6' di lettura 6' di lettura
depressione

Non posso passare la vita a sopravvivere”, è uno dei passaggi più forti contenuti nella lettera che Michele – il ragazzo che si è recentemente tolto la vita a Udine – ha voluto scrivere ai suoi genitori prima di suicidarsi.

Una sorta di manifesto del disagio del mondo di oggi. Perché dietro Michele si sta ingrossando a vista d’occhio la schiera di chi decide di togliersi la vita anche in tenera età, schiacciato da una pressione a volte insopportabile. Righe che sono entrate nel dibattito pubblico come un fulmine a ciel sereno ma che, purtroppo, rappresentano le sensazioni vissute da centinaia di giovani, in buona parte adolescenti. Noi di Skuola.net, invece, che affrontiamo spesso e volentieri questi argomenti, siamo rimasti sorpresi fino a un certo punto. Il malessere dei ragazzi è nell’aria, si tocca, si respira. La cosa, forse, più preoccupante è che si sta abbassando l’età in cui si molla. Secondo i dati più recenti Istat (2014), sono stati 594 i casi di suicidio tra i ragazzi dai 15 ai 34 anni.

Gli ultimi fatti di cronaca, c’è il rischio emergenza

Dopo Michele, Alberto si è tolto la vita a 22 anni gettandosi sotto un treno alla stazione di Rovigo: il giorno dopo avrebbe dovuto discutere la tesi in ingegneria. Non aveva avuto il coraggio di dire ai genitori che, in realtà, non ci sarebbe stata nessuna laurea. Laura, invece, ha scelto il giorno di San Valentino per salire al settimo piano di un palazzo di Roma e lanciarsi nel vuoto, morendo a 17 anni dopo una lenta agonia. Stessa città, stessa modalità e stesso infame epilogo per un 24enne che si è buttato dal quarto piano di un edificio della periferia romana. Ha appena 13 anni la ragazzina che a Firenze si è gettata dalla finestra di casa; lei per fortuna si è salvata. Non è andata così a Giusy, la 25enne che si è tolta la vita in un supermercato di Burolo (vicino Torino), tagliandosi la gola con una scatoletta di tonno davanti gli occhi della mamma e delle altre persone in fila alla cassa. Mentre a Gubbio un 28enne si è lasciato cadere nel vuoto dal muraglione della Piazza Grande.

Cosa possono fare i genitori?

E poi c’è Gio, il 16enne di Lavagna che si è buttato dal balcone di casa durante una perquisizione della Guardia di Finanza, dopo che era stato trovato in possesso di 10 grammi di hashish. Gli stessi finanzieri che la mamma ha voluto ringraziare per aver tentato di salvare suo figlio dalla dipendenza dalle droghe leggere. Era stata lei a chiamarli, sperando di aiutare quel ragazzo fragile. Ma la paura ha avuto il sopravvento. Come, del resto, in tutti gli altri casi. Nel suo discorso, la mamma di Gio ha voluto parlare ai ragazzi, pregandoli di non farsi ingannare dalle droghe, dai social network, di riprendere in mano la propria vita e tornare ad aprirsi al mondo. Ma si è anche rivolta ai genitori, invitandoli ad unirsi per tentare di capire il complesso universo in cui si muovono i propri figli. Lei ha tentato di farlo, fallendo. Il suo esempio, però, potrebbe aiutare altri a vincere questa sfida.

I giovani e il suicidio, un rapporto sempre più stretto

Ognuno con un motivo diverso, tutti accomunati dallo stesso destino. Non si era mai vista un situazione del genere: nelle ultime settimane praticamente ogni giorno le notizie ci ricordano quanto sia difficile vivere per le nuove generazioni. Problemi di socialità, incomunicabilità, amore non corrisposto, bullismo, confusione tra realtà e virtualità, il lavoro che non c’è, la percezione del fallimento: sono tante le cause che portano a gesti del genere, a volte eclatanti. Temi trasversali uniti dal medesimo, triste, finale. Si cova il demone in silenzio, mentre intorno si ha la sensazione che nessuno sia in grado di ascoltare, di capire. Finché non arriva il momento in cui si è pronti a liberarsi di quel peso nell’anima. Si pensa sia una scorciatoia, un’uscita di emergenza. Ma è un vicolo cieco.

Parlare del disagio, un modo per capire meglio i ragazzi

Non si può più rimandare. È forse il caso che si cominci a parlare di più dello stato d’animo con cui convivono quotidianamente gli adulti del futuro, anche sui canali di comunicazione più generalisti e non solo quando succedono questi drammatici eventi. È bene che gli adulti inizino a prenderne coscienza. Dietro un silenzio, una frase non detta, uno sguardo sfuggente si nasconde un mondo di emozioni, un vulcano di stati d’animo, non sempre positivi. Non tutti hanno la forza di gestire al meglio il cuore e la mente, soprattutto se alle spalle non hanno una guida forte ma, al tempo stesso, comprensiva. Rompere l’argine è un attimo. Non è una sensazione, a dircelo è la cronaca. Non è accettabile che un adolescente scelga coscientemente di togliersi la vita.

Marcello Gelardini