
Ormai gli studenti che non hanno mai fatto uso dell’intelligenza artificiale rappresentano una sparuta minoranza.
Tra quelli delle scuole secondarie, ad esempio, l’84% ha avuto già modo di fare esperienza con le IA generative per creare contenuti di vario genere, anche in ambito didattico.
Un dato in aumento del 50% rispetto a soli dodici mesi fa, a certificare la velocità con cui si sta affermando questa tecnologia.
A fotografare lo stretto rapporto tra i giovani e i nuovi ritrovati digitali è la tradizionale indagine condotta da Generazioni Connesse - il Safer Internet Centre Italiano, coordinato dal ministero dell'Istruzione e del Merito - e curata da Skuola.net, Università degli Studi di Firenze e Sapienza Università di Roma (CIRMPA) in occasione del Safer Internet Day 2025, che quest’anno ha coinvolto 1.813 alunni di scuole secondarie di primo e secondo grado.
L'indagine: studenti e intelligenza artificiale
Una dinamica, quella appena descritta, che non può non aprire a una domanda supplementare: saranno pronti i ragazzi e le ragazze a “gestire” uno strumento così complesso? La risposta è articolata.
Limitandosi a un approccio puramente “tecnico” si fa strada il pessimismo: se, infatti, praticamente tutti (97%) hanno sentito parlare di IA - sarebbe stato strano il contrario - solamente poco più di un terzo (35%) saprebbe spiegare come funzionano gli algoritmi di apprendimento automatico (machine learning) e ancora meno (28%) cosa siano le reti neurali - il cosiddetto deep learning, che va a imitare le tecniche di elaborazione delle informazioni tipiche del cervello umano - ovvero il cuore e la mente delle moderne intelligenze artificiali.
Conoscere questi elementi è fondamentale per governare la qualità dei risultati e analizzarli con il dovuto spirito critico.
Infatti, oggi, l’IA viene utilizzata per svariate applicazioni, anche di una certa rilevanza.
Nel privato, gli adolescenti sembrano prediligere la creazione di testi: ben il 75% di chi la usa lo fa per scrivere contenuti.
A seguire, altre funzioni più specifiche, come la traduzione e il supporto per tradurre le lingue straniere, la correzione dei testi e, in misura minore, la generazione di immagini e video (solo il 7% la sfrutta per produrre contenuti multimediali).
Per scopi didattici, invece, l’IA serve soprattutto per cercare informazioni utili alla preparazione di interrogazioni e verifiche sulle varie materie: così per il 62%. Solo in seconda posizione si piazza la produzione di testi (48%). L’intelligenza artificiale si dimostra un buon alleato, di nuovo, anche per correggere testi o per tradurre contenuti in altre lingue: ci si affidano per tali scopi quasi 4 studenti su 10.
Circa un terzo (33%) la usa per personalizzare tecniche di studio, il 30% per risolvere problemi di matematica.
Sicuramente, su quest’ultimo campo, le alunne e gli alunni corrono più veloce dei loro docenti: solo il 18% degli intervistati, infatti, ha ricevuto dal proprio istituto indicazioni chiare sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito scolastico.
Sarebbe, perciò, un tema su cui i giovani avrebbero bisogno di ricevere supporto.
Anche perché l’IA non fa che alimentare uno dei grandi problemi quotidiani degli adolescenti: il tempo speso sui device digitali. Notifiche, chat, piattaforme social e tutto quel che ruota attorno alla dimensione online fanno perdere il controllo dei minuti che passano a 8 studenti su 10, che quindi perdono la battaglia con gli algoritmi - anch'essi basati sull’intelligenza artificiale - che hanno come scopo proprio quello di incollare allo schermo.
Cosicché il “tempo online”, sebbene negli ultimi anni sia gradualmente sceso, riallineandosi ai livelli pre-pandemici, rimane elevato: il 36% degli intervistati supera quotidianamente le cinque ore di “schermo”, un altro 44% si attesta oltre le tre ore.
Ma, volendo trovare un po’ di luce in fondo al tunnel, i giovani sono pienamente consapevoli di avere un problema, visto che oltre 1 su 2 vorrebbe essere maggiormente formato proprio sulle tecniche per ridurre il tempo trascorso sui dispositivi, a cui segue a ruota la necessità di sapere come proteggere maggiormente i propri dati personali.
Anche la privacy è, infatti, un tema di attenzione per le nuove generazioni: il 35% afferma di porsi sempre il problema della propria “riservatezza” - quali informazioni condividere in Rete e quali tenere celate - quando è connesso e il 51% lo fa comunque spesso.
Anche se, poi, sottovalutare le insidie nascoste è un attimo: per fare un esempio concreto, solo il 22% ha ben presente a quali dati hanno accesso le App scaricate sul proprio smartphone.
In questo scenario risulta fondamentale educare gli studenti, fornendo loro le competenze essenziali di digital e media literacy.
Da questo punto di vista, le scuole stanno cercando di fare la propria parte: ben il 71% degli studenti intervistati hanno ricevuto dalla scuola una qualche formazione sull’uso corretto e consapevole degli strumenti digitali.