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Introduzione Xenomorfo tesina
La seguente tesina di maturità descrive lo xenomorfo. Nel 1979 il regista britannico Ridley Scott diresse una pietra miliare del genere fanta-horror (genere ibrido tra fantascienza e horror): Alien. Il film narra dello sfortunato incontro dell’equipaggio di una nave spaziale con una terrificante forma di vita aliena insinuatasi di nascosto nell’astronave. Tra angosce e esitazioni, l’equipaggio cercherà in tutti i modi di stanare la creatura per scacciarla via dalla nave, ma l’alieno sembra essere invincibile e inafferrabile.
Nel corso degli anni questo lungometraggio ha acquisito sempre più popolarità e apprezzamenti, fino a essere considerato un capolavoro del genere (tant’è vero che è il capostipite di una serie di film e fumetti). Moltissimi sono i temi filosofici nascosti nell’evento raccontato: la xenofobia (la paura per il diverso, per l’estraneo); la primordiale e efficace volontà di vivere (un istinto incontenibile alla vita che spinge l’Alieno ad eliminare l’equipaggio); la potenza e il miracolo della nascita, poiché l’Alieno ha un ciclo riproduttivo molto particolare: l’embrione viene impiantato in un ospite tramite una creatura intermedia (il FaceHugger); dopo qualche ora il bambino-alieno, pronto alla vita autonoma, “si fa partorire” sfondando la cassa toracica dell’ospite parassitato, uccidendolo. Il solo fatto che l’Alieno (chiamato anche Xenomorfo) necessiti di inseminare (e quindi uccidere) altre forme di vita per assicurare la riproduzione della sua specie, lo rende un essere angoscioso e contrario a tutte le regole dell’etica e della normale riproduzione naturale.
Il film è ambientato sulla gigantesca astronave Nostromo, buia, poco ergonomica, per nulla accogliente, asettica, artificiale, piena di lunghi e stretti corridoi con pareti quasi del tutto coperte da infiniti tubi e cavi. Lo spettatore si sente schiacciato da un senso di claustrofobia e di trappola. L’Alieno, grazie alla sua agilità, velocità e anche alla spiccata intelligenza, può nascondersi ovunque. La cosa sconfortante è che nessuno dei sette membri dell’equipaggio riuscirà a vedere veramente l’Alieno nel corso di tutto il film. Come è fatto? Nessuno riesce a rispondere perché i suoi attacchi sono rapidi e improvvisi e soprattutto inaspettati. Scott è stato un maestro nel creare questa soffocante atmosfera ostile: è come se ci dicesse di non aver paura del mostro in sé, ma della sua attesa. Il buio, emblema dell’ignoto e della paura, domina buona parte delle scene e né lo spettatore né i protagonisti riusciranno mai a vedere indistintamente gli oggetti (o un mostro) nascosti in una stanza. Per buona parte del film, penseremo che l’incontro con lo Xenomorfo sia stata una sfortunata coincidenza, ma nella parte finale scopriremo un terrificante complotto che ci porterà, a questo punto, a tifare e sperare per la sopravvivenza dei pochi superstiti e, allo stesso tempo, a provare disgusto per la totale assenza di scrupoli del genere umano.
La creatura, lo Xenomorfo, è nata dalla mente geniale di un artista surrealista svizzero scomparso il 12 maggio 2014: Hans Ruedi Giger. I suoi lavori e le sue opere hanno un forte impatto visivo ed emotivo e sono imperniate sul tema del “biomeccanico”, ossia della presenza di strutture organiche all’interno di un corpo meccanico o comunque artificiale. Tra i suoi quadri, vi era anche uno Xenomorfo che con qualche modifica (per renderlo più alieno e molto meno umano) è stato adattato per il film. La creatura aliena, considerata la “specie perfetta” per la sua ostilità e la sua eccezionale conformazione fisica che la rende un nemico molto difficile da sconfiggere, da più di trent’anni occupa l’immaginario di chi ha visto il primo film della saga di Alien e ne è rimasto affascinato. Come me.
Collegamenti
Xenomorfo tesina
Letteratura inglese - "Frankenstein", the first science fiction novel.
Italiano - "La metamorfosi" di Kafka.
Arte - Surrealismo e Dalì.
Fisica - La corrente elettrica.
Letteratura latina - Decimo Giunio Giovenale e la xenofobia.
Filosofia - L'Oltreuomo di Nietzsche.
Storia - La guerra fredda, inizio dell'esplorazione spaziale.
Scienze - Lo spazio cosmico.
Biologia - Dalla predazione al parassitismo.
Chimica - Tioli e solfuri.
Nel corso degli anni questo lungometraggio ha acquisito sempre più
popolarità e apprezzamenti, fino a essere considerato un capolavoro
del genere (tant’è vero che è il capostipite di una serie di film e
fumetti). Moltissimi sono i temi filosofici nascosti nell’evento
raccontato: la xenofobia (la paura per il diverso, per l’estraneo); la
primordiale e efficace volontà di vivere (un istinto incontenibile alla
vita che spinge l’Alieno ad eliminare l’equipaggio); la potenza e il
miracolo della nascita, poiché l’Alieno ha un ciclo riproduttivo molto
particolare: l’embrione viene impiantato in un ospite tramite una
creatura intermedia (il FaceHugger); dopo qualche ora il bambino-
alieno, pronto alla vita autonoma, “si fa partorire” sfondando la
cassa toracica dell’ospite parassitato, uccidendolo. Il solo fatto che
Xenomorfo)
l’Alieno (chiamato anche necessiti di inseminare (e
quindi uccidere) altre forme di vita per assicurare la riproduzione
della sua specie, lo rende un essere angoscioso e contrario a tutte
le regole dell’etica e della normale riproduzione naturale.
Nostromo,
Il film è ambientato sulla gigantesca astronave buia,
poco ergonomica, per nulla accogliente, asettica, artificiale, piena di
lunghi e stretti corridoi con pareti quasi del tutto coperte da infiniti
tubi e cavi. Lo spettatore si sente schiacciato da un senso di
claustrofobia e di trappola. L’Alieno, grazie alla sua agilità, velocità
e anche alla spiccata intelligenza, può nascondersi ovunque. La
cosa sconfortante è che nessuno dei sette membri dell’equipaggio
veramente
riuscirà a vedere l’Alieno nel corso di tutto il film. Come
è fatto? Nessuno riesce a rispondere perché i suoi attacchi sono
rapidi e improvvisi e soprattutto inaspettati. Scott è stato un
maestro nel creare questa soffocante atmosfera ostile: è come se ci
dicesse di non aver paura del mostro in sé, ma della sua attesa. Il
buio, emblema dell’ignoto e della paura, domina buona parte delle
scene e né lo spettatore né i protagonisti riusciranno mai a vedere
indistintamente gli oggetti (o un mostro) nascosti in una stanza. Per
buona parte del film, penseremo che l’incontro con lo Xenomorfo sia
stata una sfortunata coincidenza, ma nella parte finale scopriremo
un terrificante complotto che ci porterà, a questo punto, a tifare e
sperare per la sopravvivenza dei pochi superstiti e, allo stesso
tempo, a provare disgusto per la totale assenza di scrupoli del
genere umano.
La creatura, lo Xenomorfo, è nata dalla mente geniale di un artista
surrealista svizzero scomparso il 12 maggio 2014: Hans Ruedi Giger.
I suoi lavori e le sue opere hanno un forte impatto visivo ed emotivo
e sono imperniate sul tema del “biomeccanico”, ossia della
presenza di strutture organiche all’interno di un corpo meccanico o
comunque artificiale. Tra i suoi quadri, vi era anche uno Xenomorfo
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che con qualche modifica (per renderlo più alieno e molto meno
umano) è stato adattato per il film. La creatura aliena, considerata
la “specie perfetta” per la sua ostilità e la sua eccezionale
conformazione fisica che la rende un nemico molto difficile da
sconfiggere, da più di trent’anni occupa l’immaginario di chi ha
Alien
visto il primo film della saga di e ne è rimasto affascinato.
Come me.
STORIA DELL’ARTE: SURREALISMO
Lo xenomorfo nasce inizialmente come soggetto di vari quadri del
pittore surrealista svizzero Hans Ruedi Giger.
I design originali della creatura aliena si trovano nell’album
Necronomicon, pubblicato da Giger nel 1977. La pittura gigeriana è
sostanzialmente monocromatica, inquietante, visionaria, bizzarra,
tetra.
È importante l’influenza di Salvador Dalì (maggior esponente del
movimento surrealista), ma anche delle incisioni oniriche di William
Blake. I disegni di Giger sono cupi ed evocativi, vere "fotografie
dall'inferno" capaci di mescolare sensualità, irrealtà e orrore; gli
biomeccanoidi,
esseri rappresentati sono chiamati creature o
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macchine organiche composte da organi o membra umane e
oggetti (in genere meccanici, tra cui spesso armi o oggetti di uso
comune). Caratteristica del biomeccanoide è che in esso metallo e
carne si fondono indissolubilmente. L’Alien, infatti, è il
biomeccanoide più conosciuto, e la sua parte organica più evidente,
ma anche più subliminale, è la particolare lingua dentata retrattile e
rigida: riferimento sessuale all’organo di riproduzione maschile
umano.
Lo xenomorfo ha anche sembianze simili a quelle degli artropodi
terrestri (per i suoi emblematici movimenti e per i suoi arti
insettoidi,
spigolosi), ragion per cui è accostato anche agli
immaginari mostri della fantascienza, basati appunto sulle
fisionomie degli insetti. Poiché Giger fu un cultore dell’arte
surrealista, analizzo la nascita e le caratteristiche di tale movimento
pittorico.
Nel 1924 il poeta e intellettuale francese André Breton pubblicò il
Primo manifesto del Surrealismo, prendendo spunto
dall’Interpretazione dei sogni di Freud che aveva rivoluzionato la
visione del sogno come lo strumento più adatto a ricostruire
l’attività psichica inconscia. Nel manifesto, Bréton aspirava a una
conciliazione tra il mondo vero, reale e conscio, quello della nostra
quotidianità, e il mondo onirico e intangibile della nostra psiche. Nel
sogno, infatti, noi accediamo a un’altra realtà, una realtà superiore:
surrealtà,
la formata dalla sovrapposizione tra esistenza reale e
esistenza subconscia. Da qui nasce il Surrealismo, arte pittorica
elusa da qualsiasi tipo di freno o controllo dal filtro della ragione,
della morale, dell’estetica, libera di vagare e raccogliere immagini,
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idee, parole, senza costrizioni né scopi né esitazioni. La bellezza
surrealista nasce spesso dal trovare due oggetti reali, veri, esistenti,
di cui sappiamo a cosa servono, dove devono essere posti e in che
occasioni si adoperano, che non hanno nulla in comune, ma si
trovano assieme in un luogo assolutamente estraneo a entrambi.
Tale visione genera un’inattesa visione che ci sorprende per la sua
originalità, assurdità e il suo incomprensibile senso, che ci spiazza e
fa crollare tutte le nostre certezze. Questo tipo di arte garantisce
quindi una totale libertà individuale e creativa per l’artista, capace
di correre senza freni di alcun genere. Infatti, nel Manifesto, Bréton
dice riguardo al Surrealismo: “dettato dal pensiero, in assenza di
qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni
preoccupazione estetica o morale.”
Lo xenomorfo è proprio questo: è nato dal pensiero geniale di Giger,
ha un’intelligenza totalmente fredda e priva di emozioni o rimorsi, è
al di là di ogni pentimento morale o estetico. L’uomo non può
vincerlo. Per questo, lo xenomorfo è considerato l’essere vivente
perfetto, un superstite, a detta di Ash.
Il personaggio simbolo del Surrealismo è Salvador Dalì, morto nel
1989. La sua adesione al movimento è
sincera e motivata e inventa persino una tecnica pittorica: il metodo
paranoico-critico. La paranoia è una malattia mentale cronica,
secondo l’artista, che crea un costante senso di delusione, con o
senza allucinazioni visive. Per dipingere queste immagini suggerite
dalla paranoia, l’artista deve razionalizzare il delirio (momento
critico) e rappresentarlo con forme conosciute. Ecco quindi che il
delirio trova le più raccapriccianti espressioni incarnandosi in esseri
ripugnanti, animali mostruosi, frammenti anatomici, rifiuti d’ogni
tipo, forme ambigue, figure inquietanti che, a seconda di come si
guardano, possono sembrare cose diverse o più cose insieme. Si
tratta di un linguaggio artistico estremamente complesso e elitario,
ricco di simboli, citazioni colte e estremamente incomprensibile.
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Sogno causato dal volo di un’ape
Nel (1944) l’atmosfera cambia
bruscamente diventando nitida e rilassata a dispetto dei quadri
ambigui e spaventosi tipici di Dalì. Lo spunto venne all’artista dopo
che un’ape lo punse mentre dormiva. Il dolore fu ingigantito
dall’inconscio, provocandogli visioni e immagini surreali che subito
dipinse sulla tela. In basso a destra, Gala, l’amante di Dalì, riposa
sollevata magicamente da un piatto e bianco scoglio. Una baionetta
sta per trafiggerle il braccio destro: siamo nell’istante che precede
la sensazione di dolore, ma l’arma appuntita rappresenta anche un
simbolo sessuale. La puntura comunque c’è già stata e suggerisce
al cervello l’immagine di due feroci tigri che balzano fuori dalla
bocca spalancata di un pesce a sua volta scaturito da una
melagrana spaccata. Sullo sfondo un assurdo elefante con lunghe
zampe esili da insetto trasporta sulla groppa un obelisco.
Nonostante questo, la bestia cammina sullo specchio d’acqua con
estrema leggerezza, senza neanche increspare la speculare
piattezza d’un impossibile mare senza onde. Una visione senza
significati: frammentaria, incoerente, sensazionale.
Sogno causato dal volo di un'ape intorno a una melagrana un attimo
prima del risveglio, 1944, El Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid
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FISICA: LA CORRENTE ELETTRICA
Alien,
Il titolo del film, sembra riferirsi tanto all'essere alieno quanto
all'ambiente entro cui si svolge la storia: la creatura diviene
padrone di tutto ciò che serve al suo scopo, tanto dei corpi usati
come materia prima organica quanto della base spaziale,
nonostante questa sia opera degli uomini. L'angoscia generata dal
film sta proprio nel disperato girovagare dell'equipaggio tra i
claustrofobici labirinti dell’astronave, in cerca di un'impossibile
salvezza.
Per tutto il film, l’unica fonte di luce per i protagonisti è quella
generata dalla corrente elettrica all’interno dell’astronave. La fonte
luminosa artificiale accresce il senso di asetticità, di innaturalità e di
claustrofobia della Nostromo, in cui non c’è quasi nulla di umano, di
verde, di naturale, ma solo pareti scure e indefinite, oggetti
tecnologici e stanze fredde.
La luce artificiale è un elemento importante del film, pertanto
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spiego cos’è la corrente elettrica.
La corrente elettrica è un moto ordinato di cariche elettriche, il più
delle volte elettroni. In un filo metallico le cariche elettriche sono
elettroni negativi, ma possono esistere portatori di carica sia positivi
che negativi. Un moto di cariche è simile a quello di un fluido: per
far scorrere l’acqua in una conduttura deve sussistere una
differenza di energia potenziale, cioè il liquido deve trovarsi a due
livelli differenti; anche per far muovere cariche elettriche deve
esistere una differenza di potenziale elettrico, in cui le cariche
positive seguono la discesa di potenziale. L’intensità della corrente
elettrica si misura in ampere (simbolo A), che equivale a 1
Coulomb\1 secondo ( 1 C\s), ed è uguale al rapporto tra la quantità
di carica che attraversa una sezione trasversale di un filo
ΔQ
nell’intervallo di tempo impiegato. Il verso della corrente elettrica
Δt
è quello in cui si muovono le cariche positive, seguendo un’antica
consuetudine. Di conseguenza, il verso della corrente è quello che
fa passare i punti da potenziale maggiore verso punti con potenziale
elettrico minore. La regola si applica anche a conduttori in cui non
sono presenti cariche positive in movimento: se gli elettroni si
muovono da destra verso sinistra, ipoteticamente il verso della
corrente sarà da sinistra a destra. Una corrente si dice continua
quando la sua intensità non varia nel tempo (DC, direct current), in
cui la carica è direttamente proporzionale al tempo trascorso.
Come detto prima, per generare un flusso continuo di corrente
occorre creare una differenza di potenziale che faccia scorrere le
cariche verso punti a potenziale minore. Lo strumento che si utilizza
è il generatore di tensione, un dispositivo capace di mantenere ai
suoi capi una differenza di potenziale costante, per un tempo
indeterminato e qualunque sial a corrente da cui è attraversato.
Collegando i capi di una lampadina ai poli di una pila con due fili di
rame, otteniamo un circuito elettrico in cui la lampadina si illumina.