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paga chi vuole salire più in alto possibile, in ogni campo: dallo scienziato che rovina la vista e la
schiena piegato sul microscopio tutta la vita allo scalatore che sale agli ottomila. Concludo con
l’ironico Piero Chiara, che in questo caso non è in sintonia con me ma riporto alla memoria, anche
per salutare l’amico Roberto. Chiara diceva: “L’unico sport che pratico è il camminare a piedi,
dietro la bara dei miei amici che facevano sport. E avete mai visto gli alti prelati di Santa Romana
Chiesa fare sport? Eppure campano tutti oltre i novant’anni.” Chiara se n’è andato molto prima, io
spero di toccare quell’età… anche grazie allo sport.>>
Come è possibile vedere, le due posizioni sono piuttosto differenti. Infatti il primo scrittore, dopo
aver passato una vita intera a fare l’atleta professionista, si lamenta degli strascichi che tutta
l’attività sportiva fatta ha portato al suo fisico, promuovendo piuttosto un lavoro intellettuale a
discapito di uno fisico. L’altra opinione, invece, è più moderata: infatti, il secondo scrittore
sottolinea appunto l’importanza del movimento e dell’attività fisica anche moderata, ma non è in
totale disaccordo con il primo scrittore. Infatti anche il secondo è ben cosciente di tutti i problemi
che uno sport, specialmente a livello professionistico, porta al fisico di una persona, ma non per
questo condanna lo sport agonistico; anzi, invita chiunque a praticarlo e invita anche gli istruttori a
mettere in allerta sulle possibili conseguenze che questo può avere.
Ad ogni modo, è fuor di dubbio che una qualsiasi attività fisica porti dei notevoli vantaggi.
Numerose ricerche hanno evidenziato come il rischio di malattie sia più alto tra le persone che
conducono una vita sedentaria rispetto alle persone che praticano una attività fisica. Un esempio
riguarda l’incidenza del diabete che in soggetti con ridotta tolleranza al glucosio può essere ridotta
di oltre il 50% attraverso un intervento integrato su alimentazione e attività fisica. Inoltre, individui
sedentari presentano una probabilità di sviluppare ipertensione (aumento della pressione) del 30-
50% superiore rispetto a persone attive. Se diamo uno sguardo al nostro Paese, il Ministero della
Salute nel 2003 ha calcolato che lo Stato spende di media circa 60 miliardi di euro all’anno per i
danni diretti e indiretti che derivano da stili di vita scorretti. Inoltre, circa il 50% della spesa
farmaceutica italiana (che costituisce il 2.54% del PIL) è destinata a farmaci per il sistema
cardiovascolare, il quale è a rischio malattie in circa il 70% degli italiani. Dato che fa riflettere
ancor più se si pensa che sei persone su dieci hanno valori di colesterolo troppo elevati.
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Ovviamente tutte queste malattie influenzano la longevità della vita di un individuo. Molti
sostengono che la durata media della vita sia
strettamente connessa e dipenda dall’eredità
genetica, ma non è così. Infatti, tra gli
elementi che incidono sulla longevità,
l’eredità genetica influisce per solo il 20%,
stessa percentuale di influenza dell’ambiente
in cui ogni individuo vive. Altri sostengono
che la longevità sia influenzata dalla quantità
e dalla qualità delle cure mediche ricevute
durante la sua vita, ma queste influiscono per
solo il 10%. Ciò che veramente è
fondamentale per assicurarsi una vita lunga e
sana sono gli stili di vita, il che equivale
praticamente a dire quanta attività fisica si svolge. E se si considera che almeno il 60% della
popolazione mondiale è al di sotto dei livelli di attività raccomandati, la situazione è preoccupante.
Ancor più preoccupante se si va a vedere quali sono questi livelli di attività raccomandati: infatti,
l’attività consigliata è di 30 minuti al giorno di attività moderata, oppure 20 minuti di attività
intensa per tre volte al giorno. Una attività moderata è una passeggiata a passo normale, mentre una
attività intensa è considerata una corsetta, anche a bassa velocità. Certo non degli sforzi immani da
sopportare. Ma sei persone su dieci in tutto il mondo non vanno nemmeno vicino a questi standard.
Perché? Se facciamo questa domanda ad alcune persone, sono più che convinto che la maggior
parte risponderà che non hanno il tempo per farla. Ma non si rendono conto che possono farla tutti i
giorni, portando anche dei benefici all’ambiente. Infatti queste persone, invece di recarsi al posto di
lavoro o magari anche a scuola con la propria macchina, potrebbero andare a piedi; oppure, se la
distanza è proibitiva, potrebbero prendere un mezzo di trasporto pubblico e poi andare a piedi dalla
fermata al posto di lavoro. Un’altra soluzione è quella di salire le scale invece di prendere
l’ascensore, e altre piccole cose di questo genere. Ma un’altra risposta che sicuramente qualcuno
avrà il coraggio di dare è “chi me lo fa fare”. Quando una persona dice così, è evidente che non è
mai stata abituata a fare una minima attività fisica, o se in passato l’ha fatta è stato solo contro la
sua volontà. Per questo credo che sia molto importante che venga promossa anche una campagna di
informazione, perché molti non hanno la benché minima idea di quello a cui si va incontro. E questa
campagna deve essere portata avanti su più fronti, non basta che una volta alla settimana passi per
televisione una pubblicità a riguardo (e l’unica che ricordo in vent’anni che guardo la televisione è
una Pubblicità Progresso promossa dal Ministero della Salute, nella quale c’erano alcuni uomini,
tutti piuttosto corpulenti, che giocavano a calcio seduti sulle loro poltrone e divani: obiettivamente
troppo poco a mio parere).
E anche la scuola non è esente da colpe, anzi. A mio parere la maggior parte delle scuole porta,
forse inconsciamente, una campagna contro lo sport e pro-sedentarismo. Mi spiego. Secondo il mio
punto di vista, condiviso da molti, due ore alla settimana di educazione fisica in orario scolastico
sono troppo poche: ma il punto non è questo. Molti insegnanti infatti spingono in tutti i modi gli
allievi a passare le giornate seduti su una sedia e con la testa immersa nei libri, piuttosto che
invitarli a praticare uno sport o fare movimento, magari in compagnia.
Allora bisogna fare di più, come da qualche anno a questa parte hanno iniziato a fare negli Stati
Uniti, dove c’è il più alto tasso di obesità nel mondo e dove questa malattia (perché si tratta di una
vera e proprio malattia) colpisce non solo la popolazione adulta, ma anche i ragazzi e i bambini
sotto i dieci anni: nella pagina seguente si può notare un volantino distribuito dall’equivalente del
nostro Ministero della Salute americano nelle scuole d’oltre oceano qualche anno fa. Come
prevenire questa malattia? Prima ancora che promuovendo il movimento e l’attività fisica, facendo
particolare attenzione alle abitudini alimentari, a partire dal numero di pasti durante il giorno. Una
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alimentazione corretta è costituita da cinque pasti durante tutto il giorno, di cui tre principali:
colazione, merenda di metà mattina, pranzo, merenda pomeridiana e cena. Il pasto più sostanzioso,
ovvero quello che dà all’organismo la maggior quantità di energia necessaria per svolgere tutte le
attività, dovrebbe essere il pranzo, il quale
dovrebbe fornire circa il 50% del fabbisogno
energetico giornaliero. Il secondo pasto più
importante dovrebbe essere la colazione, che
fornisce il 30% dell’energia; a seguire c’è la cena
con il 20%. Il rimanente 10% è suddiviso tra le
due merende. L’acqua assume una grande
importanza in una corretta alimentazione, in
quanto la quantità di acqua bevuta deve almeno
pareggiare i liquidi che vengono estromessi dal
nostro organismo durante il giorno. Il consumo
energetico non è solamente dovuto all’attività
fisica, che comunque rappresenta il maggior
dispendio energetico, ma anche dall’effetto
termogenico del cibo, che è il consumo energetico
derivante dalla digestione del cibo, e dal
metabolismo basale, ovvero dall’energia
necessaria per le funzioni vitali, come il battito
cardiaco, la respirazione ecc..
Il metabolismo non è uguale per ogni persona, ma
varia per ogni singolo individuo, influenzato sia
dal fisico di ognuno, ma anche e soprattutto dai
geni; quindi ogni individuo avrà bisogno di una
quantità di energia diversa da qualsiasi altra persona, anche se questa possiede le stesse
caratteristiche. Per questo motivo non è possibile utilizzare una dieta generica per tutte le persone,
ma è necessario che ogni individuo abbia bisogno di una propria dieta specifica, la quale dovrebbe
fornire all’organismo lo stesso numero di calorie di quelle utilizzate per svolgere le varie attività
giornaliere. Infatti, come è facilmente intuibile, se il numero di calorie assunte è notevolmente
inferiore a quelle consumate, allora ci sarà una riduzione del peso corporeo; al contrario, se le
calorie assunte sono notevolmente maggiori di quelle consumate, allora si avrà un aumento del peso
corporeo.
Tutto questo, come già ampiamente detto, deve essere assolutamente collegato ad una attività fisica.
Basandoci sui dati raccolti dal Coni (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) e pubblicati nel
rapporto “I numeri dello sport italiano”, si può vedere come gli italiani che pratichino sport in forma
continuativa crescano in percentuale e in valore assoluto, ma anche che un’altra parte della
popolazione accentua il suo carattere sedentario. Al 2005, anno in cui si è conclusa la ricerca, gli
italiani che non praticavano alcuna attività fisica nel tempo libero erano 23 milioni, pari a più del
40% della popolazione. Sono invece 22 milioni quelli che praticano una qualche attività fisica in
modo discontinuo, ovvero il 38% della popolazione. Solo il restante 22% pratica una qualsiasi
attività fisica in maniera costante. Se confrontiamo questi dati con quelli del 2003 e quelli del 1997,
possiamo vedere come nel 2003 coloro che non facevano alcuna attività fisica erano più di quelli
del 2005 (41%), ma nel 1997 la percentuale era molto inferiore, ovvero 35%. D’altro canto, per
quanto riguarda coloro i quali praticano attività sportive in modo discontinuo, nel 2003 erano il 38%
della popolazione, ma nel 1997 ben il 47%.
1997 2003 2005
Sedentari 35% 41% 40%
Attività discontinua 47% 38% 38%
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Sportivi 18% 21% 22%
Analizzando questi dati, il fatto più evidente è che gli “sportivi della domenica”, ovvero quelli che
fanno attività fisica in modo non assiduo, si sono drasticamente ridotti in sei anni. Allo stesso tempo
sono aumentati i sedentari, mentre anche gli sportivi veri e propri sono leggermente aumentati. Il
dato più preoccupante, al di là
dei dati di ogni singolo anno, è
che quasi la metà della
popolazione italiana non
svolge alcuna attività fisica,
dato improponibile alla luce di
tutti i benefici che un po’ di
sano movimento può portare
alla salute di ogni persona.
Se analizziamo invece i dati,
sempre raccolti nel rapporto
del Coni, regione per regione,
riguardanti la pratica sportiva
continuativa, possiamo notare
che il Nord Italia è quello più
sportivo, seguito
rispettivamente dal Centro e
dal Sud. Infatti al Nord il 24%
delle persone pratica uno sport,
contro il 22% del Centro e il
16% del Sud. La regione in
assoluto più sportiva è il
Trentino Alto Adige, dove il
31% degli abitanti pratica uno
sport, grazie anche alla
provincia di Bolzano, nella
quale ben il 38% delle persone
è iscritta presso una società
sportiva. Al contrario, la
regione in assoluto con meno
praticanti è il Molise, dove
solamente il 14% degli abitanti
fa sport in modo assiduo. Per
quanto riguarda invece i
sedentari, più della metà della
popolazione del Sud del Paese
(53%) fa parte di questa categoria, mentre al Centro sono quasi il 40% e al Nord poco più del 30%.
La regione più “ferma” in assoluto è la Sicilia con quasi il 60% degli abitanti che non praticano
alcuno sport, seguita dalla Campania (53%), mentre dall’altra parte della classifica troviamo il
Trentino con il 17% e il Veneto con il 25%. In queste pagine: