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Sintesi
Sintesi Tesina terza media Passione


la seguente tesina di terza media ha come obiettivo quello di descrivere il tema della passione attraverso l'Argentina e la descrizione di uno tra i balli considerati come l'emblema della sensualità, il tango, che viene analizzato sia in ambito musicale sia in francese attraverso la descrizione di un'immagine sul ballo del tango. In Educazione motoria vengono descritti i passi del tango argentino, mentre in Tecnica vengono presi in analisi i minerali maggiormente presenti nel sottosuolo argentino.
La tesina continua, prendendo in analisi una delle figure emblematiche e più importanti del Risorgimento italiano, Giuseppe Garibaldi, il quale combatté con passione per l'Unità d'Italia. In Italiano invece viene riportata la poesia scritta da Gabriele D'Annunzio, "La pioggia nel pineto" e infine in Arte e in Scienze vengono scelti quali argomenti: la passione di Vincent Van Gogh per la teologia e la chimica delle emozioni.


Collegamenti

Tesina terza media Passione


Musica: Il tango argentino.
Educazione motoria: I passi del tango argentino.
Francese: La descrizione di un'immagine sul tango e breve descrizione di esso.
Inglese: Argentina.
Geografia: Argentina.
Tecnica: I minerali del sottosuolo Argentino(carbone).
Storia: Giuseppe Garibaldi e la sua passione per l'Italia unita e repubblicana.
Italiano: D'annunzio e La pioggia nel pineto.
Arte: Van Gogh e la sua passione per la teologia.
Scienze: La chimica delle emozioni.
Estratto del documento

Giuseppe Garibaldi nacque nel 1807 a Nizza da una famiglia benestante di pescatori e marinai.

Cominciò la sua carriera come marinaio; iscrittosi alla Giovine Italia, fu costretto ad andare in esilio

dopo il fallimento dei moti mazziniani del 1834. Tra il 1835 e il 1848 Garibaldi soggiornò in

America Latina. Qui combatté sei anni, per mare e per terra tra i ranghi della Repubblica del Rio

Grande do Sul che si era proclamata indipendente dal Brasile. Passò, poi, in Uruguay dove costituì

un corpo di volontari, la Legione Italiana, dalla caratteristica camicia rossa, a capo della quale

combatté nella guerra contro l’Argentina, distinguendosi soprattutto nella battaglia di S. Antonio del

Salto, che fece conoscere il suo nome sino in Italia. Combatté in Brasile e difese il piccolo Uruguay

dalla potente Argentina. Una volta fu preso prigioniero, frustato e trascinato legato a un cavallo.

Un’altra volta una pallottola gli attraversò il collo e poté essere curato solo dieci giorni dopo. La

guerriglia nella giungla gli causò la malaria e un’artrite deformante che lo tormentarono per tutta la

vita. Ma il suo fisico era straordinariamente forte e questi disagi rafforzarono anche la sua fibra

morale. In Brasile si legò ad Anita, una bellissima ragazza che spesso imbracciò il fucile al suo

fianco e che gli diede tre figli. Tornò in patria nel 1848 e da quell’anno in poi divenne uno dei

massimi rappresentanti del Risorgimento.

Partecipò così alla 1° e alla 2° guerra d’indipendenza alla fine della quale il Piemonte si era annesso

all’Italia.

I successi conseguiti non bastarono però ai democratici, per i quali l’Unità d’Italia era un obiettivo

irrinunciabile. Cavour decise di liberare il Mezzogiorno. Lì regnava il giovane Francesco II di

Borbone, che aveva appena ereditato il trono e che appariva inesperto e di carattere debole.

Francesco Crispi, sostenitore della tesi della liberazione dell’Italia meridionale, convinse Garibaldi

che era ormai giunto il momento di indurre alla ribellione i contadini siciliani. Garibaldi consultò il

re e questi, segretamente, approvò. Ai primi di maggio del 1860 Garibaldi salpò segretamente da

Quarto, presso Genova, con un migliaio di volontari, i leggendari Mille. Sbarcò a Marsala e ,

malgrado la schiacciante inferiorità numerica, sconfisse i borbonici a Calatafimi. Le forze di

Garibaldi continuarono ad essere esigue nonostante l’arrivo di 15000 volontari dal continente e il

concorso della popolazione siciliana; tuttavia in pochi giorni i Mille riuscirono a entrare a Palermo.

Subito dopo cominciarono le incomprensioni tra garibaldini e contadini siciliani: i primi volevano

l’unificazione della Penisola, i secondi la rivoluzione sociale. Garibaldi, dopo aver battuto il nemico

a Milazzo, sbarcò in Calabria, poi raggiunse Napoli, da dove i Borbone erano fuggiti, e assunse la

“dittatura del Regno delle due Sicilie in nome del re d’Italia”.

A mano a mano che la spedizione dei Mille procedeva, cresceva l’imbarazzo di Cavour. Egli temeva

che il Meridione diventasse autonomo e retto da una repubblica democratica invece che dai Savoia;

ma soprattutto temeva che Garibaldi prendesse Roma, la sede del papa. Se ciò fosse accaduto, i

cattolici francesi avrebbero costretto Napoleone III a dichiarare guerra all’Italia in difesa del

pontefice. Per evitare questo pericolo non si poteva fare altro che indurre il re a riprendere

l’iniziativa. Così fu deciso. Dopo aver ordinato ai garibaldini di fermarsi, Vittorio Emanuele II

invase lo Stato pontificio senza però toccare né il Lazio né Roma; poi proseguì fino a Teano, dove

incontrò Garibaldi. In questo incontro Garibaldi salutò Vittorio Emanuele II come “re d’Italia” e alla

richiesta di consegnargli le terre liberate ai Savoia, Garibaldi pronunciò il famoso “obbedisco”.

Intanto Francesco II di Borbone e sua moglie fuggivano trovando ricovero a Roma presso il papa. Il

17 marzo 1861 si riunì a Torino il primo parlamento nazionale e Vittorio Emanuele II fu proclamato

re d’Italia. Anche se mancavano il Veneto e Roma, l’Unità d’Italia poteva dirsi realizzata.

La passione di Garibaldi era l’Italia unita ma purtroppo questa suo desiderio non riuscì a vederlo

realizzato perché morì il 2 giugno 1882 a Caprera. Il suo sogno si realizzò 64 anni dopo.

Dopo la seconda guerra mondiale era necessario creare uno Stato nuovo, dove ogni cittadino avesse

la garanzia del rispetto dei propri diritti. Il 2 Giugno 1946 il popolo, uomini e per la prima volta

anche le donne, fu chiamato a scegliere in modo democratico l'ordinamento politico dello Stato con

un Referendum: si trattava di scegliere tra l'ordinamento monarchico e quello repubblicano.

Vincitori della consultazione furono i repubblicani, ma la nascita della Repubblica fu accompagnata

da polemiche di una certa consistenza circa la regolarità del referendum che la sancì. La

proclamazione ufficiale della Repubblica avvenne il 18 giugno.

ITALIANO: D’ANNUNZIO E LA PIOGGIA NEL PINETO

la pioggia nel pineto

Per italiano ho scelto D’annunzio perché la sua poesia è molto passionale

e si collega con il mio tema principale.

Gabriele D’Annunzio nacque a Pescara nel 1863. Trascorse gli anni giovanili a Roma conducendo

una vita monotona molto dispendiosa.

La scoperta di Nietzsche , il filosofo tedesco che aveva elaborato il mito del “superuomo”, lo

indirizzò verso l’ideale di una vita inimitabile stravagante ed esibizionistica.

Nel 1910, perseguitato dai creditori, dovette rifugiarsi in Francia. Scoppiata la prima guerra

mondiale tornò in Italia e si arruolò come volontario distinguendosi per l’eroismo di alcune azioni,

come il volo su Vienna. Tra il 1919 e il 1921 liberò con un gruppo di volontari la città di Fiume, che

i trattati di pace non avevano assegnato all’Italia. L’impresa riuscì ma fu costretto dal governo

italiano a lasciare la città. Nel dopoguerra esteriormente sembrò aderire al fascismo ma in realtà vi

si oppose con fermezza.

Nel 1922 si ritirò a vita privata nella sua sontuosa villa di Gardone, sul lago di Garda dove morì nel

1938.(75 anni)

Le sue opere più importanti…

- scrisse quattro romanzi tra cui il più importante è il piacere

- le raccolte poetiche: Alcyone (da cui è tratta la poesia la pioggia nel pineto).

Il suo modo di vivere sfarzoso e raffinato fecero di lui un modello di vita per le generazioni tra la

fine dell’800 e l’inizio del ‘900. nelle sue opere dominano la raffinatezza dello stile e il gusto per il

tecnicismo formale; la su arte è definita “estetizzante” perché mira alla preziosità, alla musicalità

del linguaggio e al coinvolgimento dei sensi. Il poeta esprime il suo complesso rapporto con la

natura, intesa come forza cosmica da cui è possibile attingere una grande energia vitale.

D’Annunzio appartiene alla corrente artistico-letteraria del Decadentismo nato in Francia nel 1880.

I caratteri fondamentali sono:

-mancanza di fiducia nella ragione e nella scienza solo l’intuizione e la pura sensibilità possono

aiutarci a penetrare nei misteri profondi della vita.

-gli artisti si sentono estranei alla società in cui vivono, sorretta da ideali materialistici ed

economici(età dell’imperialismo) e per questo si isolano dalla realtà circostante.

-esaltazione della propria individualità

-senso di crisi, di morte, di angoscia e di solitudine.

Il poeta decadentista è considerato come veggente, cioè come colui che fra tutti gli uomini è in

grado di cogliere il significato nascosto della realtà. Ne deriva che le parole poetiche non hanno più

peso, diventano musica e i versi, svincolati da ogni regola metrica, diventano rapidi, carichi di

significato e di simbologie.

I caratteri del decadentismo in D’annunzio sono l’estetismo, il sensualismo e il supereroismo.

Gli autori più rappresentativi del decadentismo sono Giovanni Pascoli e Gabriele D’Annunzio senza

dimenticare Italo Svevo e Luigi Pirandello.

LA PIOGGIA NEL PINETO: una delle più belle liriche di D’Annunzio. Il poeta e la donna sono

sorpresi dalla pioggia mentre passeggiano in un bosco. Le gocce intonano un musica suggestiva con

odori nuovi, echi di vita segreta nel bosco.

Il poeta e la donna si sentono come trasformarsi in creature vegetali facenti parte della natura stessa.

La poesia diventa pura emozione, espressa attraverso variazione e gradazioni e di suoni.

Le parole e il ritmo dei versi creano un effetto melodico e il lettore si trova quasi immerso, con tutti

e cinque i sensi, in questa atmosfera di sogno e armonia.

Taci. Su le soglie

Del bosco non odo

Parole che dici

Umane; ma odo

Parole più nuove

Che parlano gocciole e foglie

Lontane.

Ascolta. Piove

Dalle nuvole sparse.*

Piove su le tamerici

Salmastre ed arse,*

piove su i pini

scagliosi ed irti,

piove su i mirti

divini,

su le ginestre fulgenti<

di fiori accolti,>

su i ginepri folti>

di coccole aulenti,<

piove su i nostri volti

silvani,

piove su le nostre mani

ignude,

su i nostri vestimenti

leggieri,

su i freschi pensieri

che l’anima schiude

novella,

su la favola bella

che ieri

t’illuse, che oggi m’illude,

o Ermione.

Odi? La pioggia cade

Su la solitaria

Verdura

Con un crepitìo che dura

E varia nell’aria

Secondo le fronde

Più rade, men rade.

Ascolta. Risponde

Al pianto il canto

Delle cicale

Che il pianto australe

Non impaura,

né il ciel cinerino.

E il pino

Ha un suono, e il mirto

Altro suono, e il ginepro

Altro ancora, stromenti

Diversi

Sotto innumerevoli dita.

E immersi

Noi siam nello spirito

Silvestre,

d’arborea vita viventi;

e il tuo volto ebro

è molle di pioggia

come una foglia,

e le tue chiome

auliscono come

le chiare ginestre,

o creatura terrestre

che hai nome

Ermione.

Ascolta, ascolta. L’accordo

Delle aeree cicale

A poco a poco

Più sordo

Si fa sotto il pianto

Che cresce;

ma un canto vi si mesce

più roco

che di laggiù sale,

dall’umidità ombra remota.

Più sordo e più fioco

S’allenta, si spegne.

Sola una nota

Ancora trema, si spegne, risorge, trema, si spegne.

Non s’ode voce del mare.

Or s’ode su tutta la fronda

Crosciare

L’argentea pioggia

Che monda,

il croscio che varia

secondo la fronda

più folta, men folta.

ascolta.

La figlia dell’aria

È muta; ma la figlia

Del limo lontana,

la rana,

canta nell’ombra più fonda

chi sa dove, chi sa dove!

E piove su le tue ciglia,

Ermione.

Piove su le tue ciglia nere

Sì che par tu pianga

Ma di piacere; non bianca

Ma quasi fatta virente,

par da scorza tu esca.

E tutta la vita è in noi fresca

Aulente,

il cuor nel petto è come pesca

intatta,

tra le palpebre gli occhi

son come polle tra l’erbe,

i denti negli alveoli

son come mandorle acerbe.

E andiam di fratta in fratta,

or congiunti or disciolti

(e il verde vigor rude

Ci allaccia i malleoli

C’intrica i ginocchi)

Chi sa dove, chi sa dove!

piove su i nostri volti

silvani,

piove su le nostre mani

ignude,

su i nostri vestimenti

leggieri,

su i freschi pensieri

che l’anima schiude

novella,

su la favola bella

che ieri

m’illuse, che oggi t’illude,

o Ermione.

Legenda:

parole chiave

sensazioni uditive

sensazioni di piacere fisico

rime

assonanze

allitterazioni

l’aggettivo aulenti molto usato da D’annunzio in questa poesia significa profumate.

Questa lirica è una delle più belle e soprattutto emblematiche opere di D'Annunzio. La sua capacità

di trasformare semplici parole in musica è davvero straordinaria.

leggendo la poesia con attenzione, sembra quasi che D'Annunzio di stia riferendo a me. questa

poesia è una delle più belle che esistano, dentro c'è un arcobaleno di emozioni e se letta con

attenzione rievoca tutti i sentimenti nascosti dentro ciascuno di noi...

Infondo è questo che vi sta dicendo questa poesia, taci e ascolta e poi lascia che tutto stia li e piano

piano cresca e continuamente inondato di sapere diventi grande. Se solo si fosse capaci quando si è

giovani di fare propria questa lezione molte cose brutte non succederebbero.

FRANCESE:

LE TANGO ARGENTIN

Dans cette immage je vois deux danseurs de tango In questa immagine vedo due ballerini di tango un

un garçon et une fille. Le fond est noir et rouge. ragazzo e una ragazza. Lo sfondo è nero e rosso.

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