
Ogni giorno inviamo decine, a volte centinaia, di messaggi su WhatsApp, come fosse la cosa più naturale del mondo. Ma dietro la facilità con cui scorrono le nostre conversazioni si nasconde una domanda tutt’altro che banale: quei messaggi sono davvero al sicuro? E ancora: qualcuno potrebbe leggerli?
La risposta non è così scontata.
Perché se da un lato le app ci promettono protezione, dall’altro la tecnologia – si sa – può presentare un certo grado di vulnerabilità.A fare chiarezza è Ivano Gabrielli, Direttore della Polizia Postale e per la Sicurezza Cibernetica, ospite della nuova puntata di Like a Pro(f), il format di Skuola.net che porta tra i banchi digitali gli esperti del mondo reale. Obiettivo: aiutare gli studenti a districarsi tra le grandi domande del presente con le parole di chi, su quei temi, ci lavora tutti i giorni. E se parliamo di sicurezza online, chi meglio della Polizia Postale?
@skuolanet Le conversazioni che fai su WhatsApp e Telegram, sono davvero segrete? Noi lo abbiamo chiesto a Ivano Gabrielli, direttore del Servizio Polizia Postale, la persona migliore a cui chiedere! truffe poliziapostale whatsapp telegram chatbot security cybersecurity
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Indice
Cosa significa crittografia end-to-end?
La prima cosa da sapere è che WhatsApp – come anche Telegram, Signal e persino Messenger – utilizza un sistema chiamato crittografia end-to-end. Ma che cos’è, in pratica?
A spiegarlo è proprio Gabrielli: “Significa che il messaggio esce dal mio apparato e raggiunge un altro apparato in maniera cifrata. Io e il mio destinatario ci scambiamo una chiave e in base a quello scambio riusciamo a decifrare il nostro messaggio”.
In parole semplici: quando scrivi un messaggio, questo viene trasformato in un codice illeggibile durante il viaggio tra il tuo telefono e quello del destinatario. Solo chi ha la “chiave giusta” può decifrarlo. Nessun altro – nemmeno l’app stessa – dovrebbe essere in grado di leggere il contenuto.
Messaggi inviolabili? Non sempre
Sembra tutto perfetto, e in effetti è un sistema molto sicuro. Ma non infallibile. Perché, come ricorda Gabrielli, anche i protocolli più robusti possono avere dei punti deboli: “Esiste la possibilità che qualcuno trovi e scopra una vulnerabilità nel protocollo di comunicazione”.
In pratica, anche se la comunicazione è cifrata, può succedere che un hacker scopra un buco nel sistema e lo usi per spiare le chat o, peggio, infettare il dispositivo con un malware, come un trojan. Ed è proprio quello che è accaduto nel caso Paragon, citato da Gabrielli.
Quindi: dobbiamo preoccuparci?
Più che preoccuparsi, bisogna essere consapevoli. Nessun sistema è immune al 100%, ma questo non significa che tutto sia insicuro. La crittografia end-to-end resta una delle tecnologie più avanzate per proteggere la nostra privacy digitale. Ma dobbiamo ricordarci che la sicurezza non è solo una questione tecnica: dipende anche da come usiamo le app, da quali link clicchiamo, da quali file scarichiamo.
Insomma, la privacy parte anche da noi. E sapere come funzionano davvero le piattaforme è già un ottimo primo passo.