Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
ENRICO PUNZO 5AE
utile individuare e spostare ove è possibile fonti di disturbo elettromagnetico, come
alimentatori difettosi, consolle di videogiochi, cellulari ecc. Dove non sia possibile (difficile
spostare un traliccio dell’alta tensione o una lavatrice), si devono controllare i cavi di
collegamento della CCD e dell’alimentazione, schermare la camera con un foglio di carta di
alluminio connesso ad una terra, controllando la presa di terra del nostro sistema. Ma la
scelta più ovvia è quella di cambiare siti osservativi.
INTRODUZIONE ALL’IMAGE PROCESSING
Image Processing (IP) significa elaborazione dell’immagine e comprendiamo nel termine tutte
file raw
quella procedure che trasformeranno i dati grezzi del in un’immagine piacevole a
vedersi, ricca di dettagli e scientificamente significativa. L’Image Processing è una procedura
software e si applica con appositi programmi chiamati, per l’appunto, Image Processors. Il
mondo informatico offre una vasta gamma di software per l’elaborazione delle fotografie,
spesso economici o gratuiti; questi programmi di fotoritocco sono però scarsamente utili per i
nostri scopo: l’image processing astronomico si avvale di software specificatamente progettati e
dotati di funzioni particolari, non altrove disponibili. In primo luogo devo far notare come la
dinamica delle immagini CCD, di solito a 12 o 16 bit non sia gestibile dai comuni programmi
che lavorano file a 8bit (non fatevi ingannare dalla dizione 24bit che questi riportano: si riferisce
a immagini a colori, dove i tre canali, RGB, ognuno a 8 bit formano per l’appunto, un file a
24bit; la dinamica del singolo canale e della scala dei grigi resta a 8 bit). Solo programmi
particolari, come quelli destinati all’uso astronomico, riescono ad elaborare immagini a 16bit in
grigio ed è una qualità essenziale per i nostri scopi: scendere a 8 bit significa perdere una
notevole quantità di informazione.
Dovremo perciò eseguire tutte le fasi dell’elaborazione mantenendo la dinamica completa e
convertire i file a 8 bit solo al termine delle operazioni, per renderlo compatibile con altre
applicazioni (per esempio la visualizzazione con Photoshop o Paint o Paint Shop). Grazie a
questi software è possibile fare praticamente di tutto, dal modificare i colori, fino a creare dal
nulla, dettagli inesistenti. Questa possibilità ha portato a numerose critiche di falsità (o scarso
realismo) che molte immagini presenterebbero. Non del tutto infondata, questa accusa ci
introduce in una sorta di terreno minato che sarà bene esplorare subito.
Fino a che punto siamo autorizzati a elaborare un’immagine astronomica? Esiste un limite al di
là del quale non è legittimo spingersi? Diversi astrofili e astronomi hanno cercato queste
risposte, con risultati non sempre soddisfacenti: forse esse non esistono neppure… in ogni caso,
con questa tesina, cercherò di stimolare alla riflessione il lettore e di trovare un giusto equilibrio
di lavoro. Una prima considerazione deve farci notare come quella astronomica sia un tipo di
fotografia scientifica, con lo scopo di rappresentare un determinato fenomeno naturale, onde
permetterne lo studio approfondito. Non è certo vietato partire da immagini astronomiche per
creare opere artistiche, ma questa attività non appartiene al nostro campo. Lo scopo del nostro
lavoro, perciò è la rappresentazione della realtà… Qui nasce il dilemma Pirandelliano: quale è la
realtà? Nessuno di noi ha mai visto da vicino un oggetto astronomico, a parte la luna, e qualche
meteora… Come possiamo quindi immaginarne lo splendore e il contrasto reale? Tutti
concorderanno che questo sarebbe assurdamente limitativo per le riprese del fondo cielo, ma
anche per i corpi del sistema solare le immagini ravvicinate dei giganti gassosi inviate dalle
sonde automatiche hanno rivelato un Giove un Saturno ben diversi da come li osserviamo dalla
terra. Un opinione semplicistica sull’argomento recita che con l’elaborazione si dovrebbe solo
mettere in migliore evidenza ciò che sia gia visibile. Anche questa tesi non può essere accettata:
immagini raw
le planetarie e lunari mostrano ben pochi dettagli che sono però presenti, latenti
potremmo dire, al di sotto di una soglia di visibilità, ma subito rivelati, per esempio
Pag. 6 di 24
ENRICO PUNZO 5AE
dall’applicazione di un filtraggio. Ciò non toglie che l’applicazione eccessiva di questo tipo di
elaborazione porti alla comparsa di artifizi che poco hanno a che fare con il realismo
dell’immagine. Il peggior nemico da questo punto di vista, vale a dire il rumore che cresce con
l’esasperarsi dell’elaborazione, può diventare un alleato nel nostro giudizio: un rumore
inaccettabile può significare che siamo andati troppo in là, e che saranno già comparsi artifizi
non credibili. Lo stesso rumore, nelle immagini di profondo cielo (deep sky), può simulare la
presenza di stelline inesistenti, ma un’analisi accurata dei valori confrontata con carte stellari
professionali, tradirà la falsa attendibilità. In ogni caso il principio di fondo è di migliorare
senza modificare. Non dimenticate, però che tutti i risultati ottenuti dovranno essere
riproducibili.
COME OTTENERE UN’IMMAGINE PRIVA DI DISTURBI
Come fare ad individuare la presenza di disturbi? Si esegue un DARK FRAME. Un’ immagine
scattata completamente al buio (mettendo un tappo sopra la camera CCD oppure al telescopio, e
verificando l’andamento della trama dei grigi.) Ecco
a sinistra un esempio di dark frame. In esso si
distingue la rumorosità dell’immagine, dovuta alla
sensibilità termica del sensore CCD. Per rimediare a
questo diffuso inconveniente, oggi i moderni CCD,
sono accoppiati a delle ventole simili a quelle usate
per la CPU di un computer. In ogni caso come si può
ottenere un’immagine priva di rumore?
Una tecnica sperimentata e diffusa tra gli astrofili, è
quella della ripresa; ovvero al posto che effettuare un
singolo scatto con la camera CCD, si effettua una
ripresa (un filmato di una certa lunghezza). Una
ripresa non è altro che una serie numerosa di
immagini (chiamati in termine tecnico frame)
apparentemente simili tra di loro. La differenza sta
nel rumore termico e nella turbolenza atmosferica,
fattori che cambiano da frame a frame. Il numero di frame di un filmato dipende dalla frequenza di
campionamento della camera CCD. Questo ultimo valore dipende dalla CPU, e dalla conformazione
circuitale della camera CCD. La frequenza di campionamento si misura in frame per secondo
ovvero [Fps]. Quanti più frame riesco ad ottenere nel mio filmato, migliore sarà il risultato finale; di
conseguenza occorre avere una frequenza di campionamento, (o di cattura), molto alta per ottenere
nel minor tempo possibile, tantissimi frame. Purtroppo nei casi reali, oggi possiamo contare su
camere CCD con frequenza di cattura regolabile, ma che arriva al massimo a 20Fps. Tuttavia anche
i computer più potenti, interfacciati con camere CCD impostate sui 20Fps, non riescono a sfruttare
questa frequenza, e molte volte si ottengono anche il 10% di frame uguali in tutto il filmato: in
parole spicciole, con i computer d’oggi, non si riesce a sfruttare
al meglio la frequenza massima di campionamento delle
camere CCD. Ma a cosa serve ottenere un filmato di tanti
frame? Un filmato contenente una grande quantità di frame,
simili fra di loro (che differiscono solo per il rumore e per la
turbolenza atmosferica), può essere trasformato in un unico
fotogramma, ottenuto mediando aritmeticamente tutti i frame
del filmato preso in considerazione. Il frame risultante, non
sarà contrastato e nitido, ma sarà pressoché privo di rumore.
A destra ho riportato la media di un filmato di marte da 1200
frame ottenuto con un telescopio da 23cm di diametro.
Pag. 7 di 24
ENRICO PUNZO 5AE
Nonostante si notino diversi tratti del paesaggio marziano ,(come la calotta polare sud e le regioni
scure della SOLIS LACUS), l’immagine è molto “morbida” (come si dice in gergo); ovvero
parlando in termini di spettro, le componenti ad alta frequenza, risultano attenuate. In parole povere
non si possono percepire dettagli minuti. Cosa si può fare per rimediare a questo inconveniente? Per
prima cosa, l’astrofilo prima di eseguire la media di tutti i frame, con degli appositi software esegue
una scelta dei frame da mediare… Un lavoro lungo e noioso. Tuttavia risulta necessario eliminare i
frame più brutti; Ad esempio se nel filmato ci sono frame esattamente uguali, con lo stesso rumore,
ne va tenuto solo uno. Se mentre stiamo riprendendo il filmato del pianeta, ci mettiamo a
camminare attorno al telescopio, le vibrazioni porteranno a dei frame mossi che vanno individuati
ed eliminati. In più ricordo che il motore che insegue il pianeta, commette un errore periodico di
inseguimento, quindi se mediamo tutti i frame del filmato, otteniamo un frame finale mosso.
Un’altra limitazione è dovuta alla velocità di rotazione del pianeta in questione. Il pianeta ruotando
intorno al suo asse con una certa velocità, non ci consente di fare filmati contenenti più di “tot”
frame. Di conseguenza dobbiamo ricorrere a programmi come REGISTAX che consentono di
allineare tutti i frame di un filmato automaticamente prima di fare la media. Per esaltare i dettagli
del frame finale, aumentando i dettagli e la nitidezza si ricorre ai filtri di Convoluzione.
FILTRI CONVOLUTIVI … L’ULTIMA FRONTIERA
Parola magica in grado di esercitare un fascino sui principianti con la sua implicita promessa di
elaborazioni miracolose: la possibilità di eliminare tutto ciò che è sgradevole lasciando solo il
buono di un’immagine. Tutti vorremmo un filtro che separi il rumore lasciando solo il segnale utile:
ovviamente non esiste e, in termini generali, il reale potere di queste formule di calcolo (perché
altro non sono) è un poco sopravvalutato.
I filtri di convoluzione operano sull’immagine così come essa appare nello “spazio” ovvero nelle
sue dimensioni, larghezza e altezza. Per questo motivo si dice che i filtri lavorano nel dominio dello
spazio in contrapposizione all’altro modo in cui un’immagine può essere rappresentata, cioè come
una serie di frequenze (nel qual caso di parla di dominio delle frequenze). Come ho già accennato,
nel dominio dello spazio un’immagine è rappresentabile come una matrice, un’ordinata griglia di
numeri, ognuno dei quali descrive il valore di un pixel; le dimensioni della matrice
corrisponderanno ovviamente, a quelle della fotografia. Un fitro spaziale è
un’altra matrice di minori dimensioni che opera sulla matrice dell’immagine
apportandovi delle modifiche. Il meccanismo preciso col quale agisce prende il
convoluzione e non è difficile da descrivere anche facendo ricorso
nome di
soltanto a una matematica elementare. Osserviamo la figura a lato: ci mostra una
semplice griglia costruita con 6 toni (tonalità) di grigio. Rappresentiamo
l’immagine con una griglia di
numeri (figura A ,a destra) e in
basso a destra (sempre in figura A)
disegniamo un tipico filtro, con
una matrice di nove elementi,
ovvero con il lato di tre. Ho
rappresentato in figura A come
viene elaborato il pixel evidenziato
nel riquadro nero: la maschera di
nove elementi del filtro nel
momento in cui si centra su di
esso, copre anche con le sue otto
celle periferiche, gli otto pixel
circostanti. Il nuovo valore del
Pag. 8 di 24
ENRICO PUNZO 5AE
pixel centrale si otterrà moltiplicando ognuno di questi nove pixel per il corrispondente valore della
matrice del filtro, si sommano poi i risultati per poi dividerli per la somma di tutti i valori del filtro.
Se ripetiamo il calcolo per tutti i pixel dell’immagine otteniamo una nuova matrice, vedi figura B
sotto ;
Deduciamo che il filtro utilizzato non è altro che un passa-basso, che ha determinato una sfocatura
dell’immagine originale. La matrice ha più valori diversi tra di loro rispetto al caso precedente, e
l’immagine risultante è una scala di 12 toni di grigio anziché 6. Per rendere il discorso un po’ più