
Un fatto drammatico, avvenuto ad Abbiategrasso, nell’hinterland milanese. Gli studenti e la popolazione locale sono ancora sotto choc. Considerata la sua giovane età, che cosa rischia veramente il 16enne aggressore?
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Il silenzio del ragazzo: per i medici potrebbe trattarsi di disturbo paranoide
L’aggressione ad Elisabetta Condò, insegnante di 51 anni, a un primo sguardo lascia poco spazio ai dubbi. Difficile mettere in discussione l’intenzionalità dello studente, visto che ha colpito la docente per almeno 6 volte con il coltello sottratto al padre, appassionato di caccia. Un coltello provvisto di una lama lunga 20 centimetri, che ha spedito la professoressa in ospedale: 6 ore di operazione e 35 giorni di prognosi. Il ragazzo si è anche spinto più in là: ha messo sotto scacco l’intera classe tirando fuori una pistola, che solo in un secondo momento si è rivelata ad aria compressa.Qual è stato il meccanismo che è scattato, quale il motivo che ha condotto il giovane a compiere un gesto simile? Possibile che si sia trattato solo di una nota o di un brutto voto? La risposta a queste domande rimane ancora sigillata dentro la mente del 16enne, che per il momento si è chiuso nel silenzio. Il ragazzo è stato ricoverato nel reparto di neuropsichiatria all’ospedale San Paolo di Milano, per un accertamento sul suo stato di salute mentale. Secondo i medici che lo hanno visitato potrebbe soffrire di un disturbo paranoide.
Cosa rischia il 16enne
Come fa sapere il ‘Corriere della Sera’, la pena cui andrà incontro il giovane dipende innanzitutto dalla “messa a fuoco della sua personalità”. Il processo ai danni dei minori, infatti, si fonda su un’attenta valutazione del caso singolo. Ricordiamo infatti che l’imputabilità è sempre esclusa al di sotto dei 14 anni e sempre presunta al di sopra dei 18. Questo vuol dire che esiste una sorta di “zona di penombra”, che va appunto dai 14 ai 18, per cui non è possibile una generalizzazione: il processo prevede infatti un’analisi ad hoc, caso per caso, per accertare la capacità di intendere e di volere del ragazzo o della ragazza in questione. La diagnosi di disturbi mentali, come fa sapere il ‘Corriere della Sera’, comporterebbe “non luogo a procedere” e la presa in custodia da parte di comunità terapeutiche educative, le quali però hanno spesso liste di attesa che si allungano per mesi.In definitiva, il ragazzo rischia tre ordini di pena, che dipendono dalla gravosità che verrà imputata al suo gesto: permanenza a casa, collocamento in comunità, carcere minorile.
Stando a quanto riportato dal ‘Corriere’, l’ipotesi avanzata di tentato omicidio aggravato renderebbe “impraticabili l’«irrilevanza del fatto» (tenuità di reato, condotta occasionale, danni al minore dal processo), o il «perdono giudiziale» in cui il giudice, per pene sotto i 2 anni, presume che il minore si asterrà dal commettere altri reati. Possibile invece la «messa alla prova», sospensione del processo al massimo per 3 anni, subordinata a che il minore (magari collocato in comunità) segua un progetto educativo dei servizi sociali anche per riparare le conseguenze del reato arrecate alla persona aggredita. Il processo, se la prova ha esito positivo, è estinto; altrimenti riprende e a va a sentenza”.