
Cosa si intende per
identità sessuale? Come distinguere tra
orientamento sessuale e identità di genere? È vero che le cose possono cambiare nel corso della vita rispetto a queste tematiche?
In questo articolo troverai la risposta a questo e molto altro, per poter fare finalmente chiarezza su argomenti dei quali si parla tanto, ma non sempre nel modo più corretto e inclusivo.
Perché parlarne va bene, ma è importante, prima di tutto, conoscere le espressioni migliori per farlo!
Che cos’è l’identità sessuale?
Per
identità sessuale si intende un complesso di fattori che, nella loro interazione reciproca, danno come risultato la modalità in cui ciascuno si percepisce e si esprime dal punto di vista sessuale. Cominciare parlando dell’
identità sessuale ci permette, quindi, di evidenziare un aspetto fondamentale quando si parla di sesso, ovvero che esso non coincide affatto con il comportamento sessuale (cosa facciamo, le pratiche che mettiamo in campo e con chi), ma con la nostra personalità, con il nostro stile e con ciò che sentiamo più autentico di noi stessi. Ecco quindi i
quattro fattori fondamentali che insieme compongono il concetto di identità sessuale:
La prima di queste componenti è il sesso biologico, ovvero quello assegnato alla nascita sulla base della valutazione dei fattori cromosomici, anatomo-funzionali e ormonali che portano a dire “è maschio” oppure “è femmina”… oppure? Ecco, c’è da aggiungere che non nel 100% dei casi è possibile assegnare in modo certo un sesso, ed in queste circostanze ci troviamo nell’ “intersessualità”, ovvero quelle in cui i cromosomi sessuali, l’aspetto dei genitali esterni e/o degli organi sessuali interni non permette di assegnare con certezza assoluta un’etichetta ben distinta. In questi casi, sono molte le diverse sfaccettature da tenere in considerazione: dall’intervenire medicalmente per “incoraggiare” la strada del maschile o del femminile, all’attendere che alcuni aspetti si definiscano meglio con lo sviluppo, per poter decidere in seguito.
Un secondo aspetto è quello dell’identità di genere, ovvero la percezione soggettiva della propria appartenenza al genere maschile o femminile, basata sul fatto che non sia tanto l’aspetto corporeo, quanto il vissuto del singolo individuo ad avere importanza nel definirla; in questo processo è possibile percepirsi più o meno vicino al sesso biologicamente assegnato. Nel caso in cui la persona si percepisca vicina si parla di individuo cisgender, mentre nel caso opposto, quindi quello di una distanza tra il vissuto e l’assegnazione biologica, di transgender. In questo secondo caso, si apre un ventaglio di opzioni, che ciascuno può selezionare sulla base di quella che meglio si adatta alle proprie esigenze: è possibile, infatti, che una persona transgender abbia il desiderio di avvicinare il proprio aspetto esteriore al suo sentire, esclusivamente tramite l’estetica; oppure che desideri intervenire esclusivamente su alcuni aspetti (come, ad esempio, la rimozione del seno o l’impianto di protesi) e non su altri (sui genitali esterni); è possibile, ancora, che una persona senta di voler adeguare interamente la propria immagine corporea, e quindi intraprendere un percorso più complesso su diversi livelli (ormonale e chirurgico). Per quanto riguarda i cisgender, in realtà, le cose non sono meno interessanti, anche se spesso del tutto date per scontate! Nel senso comune si tende a pensare, infatti, che un cisgender (così come un eterosessuale, soprattutto se maschio!) non debba “intervenire” granché sulla sua percezione di mascolinità/femminilità: in realtà non è così! Esistono mille modi di essere maschi, così come di essere femmine ed è altrettanto significativo il percorso di “costruzione” del proprio stile e della propria espressione che ciascuno fa con se stesso.
Proprio a tal proposito, introduciamo il terzo punto, quello del ruolo di genere, ovvero l’insieme delle caratteristiche che un determinato contesto culturale in una certa epoca storica tende ad assegnare al femminile e al maschile. A questo punto è interessante sottolineare che le persone non-binary (ovvero quelle che non sentono di riconoscersi nell’appartenenza definita e pre-determinata culturalmente ad un solo genere) costituiscono un esempio di come sia possibile approfondire il proprio vissuto sull’identità di genere ed esprimerlo con modalità che non necessariamente coincidano con gli stereotipi prescritti dal ruolo di genere.
Ultima componente dell’identità sessuale è l’orientamento sessuale, che definisce l’attrazione emozionale, erotica e/o sentimentale che una persona prova nei confronti di persone dello stesso sesso (omosessuale), del sesso opposto (eterosessuale) di entrambi i sessi (bisessuale) di una persona a prescindere dal suo genere o dal suo sesso biologico (pansessuale) o di nessuna delle precedenti opzioni (asessuale).
Fluidità: cosa significa in riferimento alla propria sessualità e identità
La cultura
queer ha permesso di far venire a galla molte delle definizioni che abbiamo discusso sino ad ora, proprio grazie alla possibilità di avere voce dal punto di vista dell’espressione e dei diritti sociali a tutti i coloro che non venivano rappresentanti dall’eteronormatività (ovvero dalla cultura che riconosceva diritti e “normalità” esclusivamente agli eterosessuali); nella prospettiva queer perde di importanza l’uso delle etichette legate al genere, al sesso biologico e all’orientamento, per lasciare spazio al riconoscimento che ciascuno sente di dare di se stesso in merito alla sua sessualità.
A proposito dell’ascolto di sé, il concetto di “
fluidità” ci permette di chiarire che le componenti dell’identità sessuale e dell’orientamento sessuale non sono “instabili” nella vita di una persona, ma che la sperimentazione sessuale può avvenire come una scoperta libera da etichette e compartimenti stagni, soprattutto in adolescenza. Molte storie che possiamo aver sentito su persone che in età adulta hanno “cambiato” partner o sesso sono da ascoltare anche in riferimento al fatto che nella nostra società il modello eterosessuale e cisgender (oltre che maschile!) viene descritto come vincente e migliore degli altri, influenzando negativamente l’espressione e la scoperta di sé. E’ importante, quindi, darsi tempo, lavorare sul non giudizio (altrui, ma soprattutto quello interiore), confrontarsi con chi può comprendere e non pensare che la salute di una persona provenga dalla sua capacità di entrare in contenitori preconfezionati dalla famiglia o dalla società.
Elisabetta Todaro, Psicologa, Psicoterapeuta e Psicologa Clinica