
Tre anni fa è arrivato ChatGPT e ha cambiato il nostro modo di fare domande, scrivere testi e, in generale, di "lavorare" in sinergia con la tecnologia. Ora, dopo che l'IA è ormai entrata in pianta stabile nelle nostre vite, uno studio del National Bureau of Economic Research (NBER) insieme a OpenAI, Duke e Harvard è andato ad analizzare - attraverso l'osservazione (anonima) di 1,5 milioni di conversazioni - come il chatbot più famoso del mondo viene usato oggi.
I dati numerici ci dicono che negli ultimi anni siamo passati in media dai 451 milioni di messaggi al giorno agli oltre 2,6 miliardi, e soprattutto la piattaforma ha visto un utilizzo sempre più democratico: non solo studenti o professionisti tech, ma persone di ogni età, genere e Paese e per i motivi più disaparati.
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Un’IA per tutti
OpenAI, società che ha sviluppato ChatGPT, spinge forte sul concetto: è una tecnologia che non appartiene a pochi privilegiati ma è aperta a tutti.
Non a caso sulla piattaforma web si legge come sia una tecnologia a disposizione delle persone per sbloccare il loro potenziale e plasmare il proprio futuro. E i dati lo confermano: la crescita è stata più alta anche nei Paesi a reddito medio-basso, con una crescita, in tempi recenti, di più di 4 volte rispetto a quelli ricchi).
Chi sta chattando
Ma non è il solo cambio netto rispetto agli esordi del servizio: ad esempio, se nel 2024 le utenti donne erano circa il 37%, oggi siamo al 52%. Dimostrando come ChatGPT stia diventando davvero inclusivo.
I più attivi? Gli under 26. Ma cresce anche chi lo usa per lavoro, soprattutto tra i laureati e tra le persone che svolgono professioni ben pagate.
Dal lavoro alla vita quotidiana
La crescita, in ogni caso, è stata esponenziale su tutta la linea. Basti pensare che, un anno fa, l’uso “personale” di questo tipo di intelligenza artificiale era al 53%; ora siamo al 73%. Tradotto: la gente usa ChatGPT più per cose di tutti i giorni che per questioni di lavoro.
Tre conversazioni su quattro più intercettate sulla piattaforma riguardano, infatti:
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indicazioni pratiche (dal fitness alle ricette);
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ricerca di info;
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scrittura (soprattutto correzioni di testi già pronti).
La scrittura resta, dunque, centrale. Soprattutto in ambito professionale: è alla base di oltre il 40% dei messaggi "lavorativi". Ma non è più la regina assoluta: in un anno è scesa dal 36% al 24%.
Asking, Doing, Expressing
I ricercatori hanno diviso, poi, le interazioni in tre grandi categorie:
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Asking (Chiedere) → Sono il 49% delle interazioni: domande, dubbi, consigli. ChatGPT è sempre più visto come un consulente personale.
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Doing (Fare) → Rappresentrano il 40% delle conversazioni: scrivere, pianificare, programmare. Un terzo di queste sono legate al lavoro.
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Expressing (Esprimersi) → Alla base dell'11% delle richieste: riflessioni, pensieri personali, gioco.
Di cosa parliamo
Le conversazioni, più in generale, si dividono in 7 macro-temi. I top 3?
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Practical Guidance (29%) → Consigli pratici e creativi.
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Seeking Information (24%) → Ricerche che vanno dall’attualità allo shopping.
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Writing (24%) → Testi e documenti da sistemare o creare.
Fun fact: la ricerca di info è quasi raddoppiata, passando dal 14% al 24%. Segno che ChatGPT sta diventando una vera alternativa a Google. E il coding? Occupa solo il 4,2% delle chat. Ma ha senso: chi programma seriamente ormai lo fa via API o agenti autonomi, non direttamente dentro la chat.