
Quasi tutti (83%) sanno, ad esempio, che la regola 'numero uno' per evitare problemi quando si è attivi su piattaforme web e social network è quella di non condividere con gli altri i propri dati sensibili. In tantissimi (71%) dicono di fare sempre attenzione alle reali intenzioni di persone conosciute prima su Internet che nella vita reale. La maggior parte (65%) è consapevole che è sbagliato condividere in Rete immagini o dati personali di altri senza il loro consenso. E più di 8 su 10 si sono interrogati su come difendere la propria privacy online. Dimostrando di aver recepito le campagne sull’educazione digitale, che negli ultimi anni si sono concentrate proprio su questi temi.
La GenZ? La maggioranza si informa e mette in pratica buone condotte sul web
La fonte di tanta consapevolezza? Potrebbe risiedere nell'abitudine, molto diffusa, di aggiornarsi sull'argomento: più di 4 su 10 raccontano che, almeno una volta, hanno cercato e consultato sul web contenuti educational sulla sicurezza online. E un ulteriore 36% non lo ha mai fatto semplicemente perché crede di essere già sufficientemente informato. Inoltre, ben l’80% afferma di aver consultato i regolamenti delle piattaforme e delle App che utilizzano.Ma la GenZ non si limita alla teoria. Spesso e volentieri mette anche in pratica questi comportamenti virtuosi. Specialmente negli 'ambienti', come i social network, in cui è consigliabile tenere ancora di più gli occhi aperti. Per questo, quando usano le piattaforme social - in questo caso la ricerca si è concentrata sui ragazzi in possesso dell'età minima per iscriversi ai principali servizi - solamente 1 su 6 tende a lasciare i propri profili "aperti" a chiunque. E quasi i tre quarti (72%) cercano di arginare i soggetti e i contenuti "inappropriati". Se si imbattono in comportamenti giudicati sgradevoli, infatti, il 45% tende a segnalare la cosa direttamente ai gestori del sito; il 14% preferisce agire in modo autonomo, pubblicando nei commenti il proprio disaccordo; il 13% ne parla con adulti o coetanei. Purtroppo, non manca chi mette in atto comportamenti non corretti, ma fortunatamente si tratta di una minoranza.
I giovani chiedono di più all'educazione digitale
Gli adolescenti, però, non si vogliono accontentare e chiedono di saperne ancora di più.Loro, gli Zedders, hanno infatti un'idea diversa, molto innovativa, di come dovrebbe essere impostata l’educazione digitale delle nuove generazioni. Se, dunque, ad oggi sono soprattutto insegnanti e genitori ad affrontare questi temi - in 1 caso su 2 per le questioni legate alla sicurezza online, addirittura in 2 casi su 3 per la gestione della privacy - loro vorrebbero invece che sia lasciato più spazio a incontri con esperti (lo dice il 49%), a gruppi di discussione in classe (43%), a video di sensibilizzazione (38%) - peraltro presenti sulle stesse piattaforme - o addirittura a una materia scolastica dedicata (33%).
E a proposito di contenuti, sarebbe preferibile puntare su testimonianze dirette di chi ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze negative di violazioni della privacy o di un approccio superficiale alla sicurezza, meglio se potenzialmente ingaggianti e con protagonisti dei coetanei, possibilmente arricchiti da contenuti multimediali o dal taglio edutainment. Dando così vita a delle lezioni che permettano sia di procedere a un ripasso degli argomenti più noti sia all'introduzione di questioni meno dibattute.
Perché è vero che, nel “programma” che vorrebbero seguire gli adolescenti, al primo posto - è indicato da oltre la metà degli intervistati (52%) - c'è l'approfondimento dei suggerimenti per proteggere i propri dati personali, ma sullo stesso piano (51%) viene messa la richiesta di consigli per evitare di trascorrere troppo tempo online. Oppure, scendendo leggermente nella scala delle priorità, c'è molto interesse per capire come riconoscere le fake news (votato dal 45% del campione) ma, paritariamente, anche per sapere come aiutare chi incorre in problematiche online (44%).