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telescopio james webb nettuno
In foto: Nettuno visto dal Fonte: James Webb Space Telescope. NASA, ESA, CSA

Continuano ad arrivare foto spaziali - in tutti i sensi - immortalate dal James Webb Space Telescope, il più grande telescopio mai inviato nello spazio. Questa volta al centro degli scatti vi è il pianeta Nettuno, ripreso con il maggiore livello di dettaglio mai realizzato negli ultimi 30 anni.
L’immagine in questione è in grado di mostrare distintamente gli anelli intorno al corpo celeste e le caratteristiche dell'atmosfera gelida che lo avvolge, con le nubi più alte a -200 °C.

Il James Webb Telescope alla scoperta di Nettuno

L'ottavo e più lontano pianeta del Sistema solare partendo dal Sole, Nettuno ha 17 volte la massa della Terra ed è uno dei cosiddetti "giganti ghiacciati”.

Nell’immagine del JWST Nettuno non appare però blu come ce lo aspetteremmo e come siamo abituati a vederlo e immaginarlo. Questo perché il telescopio ottiene le proprie osservazioni nell’infrarosso, la parte della radiazione elettromagnetica che non riusciamo a vedere perché ha una frequenza inferiore a quella della luce visibile. E dunque, è proprio l’infrarosso a consentire di cogliere meglio dettagli e differenze che altrimenti ci sarebbero invisibili, come le caratteristiche dell’atmosfera di Nettuno.

Inoltre, Nettuno si trova nella parte più remota del sistema solare e riceve pochissima luce, in quanto è lontano dal Sole circa trenta volte la distanza media della Terra dal Sole. Nell’immagine del JWST sono ben visibili le nubi di metano ghiacciato negli strati più esterni dell’atmosfera, giustificate in parte anche dalla lontananza con la stella, e che appaiono molto più chiare rispetto al resto proprio perché riflettono la luce solare.

È visibile anche una tenue linea più chiara lungo il suo l’equatore, indizio delle correnti atmosferiche che sferzano Nettuno, infatti il pianeta possiede i venti più forti di ogni altro suo simile nel Sistema Solare. Nella fascia equatoriale, l’atmosfera è relativamente più calda e appare quindi più luminosa rispetto a quanto avviene in altre aree del pianeta. In prossimità del polo nord è visibile un bagliore, così come nell’area del polo sud, dove si concentra un vortice atmosferico noto da tempo.

Il telescopio, osservando e fotografando, invia i dati sulla luminosità e la luce colta dai propri sensori allo Space Telescope Science Institute (STScI), che ne effettua una prima elaborazione e al contempo fornendo file che possono poi essere utilizzati dagli astronomi per i loro studi e le loro analisi. Gli oggetti spaziali possono essere osservati all’infrarosso utilizzando diversi filtri, tarati per cogliere specifiche lunghezze d’onda. Così facendo, si può prendere la radiazione da una parte dello spettro che i nostri occhi non possono vedere e spostarla nella parte a noi visibile.

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