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la scuola come un manicomio, una gabbia

Possiamo immaginare che la scuola possa essere una sfida quotidiana per gli studenti, con lati positivi ma anche positivi. Un’indagine dell’Università Guglielmo Marconi ha svelato qualcosa di più, facendo emergere più le ombre che le luci della vita da studente. 

Alla fine, quello che si percepisce oggi all'interno delle aule scolastiche pare essere un vero e proprio senso di oppressione e mancanza di futuro. Almeno così la vedono gli alunni.

La ricerca ha scelto di usare un approccio molto più "vicino" ai ragazzi, chiedendo loro di descrivere l'ambiente scolastico attraverso delle metafore. Le risposte che hanno dato sono state a dir poco scioccanti, persino per loro stessi. 

Si è scoperto che la scuola, per molti, non è un luogo di crescita e scoperta, ma piuttosto un luogo buio e opprimente, dove le regole e i vincoli sembrano soffocare la creatività e l'entusiasmo.

Indice

  1. La scuola come metafora del disagio
  2. “La prima casa dei tre porcellini”
  3. Un modello vincente: le scuole dialogiche

La scuola come metafora del disagio

L'indagine, condotta dalla sociologa Rita Fornari, ha coinvolto 150 studenti tra i 16 e i 17 anni di diverse scuole romane. La domanda rivolta agli alunni era semplice: "Se dovessi descrivere la scuola come una metafora, quale immagine useresti?". Le risposte non lasciano spazio a dubbi e dipingono un quadro allarmante

La scuola è vista, tra le varie immagini elencate, soprattutto come una gabbia, un manicomio, un purgatorio o addirittura un inferno. Sono punti di vista che richiamano alla reclusione e al senso di disagio. A un mondo fatto di vincoli e barriere.

Alcuni hanno tirato fuori addirittura "L'urlo di Munch". E c'è anche chi paragona la scuola a un tribunale, dove ogni parola e ogni azione vengono giudicate e dove un voto basso può essere un fallimento inesorabile e spietato

Quelli che, al contrario, evocano immagini più positive, come la casa o l'accademia greca, sono una minoranza. Inoltre, in questi casi si parla più che altro di "come dovrebbe essere" la scuola. Alcuni esempi? Un edificio luminoso oppure una farfalla libera. 

“La prima casa dei tre porcellini”

Tra le metafore più sorprendenti c'è anche quella che paragona la scuola alla "prima casa dei tre porcellini, quella di paglia, un luogo vecchio e fallimentare". Questa immagine, come molte altre, sottolinea la profonda crisi di identità che l'istituzione scolastica sta vivendo. 

Non è solo un problema di regole o vincoli, ma anche di percezione. La scuola non è più vista co e un tempio del sapere o un luogo di opportunità, ma una struttura fragile, destinata a crollare al primo soffio di vento. 

L’aspetto più preoccupante, però, è che il futuro sembra segnato come il presente, senza traccia di ribellione. La sociologa Rita Fornari lo ha detto chiaro e tondo: “Non sperano in un miglioramento e per me è l’indice più chiaro della crisi”. Sembra quasi che i ragazzi abbiano già perso le speranze.

Un modello vincente: le scuole dialogiche

Ma c'è una via d'uscita da questo labirinto di malessere? Gli esperti dicono di sì e la risposta non viene dall’alto, ma dal basso. Un esempio sono le scuole dialogiche, una rete che conta circa un centinaio di istituti. 

Questo modello alternativo, coordinato dall'Università di Pisa, si concentra su un approccio basato sulla comunicazione e la relazione tra tutte le parti in causa. Qui si firmano dei "patti di corresponsabilità" elaborati insieme a tutta la comunità scolastica, studenti inclusi. 

Marco Braghero, uno dei responsabili della Rete, dopo aver insegnato in Finlandia, ha fatto notare che gli studenti scandinavi, se sottoposti a un questionario simile, si definirebbero felici: “Hanno grande autonomia e vivono la scuola tutto l’anno, come una casa”.

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