
Siamo abituati a sentir parlare di dispersione scolastica pensando a chi abbandona gli studi. Ma c'è un tipo di dispersione, quasi invisibile, che agisce nell'ombra: quella che gli esperti chiamano "dispersione implicita".
Si tratta di arrivare alla fine del percorso di studi, magari anche con un bel diploma in mano, ma senza aver acquisito le competenze fondamentali. Un fenomeno abbastanza diffuso, specialmente in alcune aree d'Italia, in particolare al Sud, come ormai puntalmente rivelano i risultati delle prove INVALSI.
Questo tipo di dispersione, pur non portando a un abbandono formale, produce effetti altrettanto gravi in termini di opportunità mancate e diseguaglianze.
Un recente studio del Politecnico di Milano, intitolato Mappatura del rischio di dispersione nelle scuole italiane, ha approfondito ulteriormente questo problema. La cosa interessante è che, a differenza di altre ricerche che si concentrano sul singolo studente, questo studio ha scelto di analizzare le scuole nel loro insieme.
Il motivo? Capire quali sono i contesti scolastici più a rischio, per permettere di intervenire in modo più efficace, evitando di stigmatizzare i singoli individui e rintracciando con precisione i contesti istituzionali a maggiore rischio.
Indice
I fattori di rischio
Tra i fattori che influenzano la dispersione implicita, alcuni sono abbastanza intuitivi. Per esempio, il background socio-economico del territorio in cui opera la scuola gioca un ruolo fondamentale: istituti di contesti più svantaggiati tendono a registrare maggiori difficoltà.
Anche le performance scolastiche precedenti sono un campanello d'allarme: le difficoltà spesso si manifestano presto, e intervenire già durante il primo ciclo dell’istruzione può fare la differenza.
Un altro elemento importante è la frequenza della scuola dell’infanzia: chi ha frequentato l'asilo ha un rischio minore di dispersione. Al contrario, l'uso del dialetto o di una lingua diversa dall’italiano a casa può aumentare il rischio, evidenziando la necessità di rafforzare le politiche di inclusione linguistica, in particolare in contesti scolastici multiculturali.
L'assenteismo dei prof e i trasferimenti
La cosa più sorprendente, però, è che anche l'organizzazione interna della scuola ha un peso enorme. Un fattore che incide tanto è, ad esempio, l'assenteismo degli insegnanti (per malattia o altri motivi), che viene associato a un aumento significativo del rischio di dispersione scolastica.
Non solo, anche le classi troppo affollate non aiutano: un numero elevato di alunni per aula può avere un potenziale effetto negativo sulla qualità dell’apprendimento.
E che dire dei compagni che cambiano scuola in continuazione. La mobilità degli studenti, cioè i trasferimenti in entrata o in uscita, è un altro segnale di instabilità che può compromettere la continuità educativa.
Quest'ultimo dato, tra l'altro, è anche un indicatore indiretto della qualità della scuola: "Laddove si registrano ampie uscite di studenti da un anno all’altro, la qualità percepita è più bassa".
Infine, anche l'esperienza del dirigente scolastico è importante: scuole che hanno al timone presidi più esperti tendono ad avere meno studenti a rischio.
Il ruolo del registro elettronico
Un aspetto interessante che emerge dallo studio del PoliMI riguarda la comunicazione tra scuola e famiglia. Con l'uso del registro elettronico, e di altri canali digitali pensati per coinvolgere maggiormente i genitori, che si è rivelato una fonte di riduzione del rischio di povertà educativa.
Questo perché una comunicazione efficace con le famiglie può aiutare a monitorare tempestivamente le difficoltà degli studenti e a rafforzare il patto educativo tra scuola e territorio. Genitori più informati sono genitori più coinvolti, e ciò si traduce in un aiuto concreto per gli studenti.
Interventi personalizzati per gli istituti
Per combattere questo tipo di dispersione, sottolinea la ricerca, non bastano le soluzioni "standard". Le politiche universalistiche non sono sufficienti, ma occorrono invece interventi personalizzati che tengano conto delle caratteristiche specifiche di ciascun istituto. Ogni scuola ha le sue peculiarità, e quindi servono soluzioni "su misura".
Lo studio suggerisce, comunque, alcune aree prioritarie di intervento: rafforzare l'educazione prescolare, sostenere le famiglie in contesti svantaggiati, contrastare l'instabilità scolastica (riducendo trasferimenti e assenteismo), investire nella formazione e continuità degli insegnanti e supportare la leadership dei dirigenti scolastici.