10 min lettura
storia regeniA distanza di sette anni dalla scomparsa di Giulio Regeni qualcosa finalmente comincia a muoversi. Era il 3 febbraio 2016 quando il corpo senza vita del giovane ricercatore venne ritrovato in Egitto, lungo la superstrada che collega il Cairo e Giza. Fu l'inizio di un caso internazionale che ancora oggi tiene banco e che non trova ancora verità.
fonte foto: via Agi.it

La Procura di Roma già sette anni fa lanciava pesanti accuse verso l'apparato egiziano: la pista più solida, infatti, è quella che vede il ricercatore finire nella rete di quattro 007 egiziani che, dopo nove giorni di violenze e torture, lo uccisero a sangue freddo. Proprio sui presunti quattro aguzzini si è in queste ore pronunciata la Corte Costituzionale che ha dato il via libera al processo. Cerchiamo allora di ricostruire quei giorni per arrivare fino alla svolta delle ultime ore.

La scomparsa, la morte e i depistaggi

Il 25 gennaio 2016 Giulio Regeni, 28enne ricercatore che si trovava in Egitto per un dottorato di ricerca, scompare a una fermata della metropolitana nei pressi di Piazza Tahir. Nove giorni dopo, il suo cadavere – con evidenti segni di percosse e torture – viene ritrovato seminudo sul ciglio della superstrada. L'inchiesta parte subito ma già nei primi momenti appare chiara la volontà di insabbiare il caso. Italia ed Egitto, infatti, aprono due indagini parallele. Ma dalla città egiziana iniziano ad arrivare i primi depistaggi: dall’incidente all’omicidio passionale, fino allo spaccio di droga. Sono gli inverosimili moventi che il Cairo prova ad affibbiare al caso del ricercatore torturato.

Poi una sera, il 24 marzo 2016, la soffiata che porta all’uccisione di cinque presunti sospettati dell’omicidio Regeni. A casa di uno dei cinque, morti in un conflitto a fuoco con la polizia, viene ritrovato il passaporto di Giulio, ma le indagini successive verificheranno che a portare lì il documento è stato un agente della National security, i servizi segreti civili egiziani. Ed è qui che si apre un'altra pista: secondo gli 007 egiziani Giulio Regeni era una spia. In realtà, poco tempo più tardi, emerse che a venderlo ai servizi segreti civili era stato il capo degli ambulanti, Muhammad Abdallah, con cui il ricercatore era venuto in contatto per i suoi studi.

La svolta nelle indagini, i rapporti diplomatici e la famiglia in attesa della verità

Da qui in poi i Pm e la famiglia Regeni si troveranno di fronte un vero e proprio 'muro di gomma' per utilizzare un'espressione tornata in auge di questi tempi. Le autorità egiziane si mostrano reticenti a collaborare, fornendo agli investigatori scarso materiale probatorio, omettendo gli indirizzi degli 007 e, talvolta, manipolando le indagini: ad oggi, per fare un esempio, è impossibile recuperare i nastri delle telecamere di videosorveglianza della stazione metro dove Regeni è scomparso. Nel dicembre 2018 arrivò poi la prima vera svolta nelle indagini. La Procura di Roma, iscrive nel registro degli indagati il nome di cinque militari egiziani ritenuti responsabili del sequestro di Regeni: oltre questo, però, i Pm non possono andare. Spetta infatti alla diplomazia e alla politica chiedere alla procura del Cairo di perseguire in patria gli assassini di Giulio.

Ma è proprio qui che comincia il braccio di ferro diplomatico. Come ricorda 'Il Corriere della Sera', il 26 gennaio 2019, l'allora presidente della Camera Roberto Fico accusa il presidente egiziano Al-Sisi di "aver mentito" sull'omicidio. Si aggiunge la dichiarazione di Giuseppe Conte, allora Presidente del Consiglio, che affermò che sul caso Regeni "c'è insoddisfazione perché a distanza di tempo non c'è ancora nessun concreto passo avanti che ci lasci intravedere un accertamento dei fatti plausibile".

In mezzo a questo caos, c'è chi non ha mai mollato, credendo tenacemente nella verità. I genitori di Giulio, Paola Deffendi e Claudio Regeni, non hanno mai smesso di chiedere giustizia per la scomparsa del figlio. Nel maggio 2018 Paola ha iniziato uno sciopero della fame contro il fermo disposto dalle autorità egiziane nei confronti di Amal Fathy, moglie di Mohamed Lotfy, direttore esecutivo della Ong "Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecrf)" che stava assistendo la famiglia Regeni sul territorio. La famiglia Regeni ha poi scritto più volte al Presidente Conte e al Presidente egiziano Al-Sisi chiedendo massima collaborazione.

La Commissione d'Inchiesta, l'accusa dei Pm di Roma

Nel 2019, dopo l'incontro dell'allora Ministro Di Maio con le autorità egiziane, la procura del Cairo invia una missiva ai colleghi di Roma, affermando di voler arrivare alla verità e di proseguire le indagini. Dopo un anno di silenzio, le due procure tornavano quindi a collaborare. Ma non era ancora sufficiente. Così il 3 dicembre 2019  entra a regime la Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, approvata dalla Camera dei deputati il 30 aprile precedente, con l'elezione a presidente del deputato di Liberi e uguali Erasmo Palazzotto.

Proprio durante un audizione della Commissione, i Pm di Roma Sergio Colaiocco e Michele Prestipino lanciarono gravi accuse all'Egitto: ”Il ricercatore è stato torturato per giorni, ucciso con calci e pugni, colpi di bastone e mazze. Ed è morto presumibilmente il primo febbraio 2016, per la rottura dell'osso del collo. Regeni è finito nella rete degli apparati egiziani, con la complicità di chi lo conosceva: il suo coinquilino avvocato, il sindacalista degli ambulanti e Noura Whaby, la sua amica che lo aiutava nelle traduzioni” come riporta 'Il Corriere della Sera'.

I quattro rinviati a giudizio saranno processati: lo ha stabilito la Corte Costituzionale

Nel gennaio 2021 il caso approda in Unione Europea e, quasi in contemporanea, la Procura di Roma deposita la richiesta di rinvio a giudizio per il generale egiziano Tariq Sabir e per altri tre membri dei servizi segreti del regime del Cairo, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. L'obiettivo è quello di processare i quattro 007: il 25 maggio 2021 i quattro vengono rinviati a giudizio ma risultano irreperibili. Così come risulteranno assenti a ottobre 2021, durante la prima udienza. Di conseguenza, il rinvio a giudizio viene dichiarato nullo e gli atti tornano al Gup.

L'11 aprile 2022, il Gup sospende il processo a carico dei quattro 007 egiziani perché non è stato possibile notificare loro gli atti. A quel punto la Procura di Roma decide di impugnare la decisione davanti alla Cassazione che, sorprendentemente, conferma lo stop del processo. Arriviamo quindi ai giorni nostri, con la pronuncia della Corte Costituzionale sul caso: la norma che impedisce di processare i quattro per via della loro irreperibilità è illegittima e il processo potrà andare avanti anche senza la presenza dei quattro.

La soddisfazione della famiglia Regeni

"Avevamo ragione noi: ripugnava al senso comune di giustizia che il processo per il sequestro le torture e l'uccisione di Giulio non potesse essere celebrato a causa dell'ostruzionismo della dittatura di Al-Sisi per conto della quale i quattro imputati hanno commesso questi terribili delitti. In effetti come ha scritto il Gup Ranazzi nella sua ordinanza 'non esiste processo più ingiusto di quello che non si può instaurare per volontà di un'autorità di governo'” dicono i genitori di Giulio all''Agi'.

"Abbiamo dovuto resistere contro questa 'volontà' dittatoriale per sette anni e mezzo confidando comunque sempre nei principi costituzionali della nostra democrazia. Ringraziamo tutte le persone che hanno sostenuto e sosterranno il nostro percorso verso verità e giustizia: la procura di Roma e in particolare il dottor Colaiocco, la scorta mediatica, e tutto il popolo giallo" conclude la coppia.

Data pubblicazione 28 Settembre 2023, Ore 9:49 Data aggiornamento 28 Settembre 2023, Ore 9:57
Skuola | TV
La Notte Prima degli Esami 2025 in streaming su Skuola.net!

Ospiti, intrattenimento e tutte le news sull'esame di Stato: l'appuntamento è sui nostri canali a partire dalle ore 20:00 del 17 giugno 2025!

Segui la diretta