
Ogni volta che si chiede all'Intelligenza Artificiale una soluzione a un compito, riassumere un libro o generare un'immagine, non si tratta di avviare solo una semplice conversazione online, ma si sta attivando un'infrastruttura colossale. I data center, le "case" fisiche dell'IA, sono infatti giganti affamati che lavorano senza sosta.
Un nuovo studio, non a caso, rivela che l'impronta ecologica di questa tecnologia sta raggiungendo proporzioni incredibili, paragonabili a quelle di intere metropoli o nazioni. Non si parla solo di energia elettrica, ma anche di un consumo massiccio di risorse idriche necessarie per evitare che i server letteralmente "fondino".
Cosicché, la scia lasciata dall'IA potrebbe cambiare drasticamente il nostro modo di guardare allo schermo. Ecco i numeri che raccontano quanto costa davvero, all'ambiente, la nostra vita digitale.
Cosa dice il rapporto
Lo studio dice che nel 2025 l'impronta di carbonio dell'intelligenza artificiale potrebbe eguagliare quella di New York City o di un piccolo paese europeo. Si stima che i sistemi in funzione nei data center emetteranno tra 32,6 e 79,7 milioni di tonnellate di CO2.
Ma non è solo una questione di aria: c'è anche il problema dell'acqua. L'IA potrebbe consumare tra 312,5 e 764,6 miliardi di litri d'acqua nel 2025, una quantità pari al consumo annuo globale dell'intera industria dell'acqua in bottiglia.
Questo accade perché i server generano calore e hanno bisogno di sistemi di raffreddamento, che utilizzano acqua sia direttamente che indirettamente per produrre l'elettricità necessaria.
L'impatto dell'Europa
In questo scenario globale, l'Europa gioca un ruolo chiave, ospitando circa il 15% dei data center mondiali (siamo secondi solo agli Stati Uniti, che ne detengono il 45%).
Tuttavia, il "Vecchio Continente" ha un vantaggio competitivo non indifferente: una produzione di energia molto più pulita. Le reti elettriche europee hanno un'intensità di carbonio di circa 174 grammi di CO2 per kilowattora, meno della metà della media globale.
Questo significa che un data center situato in Europa inquina notevolmente meno rispetto a uno identico situato negli USA, dove il valore sale a 321 gCO2/kWh. In pratica, la posizione geografica dei server può decidere quanto "pesa" ogni nostra ricerca online sul clima.
Mancanza di trasparenza
Il vero problema, però, è che spesso navighiamo nel buio. Lo studio ha analizzato i report di nove colossi tecnologici (tra cui Amazon, Google, Meta e Microsoft) riscontrando una grande mancanza di chiarezza. Nessuna azienda riporta parametri ambientali specifici per l'IA, anche se ammettono che sia la causa principale dell'aumento dei consumi.
Secondo l'autore della ricerca, "queste cifre sono circondate da una notevole incertezza", proprio perché le aziende non distinguono tra attività IA e informatica standard.
Il rapporto, perciò, è un appello diretto al settore: "Sono urgentemente necessarie ulteriori divulgazioni da parte degli operatori dei data center per migliorare l'accuratezza di queste stime e gestire in modo responsabile il crescente impatto ambientale dei sistemi di intelligenza artificiale".
Inoltre, viene sottolineato un punto critico: "Dato che l'impatto ambientale dei data center è in rapida crescita, aumenta anche l'urgenza di trasparenza nel settore tecnologico". Senza nuovi dati su posizioni specifiche e parametri di efficienza idrica, sarà impossibile monitorare davvero questa rivoluzione.