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uomo e intelligenza artificiale

Siamo sempre più inclini a chiedere un consiglio a Google o a farci scrivere un tema da ChatGPT piuttosto che vedercela da soli. Ma cosa succede al nostro cervello quando lo lasciamo in panchina e facciamo giocare sul campo della vita reale solo l’intelligenza artificiale?

Un nuovo studio del MIT Media Lab prova a rispondere a questa domanda. I risultati? Sorprendenti e un po’ inquietanti.

Indice

  1. Cervello VS IA
  2. Che parte del cervello stai usando adesso?
  3. Tutti uguali, tutti smemorati
  4. La quarta sessione: quando finisce la corrente

Cervello VS IA

Guidato da Natalia Kosmyna, il team di ricerca del MIT, ha misurato con precisione le reazioni del cervello umano mentre scriveva con, o senza, l’aiuto dell’AI. Il titolo dello studio è già un campanello d’allarme: "Il tuo cervello e ChatGPT: accumulazione di debito cognitivo nell’usare un assistente di intelligenza artificiale per compiti di scrittura".

L'esperimento ha coinvolto 54 volontari, divisi in tre gruppi:

  • Brain-only: niente internet, niente schermo, con a disposizione solo il proprio cervello;
  • Google group, potevano cercare informazioni online;
  • ChatGPT group, con accesso a GPT-4o di OpenAI.

Tutti hanno dovuto scrivere tre brevi testi su temi predefiniti, per tre sessioni distribuite nell’arco di un trimestre. E, durante la scrittura, avevano la testa collegata a un’elettroencefalografia.

Risultato? le menti lavorano meno quando si appoggiano all’AI.

Che parte del cervello stai usando adesso?

A seconda del gruppo, si sono attivate aree diverse del cervello: Chi scriveva da solo ha stimolato le regioni responsabili dell’ideazione creativa, dell'integrazione dei significati e dell'auto-monitoraggio.

Chi usava Google ha usato soprattutto la corteccia visiva: l’informazione veniva guardata e poi “assemblata”.

Chi usava ChatGPT ha acceso le zone del cervello legate alle funzioni meccaniche. In pratica, l’AI ci fa lavorare in modalità pilota automatico.

Tutti uguali, tutti smemorati

Ma il problema non è solo cerebrale, è anche culturale e identitario. I testi del gruppo “Brain-only” erano variegati, personali, originali. Quelli del gruppo ChatGPT, invece, erano tutti molto simili tra loro, conformi, uniformi, spersonalizzati.

E c’è di più: i numeri dello studio dimostrano che, nell’83% dei casi, chi aveva lavorato con ChatGPT ha poi avuto difficoltà nel citare frasi dai propri stessi testi già pochi minuti dopo averli consegnati.

Come se già non si riconoscessero più nel lavoro che avevano “scritto”. Come se il contenuto fosse passato dall’occhio alla tastiera senza toccare il cervello.

La quarta sessione: quando finisce la corrente

Nella parte finale dell’esperimento, i ruoli si sono invertiti. Il gruppo che aveva sempre usato ChatGPT ha dovuto scrivere senza supporti. Il gruppo che aveva lavorato solo con il proprio cervello ha potuto finalmente usare l’AI. Il risultato è stato che chi si era abituato alla comodità della macchina si è ritrovato impreparatospaesatocon il cervello “fuori forma”: debito cognitivo, così viene definito dall'ideatrice della ricerca lo definisce Kosmyna.

Un concetto potente: la mente è come un muscolo, se non allenata non regge più il peso del pensiero autonomo.

Data pubblicazione 23 Giugno 2025, Ore 14:52 Data aggiornamento 23 Giugno 2025, Ore 16:55
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