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1867-1936
Tre diversi ambienti influirono sulla formazione psicologica e
culturale di Pirandello:quello siciliano,quello tedesco e quello
romano.La sua celebrità si fonda in massima parte sul suo
teatro.La foltissima produzione teatrale di Pirandello,costituì il
naturale sviluppo della lunga sperimentazione da lui condotta
nelle opere di narrativa:la scena gli si presentò infatti come il luogo
più idoneo alla piena espressione della sua creatività,incentrata
sui temi dell’esistenza.
Il teatro è la forma di rappresentazione artistica che più
pretende al realismo,in quanto cose,persone e fatti ci si
presentano direttamente davanti agli occhi,ma è anche
quella in cui il grado di artificio è più alto,poiché tutto
quello che vediamo è un inganno:gli eroi sono uomini
travestiti,le passioni sono recitate e gli eventi simulati.
Pirandello esalta questa ambiguità e la fa esplodere,per indagare
le ambiguità della vita stessa.
La riflessione ha sempre un posto centrale,sia nella narrativa
che nel teatro.I personaggi sono dei ragionatori, e buona parte
dell’azione è raddoppiata dall’indagine sull’azione stessa e dalla
ricerca del suo significato.A questa riflessione si aggiunge quella
dell’autore sul teatro,in quanto allegoria della vita:ecco dunque
l’aspetto metateatrale del “teatro nel teatro”.
Il contrasto fra “vita” e “forma”,fra realtà e
finzione,fra persona e personaggio,acquista sulla
scena un’evidenza straordinaria.
Il teatro,con i suoi specifici meccanismi,diventa
così uno straordinario strumento di conoscenza e
di critica.
Nel complesso mosaico della
drammaturgia pirandelliana,si possono
individuare facilmente i punti focali del
pensiero del grande autore agrigentino:
-- l’inesistenza della realtà
oggettiva e quindi l’impossibilità
di raggiungere verità assolute;
-- la molteplicità delle forme,cioè
delle apparenze,sotto cui ogni
individuo si presenta agli
altri,costretto a recitare ed
indossare una maschera;
-- l’assurdità di una vita passata
a “recitare”
La chiave di lettura di molte
opere di Pirandello è
l’umorismo.Egli infatti, subendo
influenze dalla psicanalisi
freudiana(la quale sostiene
l’esistenza di due vite
parallele:vita
pubblica,caratterizzata dal
soffocamento dell’individuo,e
autocoscienza,basata su una
passione irrazionale che
allontana l’individuo dalla
Per Pirandello la realtà nel suo profondo
è inconoscibile e dunque l’uomo si pone
continuamente interrogativi su se
stesso,ma scopre amaramente la sua
incerta identità.
È SOLO UNA MASCHERA CHE L’UOMO
INCONSCIAMENTE ASSUME PER
ADEGUARSI A COMPORTAMENTI
COLLETTIVI.
“La carriola” (dalle Novelle per un anno)
Pirandello rappresenta un avvocato, padre di famiglia, professore universitario. E’ un
uomo di successo a cui tutti, studenti, clienti, familiari, chiedono di essere saggio. La
sua posizione sociale diviene quindi la sua forma, per la quale ha lottato.Il dramma
comincia quando una persona esce dalla sua forma e si vede vivere; questo significa
uscire dalla propria situazione e vedersi dall’esterno. Una volta, tornando in treno,
l’avvocato vede attraverso il finestrino la campagna toscana. Improvvisamente ha la
sensazione della vita che vive, che non gli piace, non è sua ma di un altro. Mentre
riflette su questo si assopisce e quando si sveglia se ne è già dimenticato. Torna a casa e
davanti a questa nota una targa con i suoi titoli di dottore, avvocato, …. All’improvviso
questo “lui” gli sembra estraneo; non gli piace cosa fa e nemmeno la sua forma fisica.
C’è stato quindi uno sdoppiamento: l’avvocato è uscito dalla sua forma. Questi apre
poi la porta di casa e supera la sua situazione grazie all’amore dei figli, ma ormai si è
visto vivere e non potrà più accettare la vita com’è. Si ribella, ma questa è una
ribellione momentanea, perché la società è una morsa forte e si finisce comunque
sempre per ritornare alla propria situazione iniziale. L’avvocato si reca tutti i giorni al
suo studio con una vecchia cagnetta, chiude la porta, prende la cagnetta per le zampe
posteriori e le fa fare la carriola, poi riapre la porta e riprende il suo lavoro, la propria
forma. Questa situazione rappresenta una rivendicazione dell’essere sempre un saggio
e per un momento della vita riesce ad uscire anche se solo momentaneamente dalla sua
forma. Dalla forma l’individuo non può uscire e la ribellione è per questo sempre
momentanea.
L’impossibilità di essere se
stessi..e la molteplicità
frammentaria dell’io
nell’arte..
Ensor sente la necessità di ricorrere al colore
puro per manifestare un simbolismo non più teso
al sublime e al misterioso,ma calato nella
“commedia umana”.
I suoi dipinti,resi in un cromatismo dai toni
violenti e squillanti,sono satire del mondo
borghese,dominato dalla menzogna e dalla
morte spirituale,da cui riprende i personaggi
trasformandoli in maschere beffarde. Egli con la
sua pittura,aggredisce la società del suo tempo
rivelando,dietro la facciata di rispettabilità
Ensor è il primo a scandagliare con la pittura i
meandri dell’inconscio
collettivo,rappresentandolo con scheletri e
maschere grottesche. In adempimento con le
nuove esigenze post-impressioniste,egli si
serve della forma e del colore per comunicare
il proprio stato d’animo,rappresentando temi e
argomenti sociali,utilizzando l’arte come
mezzo di provocazione e reazione ai valori
della società borghese di fine secolo,presa dal
vortice della produzione e del profitto.
“L’ingresso di Cristo a Bruxelles”è una delle
opere più significative a riguardo.
Il tema del quadro,la cui forza espressiva è
generata dall’intensità dei colori contrastanti e
distesi in modo piatto,dalla luminosità e dalla
Ensor trasporta il fatto dell’antica città in una
moderna metropoli tumultuosa e
vociante.L’immensa folla che avanza a schiere
parallele e che si perde sul fondo in una miriade di
puntini,che accompagna Cristo in un corteo
festante,non è composta da uomini,o esseri
pensanti autonomamente.Sul volto di
ciascuno,infatti,v’è una maschera grottesca che
esaspera gli elementi salienti,fissandole per
sempre in un atteggiamento caricaturale.La turba
chiassosa è dunque una massa anonima di fantocci
privi di anima e di idee,pronti ad osannare Gesù
oggi e ad ucciderlo domani, strumentalizzati dalla
pubblicità,con il fragore eccitante della banda.In
mezzo a questa grande folla,Cristo,in cui l’autore si
Il quadro,malgrado l’apparenza festaiola,è una vera e
identifica sentendosi respinto da una società in
propria accusa violenta alla società,composta da veri e
sfacelo,quasi
propri pupazzi,schiavi delle mode che si succedono
scompare,inghiottito,trascinato,annullato da coloro
rapidamente l’una scacciando l’altra.
Nato intorno al 40 d.C. a Biblis,una piccola città
della Spagna meridionale,anche lo scrittore
latino nella sua attività letteraria riflette
sull’uomo.
Marziale affronta svariati temi,dall’amore alla
morte,dall’amicizia al sesso,dall’adulazione allo
sbeffeggiamento,dalla vita privata alla vita
pubblica,dalla ricchezza alla miseria,ma tutti
legati fra loro da un unico filo
conduttore,l’osservazione dell’uomo e dei suoi
comportamenti.
Nel ritrarre l’uomo ed i suoi comportamenti
spesso ridicoli,Marziale vuole trasmettere
un’immagine della vita quotidiana che
appaia,ad una prima lettura,giocosa e
divertente,ma che sia anche capace di spingere
alla riflessione e all’autocritica,proprio come
moltissimi anni dopo, ha fatto Pirandello.
Seguendo le orme di Persio,Marziale
sostiene di colpire i difetti,non le
persone.Nasce così una galleria di
maschere dai tratti spesso
grotteschi,che si muovono in una
Roma
sovraffollata,volgare,rumorosa,corrott
a dai vizi e dai piaceri.
Il poeta è un osservatore che si limita a
descrivere con arguzia e con crudo
realismo ciò che lo circonda ed
enfatizza gli aspetti comici del
quotidiano evitando condanne e giudizi
morali.
Marziale padroneggia con incredibile abilità gli
strumenti tipici dell’epigramma
ellenistico,ovvero lo spirito di osservazione,la
concisione,l’ironia pronta e sottile.
L’epigramma,soprattutto quello breve è
articolato in due fasi: una ,di carattere
descrittivo,destinata a creare attesa nel
lettore,e l’altra che risolve la situazione con
un’arguta battuta,spesso basata su un gioco di
parole.In tal modo l’epigramma si chiude in
Se da un lato si assiste alla
frammentazione dell’io e alla sua crisi
esistenziale in relazione alla collettività,
riscontrabile in varie epoche,al suo
opposto vi è la necessità di affermarsi
singolarmente e di slegarsi dalla
massa,oltrepassando quei valori comuni
e quei limiti imposti dalla società.
A tal proposito,ho voluto
attualizzare questa seconda
sfumatura che si cela nella
ricerca della propria
identità,citando alcune parole di
una canzone di un artista
contemporaneo a me molto caro.
Il desiderio di vivere oltre,sopra,una vita che è
“..un brivido che vola via,è tutto un equilibrio
sopra la follia..”, è un enigma insoluto lasciato
al suo mistero nella fervente attesa dell’avvento
di se stessi.
L’insistente invito di Vasco a provare sensazioni
sempre più forti,è infatti riconducibile al
dionisiaco impulso alla vita che F.Nietzsche ha
identificato,nell’interpretazione complessiva del
mondo greco,con l’affermazione entusiastica
della vita stessa,intesa come esplosione di
istinti naturali: intensa e profonda,tesa a
valicare ogni limite,senza inibizioni e senza
riserve,come un’accettazione incondizionata del
divenire in tutte le sue forme,compresi gli
aspetti contraddittori e tragici della
realtà;accettazione della gioia e del dolore resa
La realtà, secondo Nietzsche, è generata dall’incontro-
scontro di due principi opposti:rifacendosi alla mitologia
greca li individua nelle divinità di Dioniso ed Apollo.
Lo spirito dionisiaco è l’elemento dell’affermazione della
vita,della spontaneità dell’istinto umano,della giocosità.E’
l’impulso vitale proprio dell’ oltreuomo,è l’ ebbrezza che
scaturisce dall’accettazione della vita e trova la sua
manifestazione più compiuta nella musica e nella danza.
Lo spirito apollineo invece è l’impulso umano che fugge di
fronte al caos,che concepisce l’essenza del mondo come
ordine e spinge l’uomo a produrre forme rassicuranti e
armoniose.
Apollo è il dio dell’equilibrio e della misura,del
sogno e dell’illusione.Gli uomini,perciò, si cullano
nel mondo dell’apollineo per escludere il dolore
della vita e per poter continuare a vivere senza
guardare la faccia triste e dolorosa
dell’esistenza.
Nietzsche,dunque,parla di
OLTREUOMO,evidenziando i caratteri di colui
che vuole valicare qualsiasi limite,ma senza
schiacciare gli altri.Il nuovo uomo ha valori
differenti dalla massa,accetta la vita in tutte le
sue manifestazioni,è in grado di sostenere la
morte di Dio,di collocarsi nella prospettiva
dell’eterno ritorno,di porsi come volontà di
potenza.
La metafora del fanciullo incarna la figura
dell’oltreuomo che si è liberato dai pesi della
tradizione e dai fardelli metafisici ed etici ed ha
Se “la maschera” di Pirandello trovava la sua
massima espressione artistica in Ensor,lo
spirito dionisiaco dell’oltreuomo nietzschiano
e l’atteggiamento evasivo di Vasco,sono
strettamente collegati artisticamente alla
pittura dei FAUVES.
La loro posizione è la conseguenza estrema ed
esplosiva della polemica antimpressionista,in
atto già da qualche decennio in nome della
libertà espressiva,contrapponendo cioè alla
teoria della pittura come riproduzione delle
impressioni suscitate dalla realtà
nell’artista,quella della pittura come
espressione esclusiva dell’^io^.
L’artista vede la realtà in modo diverso da
come appare agli altri,perché la sente così e
così la rende,soggettivamente,proiettando in
Henri Matisse,più degli altri fauves,riesce a
liberarsi del tutto dall’impressionismo.
La sua pittura non è mai strumento di
rappresentazione del mondo esterno,bensì di
espressione del mondo interno.
“La Damza” è un’opera significativa che
esprime il prorompere inarrestabile della
vita,il suo continuo rinnovarsi,il suo eterno