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A sinistra: le sorelle Freud. Da sinistra: Adolfine, Marie, Rosa e Pauline. A destra: la figlia di

Freud: Anna Freud.

L’interpretazione dei sogni

"Fornirò la prova dell'esistenza di una tecnica psicologica che

permette di interpretare i sogni e dimostrerò che utilizzando questo

metodo ogni sogno si rivela essere una formazione psichica dotata di

senso che può essere inserita in un luogo ben preciso dell'attività

psichica della veglia".

Così Freud apre quello che sarà l’opera più famosa ed importante da lui mai

pubblicata: L’interpretazione dei sogni (1900) con la quale getterà i fondamenti

dello studio di quell’incredibile fenomeno psichico quale è l’attività onirica.

Freud, premettendo che i sogni sono precisi atti mentali, afferma che è

possibile dare loro una interpretazione e un senso mediante un’approfondita

analisi. Tuttavia questo tipo d’indagine è alquanto complesso, poiché non

sempre i sogni si prestano ad un’interpretazione semplice e lineare. Il medico

austriaco, analizzando i propri sogni e quelli dei suoi pazienti, si rende conto

contenuto manifesto,

che questi presentano un ovvero la situazione o la scena

contenuto latente

che appaiono direttamente in sogno, e un che è ciò che il

sogno in modo nascosto allude e l’analista

deve riuscire a scoprirle tramite il dialogo

con il paziente e il metodo delle libere

associazioni. Una volta ricreate, almeno in

parte, le condizioni in cui la mente si trova

quando ha prodotto il sogno, il paziente

deve porsi in posizione rilassata su un

lettino, deve esporre quanto gli affiora alla

mente, rispondendo inoltre istintivamente

alle domande poste dal medico. La rapidità

della replica è un fattore essenziale, poiché

il soggetto analizzato non deve avere il tempo di riflettere, mobilitando così le

attività consapevoli della propria psiche. I desideri, proprio perché sono

incompatibili con la coscienza morale, il paziente li censura inconsciamente,

cioè li “rimuove” dalla coscienza. L’espediente più subdolo con il quale la

censura svolge la propria attività è la revisione secondaria. Essa è responsabile

dell’apparente coerenza di molti sogni, che ha lo scopo di non far sorgere nel

sognatore alcuna domanda sul reale significato del sogno stesso, mantenendo

quindi l’inconscio al sicuro dalla coscienza. I desideri repressi tuttavia, secondo

Freud non si annullano, poiché continuano ad agire nella parte inconscia della

psiche da cui a volte affiorano anche a distanza di molti anni attraverso segnali

nevrotici rappresentati ad esempio da piccoli atti quotidiani, quali i lapsus e

amnesie temporanee, solitamente attribuite al caso o alla distrazione. Freud

10

sostiene dunque il determinismo della vita psichica: per lui, nelle

manifestazioni della psiche non vi è nulla di casuale.

Stabilito dunque, che la maggior parte della vita mentale si svolge

nell’inconscio, Freud definisce con precisione la struttura della psiche che gli

la coscienza, il preconscio e

appare organizzata in tre province distinte:

l’inconscio.

Coscienza: parte della psiche legata tramite la percezione alla realtà esterna

al soggetto. Il cosciente opera secondo il principio di realtà (tenendo conto dei

costi e dei benefici della soddisfazione immediata).

Preconscio: parte della psiche che costituisce l’anticamera della coscienza,

cioè di quei contenuti psicologici di cui l’Io consapevole può divenire in ogni

momento esplicitamente padrone.

Inconscio: parte della psiche in cui vengono respinte esperienze traumatiche

che potrebbero essere dolorose e quindi pericolose per l’individuo. Da qui tali

esperienze non possono più riaffiorare al preconscio e alla coscienza se non

sotto forma onirica (sogni) o sintomatica (patologie psichiche come la nevrosi).

Scoperto l’inconscio, dal 1920 Freud passa a studiare la scomposizione della

personalità (vita psichica o apparato psichico) che, secondo lui, si articola in tre

istanze:

L’Es è la forza impersonale e caotica che costituisce la matrice originaria della

nostra psiche, non conosce né il bene né il male, né la moralità (non ha

un’etica) ma obbedisce solo al principio del piacere (come i neonati).

Il Super-io è la coscienza morale, ovvero l’insieme delle proibizioni che sono

state installate nell’uomo nei primi anni di vita e che poi lo accompagneranno

sempre, anche in forma inconsapevole.

L’Io è la parte organizzata della personalità che deve mediare tra Es, Super-io e

mondo esterno. L’Io deve equilibrare tramite opportuni compromessi passioni

disparate e in contrasto tra loro, deve stabilire l’armonia tra le forze e gli

impulsi che agiscono in lui. Nell’individuo “normale” l’Io riesce abbastanza bene

a padroneggiare la situazione (fornisce parziali soddisfazioni all’Es), ma senza

violare le proibizioni del Super-io.

L’interpretazione dei sogni consiste dunque, nel percorrere a ritroso il processo

di traslazione del contenuto latente in quello manifesto, al fine di cogliere i

messaggi segreti dell’Es.

La psicoanalisi, divenne ben presto famosa ed apprezzata in tutto il mondo. In

Italia, venne accolta da uno dei più importanti letterati del Novecento: ITALO

SVEVO. Italo Svevo 11

(1861- 1928)

Nasce a Trieste nel 1861, in un agiata famiglia di

commercianti, da padre austriaco e madre

italiana.

Il nome originario era Ettore Schmitz.

“Italo Svevo” è lo pseudonimo che egli stesso si

scelse: Italo deriva da Italia; Svevo indica la

duplicità culturale che lo caratterizza. Dopo

l’istruzione primaria a Trieste, prosegue gli studi

in Germania, dove impara il tedesco e studia

materie legate alle attività commerciali.

Successivamente torna nella sua città natale, e

nonostante prediliga gli studi umanistici, si

iscrive all’istituto superiore del commercio, studi

che non completerà a causa del fallimento dell’azienda paterna. Per necessità

inizia a lavorare in banca e al contempo collabora con il giornale

“l’Indipendente”. Nel 1892, Svevo pubblica a proprie spese il suo primo

romanzo intitolato inizialmente “Un Inetto” poi “Una Vita” il quale però non

riscuote successo. Il silenzio di critica circonda anche la seconda opera

“Senilità” pubblicata nel 1898 dapprima a puntate su ”Indipendente” poi in un

unico volume. Inizia così un lungo periodo di silenzio letterario. Nel frattempo si

sposa con la cugina Livia Veneziani e si trasferisce a casa

dei suoceri, con i quali collabora nella fabbrica di vernici per

navi. Le esigenze di lavoro lo portano spesso all’estero

soprattutto in Inghilterra , così per approfondire la lingua

inglese frequenta dei corsi a Trieste tenuti da James Joyce

non ancora divenuto famoso, ma con il quale stringe una

forte amicizia. In questo periodo inizia a leggere le opere di

Sigmund Freud. Nel 1919, durante la temporanea chiusura

della fabbrica inizia a scrivere il suo terzo romanzo “La

Coscienza di Zeno” e una volta pubblicato nel 1923 venne

sottoposto all’attenzione dei massimi critici europei grazie

all’intervento di Joyce che rimase entusiasta dall’opera di

Svevo. Contemporaneamente in Italia, il romanzo giunge

all’attenzione del giovane Eugenio Montale, il quale dedica allo scrittore

triestino un ampio saggio, ritenendo che sia un autore culturalmente

all’avanguardia, non capito dai critici del tempo.

“ Svevo impone un esame di coscienza troppo impegnativo, rispetto alla

mediocrità, costituita dal nostro ambiente letterario”.

Larga parte della critica italiana infatti non permise un’adeguata valutazione

dell’opera di Svevo; addirittura molti non compresero il senso di certe

definizioni, che ormai venivano utilizzate ampiamente in ambito europeo.

Rinfrancato dai consensi, inizia la stesura del suo quarto romanzo che rimane

incompiuto a causa della prematura morte dell’autore in un incidente

automobilistico nel 1928. 12

La coscienza di Zeno

La formazione di Italo Svevo è atipica rispetto a quella

dei suoi contemporanei in quanto egli appartiene ad un

area geografica molto particolare, che gli permette di

essere in contatto con l’intera Europa. Ha modo di

conoscere Sigmund Freud di cui accetta la psicoanalisi

come tecnica di conoscenza, ma la respinge come

terapia medica. Zeno Cosini protagonista della “

Coscienza di Zeno” è un uomo malato, incapace di

incidere sulla realtà a causa di mancanza di volontà.

Intraprende così una terapia psicoanalitica che assume

la forma di un viaggio a ritroso nella propria memoria

alla ricerca delle radici del male. Il male non è altro che la società, pertanto la

malattia riguarda tutti gli individui. L’unica differenza tra “i malati” e i “sani”

risiede proprio nella consapevolezza della malattia; i sani lo sono

apparentemente poiché si adattano alla realtà in modo non problematico. La

malattia dunque per Svevo è il segno positivo del rifiuto all’adattamento ai

meccanismi sociali, un rifiuto di cui l’inettitudine diventa la manifestazione più

evidente. Inetto è chi non accetta l’alienazione, un “diverso” che però deve

gridare al mondo la sua diversità per dare senso alla propria vita. La scrittura

diviene così un importante strumento di salvezza poiché consente di

raccogliere i propri ricordi e di sottrarli all’usura del tempo. Ricordare, e capire:

solo questo può fare l’uomo, accettando fino in fondo, con ironia, la propria

incapacità di intervenire sul reale. La soluzione dunque per Zeno è smettere la

cura ed accettarne il risultato. Zeno racconta avvenimenti passati, ma nel

momento stesso in cui viene evocato un avvenimento diventa presente nella

coscienza ed entra così in contatto con l’attesa del futuro. Ogni individuo

dunque è prodotto del suo passato , che rivive costantemente nel presente

condizionato da attese future. Il romanzo è suddiviso in sei capitoli ma

preceduto dapprima da una prefazione.

Lo psicanalista “ dottor S.” dichiara di pubblicare le memorie del paziente Zeno

Cosini per dispetto, poiché il paziente si è sottratto prima del previsto dal

trattamento ed invita al lettore a cogliere le verità e le bugie che caratterizzano

“Il fumo”,

l’intera vicenda narrata. Nel primo episodio, troviamo il protagonista

alle prese con vari tentativi di liberarsi del vizio, acquisito poco più che

adolescente, poiché lo riteneva un tentativo di trasgressione e dal quale non

riesce a divincolarsi.

Ogni qualvolta decide di fumare l’ultima sigaretta, Zeno

annota questa data, ma dopo numerosi fallimenti, si

rende conto che fumare l’ultima sigaretta è per lui un'

esperienza piacevolissima, in quanto assume ogni volta

un sapore diverso causato dalla coscienza che dopo

quella non potrà fumarne più.

“Nella morte di mio padre” emerge il tema del rapporto

tra Zeno e suo padre, difficile sin dall’infanzia e deviata

da silenzi. Il padre non ha alcuna fiducia del figlio, tanto

è vero che affida l’azienda commerciale di famiglia ad un amministratore

13

esterno. Ma il più grande malinteso avviene in punto di morte, quando il padre

colpisce Zeno, e costui non riuscirà mai a capire il significato di quel gesto. Il

terzo capitolo è il racconto paradossale delle vicende che porteranno il

protagonista al matrimonio. Zeno conosce tre sorelle figlie di Giovanni Malfenti,

uomo con il quale ha stretti rapporti di lavoro e che vedrà come figura paterna

dopo la morte del padre. Egli è perdutamente innamorato di Ada e le fa la

corte, ma il suo sentimento non è ricambiato poiché lo considera troppo

diverso da lei ed incapace di cambiare. La sua corte ad Ada si complica per

l'entrata in scena di un rivale, Guido Speier, giovane bello ed elegante e come

Zeno suonatore di violino, ma di lui molto più abile. Ada ne è veramente

incantata e Zeno è decisamente destinato alla sconfitta, tanto che, attraverso

una serie di vicende altamente comiche, arriverà a fidanzarsi con Augusta,

delle tre proprio l'unica che Zeno non avrebbe mai pensato di sposare. Il

matrimonio invece si mostrerà positivo: Augusta sarà veramente la moglie

“Moglie e l’amante”

ideale. Nella Zeno si accorge con stupore di amare la sua

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