
In Francia, per buona parte del XX secolo, non era raro vedere studenti delle scuole elementari bere vino, sidro o birra a mensa. Una pratica oggi impensabile, che all’epoca era invece considerata perfettamente accettabile e inserita nella routine quotidiana.
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Una tradizione radicata nella cultura alimentare
L’abitudine di servire bevande alcoliche ai bambini durante i pasti scolastici aveva profonde radici culturali. Il vino, annacquato o meno, era visto non solo come parte integrante della dieta, ma anche come fonte di energia e salute.
In alcune regioni, si riteneva addirittura che l’alcol contribuisse a rafforzare il corpo, e veniva offerto con disinvoltura anche ai più piccoli.
A partire dalle prime decadi del Novecento, il consumo di vino a scuola non suscitava particolare scalpore: si trattava di una norma consolidata in molte mense francesi, dove accanto al pane e al formaggio non mancava mai un bicchiere di vino diluito.
Il cambio di rotta negli anni '50
Fu solo negli anni Cinquanta che la società iniziò a interrogarsi su questa pratica. Con l’avanzare delle conoscenze mediche e un crescente dibattito pubblico sulla salute infantile, si cominciò a mettere in discussione l’opportunità di servire alcolici ai bambini.
Nel 1956, una legge nazionale mise fine ufficialmente alla distribuzione di vino e altre bevande alcoliche nelle mense scolastiche. Da quel momento, l'acqua e le bevande analcoliche divennero la nuova norma, segnando la fine di una tradizione che era durata per generazioni.
Un cambiamento che riflette i tempi
Quella che oggi appare una scelta incomprensibile era, per decenni, parte della quotidianità. La svolta degli anni Cinquanta rappresenta un punto di rottura con il passato, segnando l’inizio di un nuovo approccio all’infanzia e all’educazione alimentare.