7' di lettura 7' di lettura
educazione civica e impegnoC’è una classifica internazionale in cui siamo sorprendentemente ai primi posti: quella delle competenze di educazione civica. Gli studenti italiani, in terza media, sanno cosa vuol dire essere cittadini. E lo sanno meglio dei coetanei di altri paesi del mondo.
Il nostro punteggio, infatti, nella rilevazione IEA ICCS 2022 appena presentata, è di ben 523 punti, superiore di ben 15 lunghezze rispetto alla media internazionale (508).

L’indagine misura le competenze di educazione civica tra i ragazzi alla fine della scuola secondaria di primo grado, in una ventina di paesi. E non solo mette in luce il fatto che, di questioni politiche e sociali, già ne mastichiamo in tenera età. Ma dice anche che i nostri tredicenni hanno un interesse verso tali tematiche che difficilmente troviamo altrove.

Le ragazze più preparate, gap tra nord e sud

Ciò non toglie l’esistenza di differenze “interne”. Come, purtroppo, il gap territoriale tra gli esiti dei ragazzi che vivono nel sud e nelle isole e quelli di coloro che abitano nel centro e nel nord Italia. Un divario che si traduce in una cinquantina di punti di differenza tra il rendimento di chi ha avuto il risultato più basso (495 è il punteggio medio nelle nostre isole) e chi, invece, ha raggiunto quello più alto (il nord-est con 542). Da sottolineare, poi, che le ragazze sono generalmente più brave dei ragazzi: una tendenza, questa, presente in ben 18 paesi tra cui il nostro, dove le studentesse “bruciano” i compagni di classe con uno scarto medio di 27 punti.

Il contesto socio-economico e culturale

L’indagine analizza anche il contesto in cui vivono i tredicenni, palesando come a un background socio-culturale più elevato corrisponde una performance migliore in educazione civica. Tra i vari parametri esaminati, oltre a quelli che riguardano, ad esempio, il tipo di occupazione e il titolo di studio dei familiari, c’è anche quello legato a una maggiore presenza di libri in casa. Un “veicolo” di consapevolezza che, a quanto pare, fa bene ai cittadini del domani.

Tra i ragazzi italiani c'è più interesse per le questioni sociali e politiche

A dire il vero, per certi versi, questi cittadini del domani sembrano però già cittadini di oggi. Perché se da un lato riescono ad avere prestazioni migliori di buona parte di coetanei esteri nelle prove di educazione civica, dall’altro manifestano anche una maggiore vicinanza alle questioni sociali e politiche. È il 39% degli italiani a dichiararsi interessato ad esse, contro circa il 30% della media internazionale. Verosimile che le due cose vadano di pari passo.

Il ruolo della famiglia

Spesso questo interesse riflette tendenze familiari e cresce quando anche i genitori - o chi per loro - sono attenti a certi argomenti. Il ruolo della famiglia nella formazione civica dei ragazzi è in Italia particolarmente evidente: ad esempio, quasi 1 studente su 2 (47%) indica la propria casa come il luogo in cui discute e si informa su questioni politiche e sociali almeno una volta alla settimana, percentuale che mediamente si ferma a 1 su 3 (34%). I genitori sono quindi la principale fonte per i nostri ragazzi dopo la televisione (la guarda con costanza il 68%), e prima di internet (42%) e dei giornali (28%).

La sfiducia che inizia a manifestarsi

Un aspetto questo, che è forse la spia di una certa diffidenza che già a un’età così precoce gli italiani dimostrano verso i media tradizionali. Perché anche se il 61% li considera attendibili - quota maggiore rispetto alla media internazionale del 52% - il dato è in flessione di ben 10 punti guardando alla rilevazione precedente, risalente al 2016. Lo stesso atteggiamento si rileva nei confronti delle istituzioni, come nel caso del Parlamento: il 52% dei tredicenni italiani dice di aver fiducia in questo organo dello Stato, ma si tratta di un numero in calo di circa 10 punti in sei anni. Il governo nazionale ha credibilità per 1 giovane su 2, ma fa meglio la giustizia, con il 64% che conta sull’autorevolezza dei tribunali. Il vero “buco nero” della sfiducia giovanile? Si materializza nei confronti della politica.

Se i nostri ragazzi sono più preparati e interessati in ambito socio-politico, sono infatti anche più critici nei confronti di chi ci rappresenta: solo il 44% crede che il sistema funzioni bene in Italia (55% è il dato internazionale), appena il 36% pensa che i parlamentari sappiano dar voce agli interessi dei giovani (il 44% in tutti i paesi ICCS) e ben il 70% è dell’opinione che i rappresentanti politici non si preoccupino abbastanza dei desideri della gente (la media generale si ferma al 62%).

Giovani e partecipazione politica: l'educazione può incidere

Eppure, non li abbiamo ancora persi. Nel senso che, nonostante tutto, i piccoli italiani hanno intenzione di esprimere il proprio voto una volta compiuti i 18 anni e credono nella democrazia, più di quanto non accada altrove. Non nascondono poi la voglia di partecipazione e di impegno, sia nelle attività di politica scolastica - elezioni, assemblee, etc - sia in occasioni al di fuori della scuola. In particolare, dimostrano un sostegno straordinario, rispetto agli altri studenti, per quanto concerne la difesa dell’ambiente e dei diritti, soprattutto riguardo alla parità di genere e all’integrazione. Aiutati da un clima in classe aperto alla discussione, fra i più favorevoli rilevati dall’indagine: a conferma che l’educazione che parte dalla scuola e che trova ausilio in famiglia risulta vincente. Infatti, tutte queste “buone intenzioni” appena viste sono presenti in maggior misura tra chi ha competenze più elevate. Una soluzione, forse, allo scollamento tra giovani e politica che oggi, purtroppo, non ha ancora trovato rimedio.