPIO DELLA SCUOLA DEL NORD - Secondo l’applicazione dei vari criteri di giudizio di riferimento, la scuola che si piazza al vertice della buona istruzione è quella della provincia di Trento. Per quanto riguarda competenza alfabetica e numerica, il Nord si colloca senza dubbio in pole position. La percentuale dei diplomati nel 2011 si attestava al 47% nella Sicilia, Sardegna e Campania, quando la media nazionale era del 56%, sfiorando il 65% nella provincia autonoma di Trento, in Umbria, e nel Lazio.
TROPPI NEET AL SUD - Lo scenario è ribaltato, invece, per quanto riguarda il numero dei Neet, vale a dire dei giovani che non studiano e non lavorano, e degli abbandoni scolastici. Per quanto riguarda la prima realtà, la Sicilia e la Campania hanno una percentuale di presenza di Neet che si aggira intorno al 35%, mentre a Bolzano non arrivano al 10% i giovani che non sono impegnati nell’ambito dell’istruzione né del lavoro. La più alta frequenza di interruzioni del percorso scolastico, invece, predilige come ambiente fertile di abbandoni la Sardegna.
Margherita Paolini