
Perché quando ci guardiamo allo specchio non sempre vediamo ciò che realmente siamo: persone complesse, composte da mille sfumature, dettagli, pensieri e talenti… in una parola, uniche. Spesso,invece, rimaniamo intrappolati tra insicurezze e pregiudizi che, purtroppo, riflettono quello che siamo abituati ad ascoltare in famiglia, tra gli amici o anche in televisione o sul web.
I tuoi occhi sono quindi condizionati dallo sguardo di un mondo - quello in cui viviamo oggi - in cui vige un culto dell’immagine che ci vuole tutti simili, adeguati a un ideale di “perfezione” che, in realtà, quasi nessuno raggiunge. Ma rinunceresti davvero a chi sei veramente per inseguire un ideale di corpo perfetto che, forse, neanche esiste davvero?
Puoi capirlo insieme a noi nel prossimo appuntamento con “A Luci Accese”, l’iniziativa di Durex per portare l'educazione alla sessualità tra i giovani nel modo più semplice e diretto possibile, utile anche a fare luce sui dubbi e le domande più comuni tra i ragazzi, che troppe volte rimangono senza risposta.
Ci vuole un fisico bestiale… oppure no?
Negli scorsi mesi abbiamo già affrontato l’argomento dell’uso corretto del preservativo, quello dell’importanza di comunicare adeguatamente riguardo al sesso, e il tema non meno importante della prima volta, “fisica” o “virtuale” . Nel quartoTalk della stagione, come detto, andremo ad analizzare proprio le questioni relative al rapporto con il corpo e l’eventuale ruolo dei social network (e, più in generale, i media).Elisabetta Todaro, Psicoterapeuta e Sessuologa clinica dell’Istituto di Sessuologia, e Rocco Falconeri, Psicoterapeuta, ci spiegheranno in che modo ci si può invece liberare da certi stereotipi e imparare a piacersi per come si è, riuscendo anche ad avere relazioni più sane e belle. Con il loro supporto, a partire dalle domande poste da Niko e Noemi, i nostri volti social, faremo chiarezza sui dubbi frequenti sull’oggetto della puntata.
Se sei un tipo o una tipa da highlights, abbiamo preparato per te un estratto dei principali argomenti trattati dai nostri esperti:
- Tu non sei come “loro”... e va bene così
- Come riusciamo davvero ad accettarci per come siamo?
- La ricerca della perfezione compromette il rapporto con la nostra sessualità
- Evadere dagli stereotipi: capire chi siamo e cosa ci piace
- Non lasciare che siano gli altri a definirti
- Accettazione e integrazione: due lati della stessa medaglia
Tu non sei come “loro”... e va bene così
Ogni giorno nel nostro feed appaiono le immagini semi-divine che gli idoli del web pubblicano sui social: fisici scolpiti, lineamenti angelici e outfit da urlo. Spesso sono create ad hoc con programmi di fotoritocco. Ma questo dettaglio non è sempre esplicito e può dare origine a un problema serio per molti ragazzi e ragazze che si confrontano con questi modelli. Tanto da avere un’influenza non indifferente non solo sul loro benessere psicologico, ma anche sessuale.
Infatti sono numerosi i condizionamenti che una cultura eccessivamente legata all’apparenza può creare nel vivere la sessualità e le relazioni. Occorre quindi guardare positivamente le nostre peculiarità e “diversità” rispetto ai modelli, anche per quanto riguarda l’identità sessuale. Solo in questo modo ci si potrà scrollare di dosso il senso di “non essere mai abbastanza” e si riuscirà a brillare.
“Per fare luce su queste perplessità, - spiega Rocco Falconeri - dobbiamo partire dal concetto di immagine corporea che è una delle componenti fondamentali dell’identità di ogni persona. Essa corrisponde all’immagine del corpo che si crea nella mente, al modo in cui pensiamo, rappresentiamo, sentiamo, percepiamo e ci comportiamo nei confronti del nostro corpo. Si forma e si modella durante la nostra crescita ed è funzione dell’ambiente e della cultura in cui si vive”.
Eh sì, perché un’immagine stereotipata non riguarda solamente i lineamenti del viso o le forme del corpo. Se è già pericoloso, per chi non si riconosce in essi, che la società in cui viviamo definisca quali siano i canoni estetici “di successo”, ancora più dannosa è, forse, la rigidità per quanto riguarda altri aspetti della persona.
Ad esempio, il modo in cui si veste, il modo in cui si “sente” o il tipo di individuo in cui ci si riconosce. Tanti giovani di entrambi i sessi, in particolare, non si identificano nella classificazione binaria dei generi. E attraverso modi di fare, abbigliamento e altre forme di espressione di sé, manifestano ciò che sono, anche se risultano distanti dai cliché. Oppure, al contrario, si nascondono, per evitare di “dare troppo nell’occhio” e, magari, essere presi di mira per il loro modo di essere. Slegarsi dal giudizio non potrà che essere il primo passo verso un rapporto più sano con sé stessi e una vita più felice.
Come riusciamo davvero ad accettarci per come siamo?
Nonostante la consapevolezza di noi stessi siamo sempre alla ricerca di un metro di confronto con cui misurarci. Il confronto costante con gli altri nella realtà - e ora anche sui social media - è una prerogativa degli esseri umani. Ma è quando sviluppiamo un’immagine distorta di noi stessi, perché non in linea con le nostre aspettative, che suona l’allarme. Secondo Rocco Falconieri “se da un lato la spinta a seguire stereotipi esterni può essere negativa, dall’altro il confronto con un’immagine irrealistica di se stessi può produrre, nei casi più estremi effetti ancora più negativi come, per esempio, l’insorgenza di disturbi alimentari oppure quella che viene chiamata dismorfia da Snapchat ossia il ricorso all’uso della chirurgia plastica per assomigliare sempre più alle proprie foto realizzate con l’uso dei filtri”.
E sono proprio i filtri ad alienare l’individuo da quella che è la realtà. Succede soprattutto nei giovani: i più sensibili agli attuali canoni estetici promossi nell’era social. “Così, quello che succede è che invece di confrontarsi solo con i corpi e i volti degli influencers e/o delle immagini pubblicitarie o fornite in generale dai mass media, adesso c’è la possibilità di farlo anche con le proprie immagini filtrate, sviluppando nei casi più estremi una sorta di ossessione di assomigliare a se stessi”. Il paradosso qui è che l’imitazione e il confronto sono alla base dell’apprendimento umano. Solo rapportandoci agli altri siamo in grado di imparare: “Si impara, quindi, anche a capire cosa bisogna fare o come bisogna essere per piacere, compiacere, ottenere approvazione e riconoscimento; per essere amati e la soddisfazione del bisogno d’amore è ciò verso cui ogni essere umano tende”.
La ricerca della perfezione compromette il rapporto con la nostra sessualità
Non è però sempre facile fare i conti con sé stessi, e per molti l’aspetto estetico è un vero e proprio tarlo. Non sorprende visti i continui stimoli visivi cui siamo sottoposti, soprattutto sui social media dove la perfezione si traduce in fisici scolpiti e statuari. Possiamo chiamarli “schemi” o “etichette””: rimane il fatto che esistono e influenzano gran parte della vita dei giovani dal punto di vista emotivo e sessuale, come spiega la Elisabetta Todaro: “Possono condizionare molto spesso! Non solo nel fermarci a decidere se pubblicare o meno un contenuto, ma anche nel valutare i commenti e il gradimento che quel contenuto riceverà. Sulla base dei feedback che riceviamo e di ciò che proviamo nel riceverli, sviluppiamo delle credenze (del tipo: se mostro il mio corpo, invece che solo qualcosa che sto facendo, verrò visto/apprezzato di più)”.
Proprio così, perché in fin dei conti la pubblicazione di un qualunque contenuto ha sempre, alla base, l'obiettivo di ricevere un feedback positivo, o che comunque incontri le nostre aspettative. Lo spasmodico desiderio di piacere agli altri rischia però di produrre l’effetto contrario: “Quello in cui veniamo più condizionati è l’idea di pensare sempre a come veniamo visti dall’altro, a cosa penserà di noi, invece che stare su noi stessi, su quanto ci piace quello che stiamo facendo, su quanto lo facciamo per noi. Questo lo apprendiamo dall’uso dei social e rischiamo di portarcelo dietro anche nelle esperienze sessuali. Ricordiamo, invece, che è più importante confrontarci con noi stessi, che con gli stereotipi che vediamo sui social e nella sessualità”.
Evadere dagli stereotipi: capire chi siamo e cosa ci piace
Il confronto con se stessi è tuttavia un processo lungo e complicato, nella maggior parte dei casi ostacolato dai condizionamenti esterni, come appunto quelli derivanti dai social media. Cosa fare allora: intraprendere uno stile di vita ascetico e ritirarsi dalla società? La risposta, secondo Elisabetta Todaro, è invece accettazione e convivenza. “Arriva un momento, però, che dobbiamo accorgerci che ciò che conta per noi, chi ci piace essere, come ci piace esprimerci deve essere oggetto di personalizzazione. Questo è l’unico modo per venire fuori. Solo questo ci consentirà davvero di essere ‘visti’ da noi stessi, ma anche dagli altri, non omologandoci”. Quindi accettazione del fatto che è inevitabile essere condizionati dai social, e in generale dagli stimoli esterni, ma allo stesso tempo trovare un compromesso e cercare di capire come liberarsi degli stereotipi.
Non lasciare che siano gli altri a definirti
C’è anche chi non si ritrova in alcuno stereotipo social, come i molti ragazzi che non si riconoscono nella classificazione binaria dei generi. Chi si trova in questa condizione è spesso spaesato sui social media, dove trova degli stereotipi estetici di genere molto lontani dalla sua situazione. Ma è proprio questa “diversità” a rappresentare un punto di svolta chiave: “Un suggerimento può essere proprio quello di provare a raccontarsi attraverso i social, non tanto per metterci nella posizione di ‘educare’ gli altri al non binarismo, ma per non rinunciare al piacere di essere se stessi e potersi affermare. Diversi influencer, tra l’altro, lo stanno già facendo. Ecco, che sia per i ragazzi una cosa da fare per sé, il piacere di vedersi, più che di farsi vedere” spiega Elisabetta Todaro.
“Vincere la paura del giudizio, del rifiuto, dell’abbandono, del disprezzo, dell’umiliazione, di essere vittima di bullismo o di cyberbullismo è una sfida molto grande per chi non si riconosce nella definizione binaria dei generi. La sfida diventa tanto più difficile quanto più è forte la spinta eteronormativa della società in cui si vive che divide le persone solo in maschi o femmine” sottolinea Rocco Falconieri. Lo psicoterapeuta ricorda inoltre come la sfida più grande sia quella di conoscersi e accettarsi per come si è. Non è semplice ma si tratta di un primo passo non solo per autodefinirsi, ma anche per scrollarsi di dosso i giudizi esterni.
Accettazione e integrazione: due lati della stessa medaglia
Così facendo, in un certo senso, si prende parte al processo evolutivo della società: “Ciò a cui assistiamo, infatti, in quelle società che si allontanano sempre più dal modello eteronormativo, è una progressiva naturale integrazione, all’interno del proprio tessuto sociale, del non-binarismo fino ad aver coniato un terzo pronome, da usare nel linguaggio corrente e nella parola scritta, che definisce meglio il loro genere di appartenenza”.
La parola chiave è rispetto. Rispettare ciò che si è, assecondare sé stessi e trovare così la propria dimensione nel mondo e nella società. In fondo è stata proprio questa la storia dell’umanità negli ultimi secoli: “L’integrazione del non-binarismo, dal mio punto di vista, è uno dei segnali dello sviluppo evolutivo e civile di una società, allo stesso modo in cui lo sono le questioni razziali ed etniche, la condizione femminile, omosessuale, bisessuale, transessuale solo per fare alcuni esempi: man mano che una società cresce ed evolve, non solo tecnologicamente ma anche emotivamente e psicologicamente, si assiste ad una naturalizzazione progressiva dell’essere umano qualunque sia l’espressione e la manifestazione di sé. E’ questo che ci caratterizza come specie: la nostra preziosa e poliedrica unicità. Essere quello che siamo”.
Corpo perfetto, vuoi saperne di più? Guarda il video completo
Come abbiamo visto insieme ai nostri esperti la ricerca della perfezione, e dei canoniestetici imposti dai social media, rischia di allontanarci dal nostro vero “IO”.Abbiamo anche imparato che dovremmo essere i giudici di noi stessi, senza lasciarci condizionare dai pareri esterni.
Ma lo spunto più interessante è senz’altro il procedimento induttivo con cui si sviluppano le società moderne: dall'autodefinizione del proprio “IO” si arriva all’accettazione da parte della società e al progresso della stessa. Per approfondire, guarda il Talk per intero: lo troverai qui di seguito.
“A Luci Accese” SexEd Talk: stagione 1
Il quarto Talk di “A Luce Accese” è anche l’ultimo della stagione della serie dedicata ai temi della sessualità, e anche per questo è assolutamente vietato perderselo!Anche questa puntata sarà, come le altre, accompagnata da pillole video per avere immediatamente una sintesi dei contenuti più importanti: la potrai trovare sui nostri canali social e qui su Skuola.net. Inoltre, se vuoi recuperare i talk già online, qui trovi la lista completa: clicca sul link di seguito per vedere quello che ti interessa!