
Almeno fino ad oggi, quando il tribunale supremo ha individuato il responsabile principale della morte del giovane in Antonio Ciontoli, un sottufficiale della Marina e padre della fidanzata di Marco, colpevole di aver fatto partire accidentalmente verso il ragazzo (senza poi prestare adeguato soccorso) un colpo di pistola all'interno della propria casa. La Cassazione ha così confermato la sentenza d’appello bis dello scorso 30 settembre, condannando l'uomo per omicidio con dolo eventuale. Assieme a lui, condannati anche gli altri componenti della famiglia - i due figli e la moglie - per "concorso semplice attenuato dal minimo ruolo e apporto causale". Ecco la ricostruzione dei fatti e la sentenza completa.
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Omicidio Vannini: dallo sparo alle chiamate al 118
Era una notte di primavera inoltrata quella in cui Marco Vannini ha perso la vita. Secondo la ricostruzione dei fatti, quella sera era rimasto a casa della famiglia della ragazza, Martina Ciontoli, situata a Ladispoli. Era nella vasca da bagno quando il padre di lei, Antonio, sarebbe entrato per prendere dalla scarpiera una pistola, dalla quale sarebbe partito accidentalmente un colpo. La prima telefonata al 118 venne effettuata solo dopo 40 minuti dallo sparo: a chiamare fu Federico, l'atro figlio di Antonio Ciontoli e fratello di Martina, il quale riferì all’operatore che un ragazzo aveva avuto un mancamento dopo uno scherzo tra amici. A chiudere la conversazione fu però la madre che interruppe la richiesta di soccorso dicendo che avrebbe richiamato in caso di bisogno. La seconda telefonata, invece, arrivò solo dopo la mezzanotte e a chiamare fu proprio Antonio Ciontoli, che chiese soccorso per un ragazzo infortunatosi nella vasca da bagno con la punta di un pettine.
Omicidio Vannini: dall’intervento del 118 alla morte del giovane
Dopo 23 minuti l’ambulanza era già nella residenza Ciontoli a Ladispoli. Solo in quel momento il signor Ciontoli attribuì per la prima volta il malessere del ragazzo a un colpo di pistola partito accidentalmente. Date le condizioni di Marco, si decise di trasportarlo d’urgenza al Policlinico Gemelli con l’ausilio di un elisoccorso. Alle 3 del mattino del 18 maggio, però, il ventenne morì dopo una lunga agonia.
Omicidio Vannini: le sentenze e i ricorsi
Dalla morte di Marco Vannini sono seguite diverse sentenze, con altrettanti ricorsi degli imputati e degli stessi genitori del ventenne ucciso. Con la prima sentenza del 14 aprile del 2018, Ciontoli vennne condannato a 14 anni per omicidio volontario, mente i figli e la moglie a tre anni per omicidio colposo. Nell’appello del 29 gennaio 2019, però, i giudici fecero un passo indietro, riducendo la condanna di Ciontoli a 5 anni (confermano i tre anni ai famigliari). Immediatamente si scatenò la rabbia dei genitori, ma venne presentato ricorso alla procura generale di Roma, risolto solo il 30 settembre scorso, quando nel secondo processo d'appello venne riconfermata la condanna originaria a 14 anni per Antonio Ciontoli, portando a 9 anni e 4 mesi di reclusione quella per la moglie e i figli, per "concorso anomalo".
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Omicidio Vannini: la conferma della Cassazione
Con la Cassazione che, il 3 maggio 2021, conferma l'appena citata sentenza d’appello bis, condannando Antonio Ciontoli per omicidio con dolo eventuale e il resto della famiglia per "concorso semplice attenuato dal minimo ruolo e apporto causale". Come riporta il Quotidiano.net, per Marina Conte, mamma del ventenne ucciso, Marco può finalmente riposare in pace: “Domani mattina andrò a portargli i fiori sulla sua tomba e gli dirò che ho mantenuto la promessa che gli avevo fatto. Ci siamo battuti per 6 anni, la paura c'è sempre ma ci abbiamo creduto fino alla fine. Ora giustizia è fatta”. A giustizia fatta, però, ricorda che non c’è nessun vincitore: “Io e mio marito non abbiamo vinto perché Marco non ce l'abbiamo più, loro dovranno scontare la pena per avere mancato di responsabilità perché se fossero stati responsabili Marco sarebbe qui”.Paolo Ferrara