Generazioni Connesse
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haters

Sempre connessi, attivi come nessuno sui social network, con una conoscenza capillare dei nuovi strumenti di comunicazione. Non sempre, però, questa conoscenza si traduce nella reale comprensione delle potenzialità della rete e dei relativi rischi.

Per questo difficilmente li puoi ingannare con notizie false o bufale, più facile invece coinvolgerli nelle battaglie verbali che animano ogni giorno il web. Sono gli adolescenti di oggi, la “Z Generation”. Ragazzi che, nonostante passino ore ed ore attaccati allo schermo di uno smartphone o di un pc, non sempre riescono a mantenere comportamenti all’insegna del rispetto altrui e della convivenza pacifica: la tendenza all’hate speech o la sua tolleranza sono segnali ben evidenti. Ma quando si spegne lo smartphone, la musica cambia. Queste le evidenze di una ricerca di Generazioni Connesse, il Safer internet Centre italiano coordinato dal Miur, realizzata da Skuola.net e Università di Firenze. 1775 teenager hanno partecipato alla rilevazione, che rappresenta il ritratto più recente ad oggi disponibile su questi temi.

Quante ore sul web?

Intanto un dato: quante ore passano online le nuove generazioni? Ben il 40% supera le 5 ore al giorno, circa la metà di questi addirittura si dichiara “sempre connesso” (quindi anche a scuola). Rispetto alla precedente rilevazione, vecchia di 12 mesi, si tratta di un aumento di quasi il 17%. A cui si accompagna un incremento generale del tempo passato online, tanto che è solo poco più di 1 su 10 - oggi – a dire che la propria presenza sul web è praticamente nulla.
I ‘luoghi virtuali’ preferiti dai teenager sono indubbiamente i social network, più della metà degli intervistati (56%) dice di passare la maggioranza (se non la totalità) della vita online proprio su queste piattaforme. Sui più diffusi ci puoi trovare quasi tutti. WhatsApp (81%), Facebook (77%), Instagram (62%) quelli in cima alla lista dei preferiti. Ragazzi dalle identità multiple che, in media, sono presenti su 3-4 social diversi.

Bufale? No grazie

Una permanenza che si traduce, come accennato, in forte conoscenza del media. Proprio per questo è molto difficile ingannarli, sono abituati ai fake. Si parla molto di bufale web ma, forse, è un problema che riguarda gli adulti. Perché la ‘Generazione Z” è cresciuta affinando gli strumenti per capire se una notizia è vera o falsa. Tuttavia c’è una buona percentuale, circa 1 su 4 di loro, che tende a fidarsi di ciò che legge online senza verificare la fonte (soprattutto se il contenuto è condiviso dagli amici).

Hate speech: tutti contro tutti

Conoscenza, tuttavia, non sempre vuol dire reale comprensione. Così, è possibile che - in nome della libertà di espressione - si tollerino o, addirittura, si commettano alcuni comportamenti devianti. E’ il caso dell’hate speech: il pericolo di diventare leoni da tastiera è dietro l’angolo. A volte sono proprio i giovanissimi a mettere in moto la macchina del fango: il 13% ammette di aver insultato un Vip sui social network almeno una volta. Quasi 1 su 10 confida di aver addirittura creato un profilo falso apposta per scaricare sui famosi il proprio odio.

Ma nella vita reale...

Non cambia molto se si tratta di un amico o un coetaneo: il 10% degli intervistati dice di aver rivolto insulti sul web all’indirizzo di un ragazzo della stessa età. Le cose cambiano (in parte) se ci si sposta nella vita reale. Qui, infatti, in molti si tirano indietro. Ben il 28% di quelli pronti a mettere alla gogna un coetaneo sul web non lo farebbe se avesse la persona di fronte. Ancora meno se il destinatario del commento è un personaggio famoso: neanche 1 su 3 (il 32%) se la sentirebbe di ripetere quanto detto sul social al diretto interessato.

Odio e complicità

E gli altri? Restano sostanzialmente indifferenti. Un atteggiamento che contribuisce ad amplificare l’odio – più di quanto la Rete riesce a fare da sola - visto che sono tanti quelli che confessano di aver partecipato al “successo” di post offensivi con like e commenti (il 29% se si tratta di un coetaneo). Una ‘complicità virtuale’ che getta le basi per la costruzione di un triangolo – vittima, carnefice, platea – che alimenta ulteriormente il fenomeno degli haters e del cyberbullismo. Gli insulti nei confronti dei vip sui social sono un comportamento “accettato” dai più e solo il 21% lo disapprova totalmente. Sono ancora di meno (circa 1 su 10) quelli che in caso si trovassero spettatori di casi del genere, segnalerebbero alla piattaforma il contenuto offensivo.
Se poi assistono a episodi di bullismo online nei confronti di un compagno, in alcuni escono fuori i bassi istinti: il 14% non farebbe niente; il 4% interverrebbe, ma solo per infierire. Sono casi in cui la Rete si è ormai impadronita della loro vita, segnando una totale confusione tra i due piani (reale-virtuale). Ma anche tra cosa è giusto e cosa è sbagliato.

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