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La morte del presidente iraniano Ebrahim Raisi in un incidente in elicottero avviene in un momento in cui il Paese, di fronte a sfide esterne senza precedenti, si stava già preparando a un cambio di regime con la morte prevista nei prossimi anni del suo leader supremo, l’Ayatollah Ali Khamenei.
Cosa potrebbe accadere adesso
Nella leadership del Paese, in cui il potere è distribuito in modi spesso opachi tra clero, politici ed esercito, è il leader supremo, e non il presidente, ad essere decisivo.
In effetti, in un certo senso, le cariche di presidente e primo ministro – originariamente basate sul modello della costituzione francese – furono sovvertite nella stesura della costituzione iraniana nel 1979, portando il Paese a una forma di autocrazia creata in nome della religione.
La presidenza, per quanto fedele al leader supremo – e Raisi era considerato molto fedele a Khamenei – viene spesso considerata un utile capro espiatorio che aiuta il leader supremo a evitare le critiche. Questo è stato certamente il destino del predecessore di Raisi, Hassan Rouhani, che è diventato il bersaglio per le decisioni prese altrove.
La lotta per la successione
Nei mesi scorsi Raisi, eletto presidente nel 2021 ma in pratica scelto personalmente dalla guida suprema, era stato indicato come possibile successore di Khamenei. La sua morte apre invece un percorso spinoso per il figlio di Khamenei, Mojtaba.
La scelta viene fatta da una “assemblea di esperti” composta da 88 persone, e la morte di Raisi aumenta sicuramente le possibilità di una successione ereditaria in Iran, cosa che molti religiosi avversano in quanto estranea ai principi rivoluzionari fondativi dell'Iran.
Il "nodo" nucleare
Chiunque sarà il nuovo presidente dovrà prendere decisioni decisive sul programma nucleare iraniano.
Il 9 maggio, Kamal Kharrazi, consigliere per la politica estera del leader supremo ed ex ministro degli Esteri iraniano, ha affermato che l'Iran prenderebbe in considerazione l'uso bellico del nucleare se Israele attaccasse quelli che l'Iran considera siti nucleari civili.
Antonio Libonati