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Estratto del documento

La “malattia” come incertezza dell’esistenza

epicentro del terremoto umano e universale

Percorso pluridisciplinare per esami di stato

MARCO MILITELLO

di Liceo Classico “DANTE ALIGHIERI”

A.S. 2008/2009

Introduzione:

Ai giorni nostri siamo continuamente scossi da notizie tragiche come omicidi, suicidi,

genitori che uccidono i figli e viceversa, stragi più o meno annunciate e attribuite a

momenti di follia o ad un termine ormai abusato come la depressione.

T roppo spesso si parla di follia con il quale termine s’intende la “malattia celebrale”, quindi, a seconda del caso, è più opportuno parlare di

“malattia mentale”, anche se con questo termine ci troviamo davanti ad un ossimoro in quanto il termine malattia rimanda ad una dimensione

essenzialmente medica, mentre il termine mentale si riferisce alla mente che non implica alcunché di corporeo; di conseguenza per uscire da questa

contraddizione la malattia mentale è da intendere come l’errato funzionamento della mente.

La “malattia mentale”, che è sinonimo di disagio

e di angoscia, caratterizza tutta l’arte del ‘900.

La condizione umana è permeata da un senso di

vuoto e di solitudine: l’uomo vive in un mondo

diviso, preda dell’angoscia per gli orrori del

nazismo e della guerra, vive rapporti sociali privi

di razionalità: ogni uomo è solo con se stesso,

solo in quell’«assurda avventura» che è

l’esistenza.

L’angoscia è quel «grande urlo infinito attraverso

la natura» che Munch ha impresso sulla tela;

Kierkegaard la definisce addirittura “malattia

mortale”,dalla quale l’uomo può salvarsi soltanto

mediante la fede, cioè appellandosi a Dio cui tutto

è possibile.

LA “MALATTIA”, EPICENTRO DEL TERREMOTO UMANO E UNIVERSALE

TEMA: IL DISAGIO ESISTENZIALE NEL ‘900

SOTTOTEMI PER MATERIE:

 LETTERATURA ITALIANA - Pirandello;

 LETTERATURA LATINA - Seneca: “de tranquillitate animi”;

 GRECO - la figura di Medea (Apollonio Rodio);

 FILOSOFIA - Kierkegaard e l’angoscia;

 STORIA - Fascismo e Nazismo;

STORIA DELL’ARTE - “il Grido” di Munch;

MATEMATICA – teorema di “Carnot”;

FISICA – la “corrente elettrica”.

LETTERATURA ITALIANA

Il romanzo del ‘900

Pirandello

Il romanzo del '900 è interrogativo, notturno, teso verso l'ignoto, presenta personaggi inquieti che sono alla ricerca di un’identità precisa. In genere

si tratta di romanzi in forma autobiografica, in cui il protagonista esamina se stesso ed i suoi atteggiamenti interiori. Tale romanzo è proprio di tutta

la narrativa europea, poiché esprime bene la comune sensibilità esistenziale. Alcuni lo definiscono "il romanzo della crisi", espressione della realtà

indecifrabile di quest’epoca, smarrita e senza certezze. Nasce una nuova tecnica espressiva, detta "monologo interiore", che unisce le idee non

secondo i loro rapporti causali, ma secondo la soggettiva intenzione del personaggio. Il protagonista di questi romanzi è l’inetto, un personaggio

quasi incapace di vivere, alienato, costretto in un ruolo sociale esteriore in totale contrasto con la sua vita interiore, da cui vorrebbe liberarsi, ma a

cui si sente indissolubilmente legato.

Pirandello è attento all’individuo, alla sua angoscia di uomo solo, umiliato e offeso dagli altri e dalla vita.

L’uomo non può conoscere se stesso perché mentre si illude di essere uno si accorge che ognuno degli altri ha di lui una visione diversa e quindi egli

finisce per sentirsi centomila; inoltre, per poter assumere un ruolo nella società in cui vive, deve nascondersi sotto una maschera, cioè in un

atteggiamento innaturale, formale, che snatura il suo vero io e lo fa sentire nessuno.

LETTERATURA LATINA

SENECA: “de tranquillitate animi”

L'opera fa parte dei Dialoghi, raccolta di scritti filosofici, ciascuno relativo a singoli aspetti o problemi particolari dell'etica stoica. Il trattato, scritto

attorno al 62 d.C. (quando Seneca ha ormai deciso di lasciare la politica), è dedicato all'amico Anneo Sereno, che aveva chiesto al filosofo una

risposta a un problema esistenziale già dibattuto dal pensiero platonico e stoico: come risolvere il taedium vitae, ovvero l'inquietudine, il senso di

vuoto e di insoddisfazione che affliggono l'esistenza umana. Rispondere all'amico diventa per Seneca il pretesto per esaminare e analizzare le

passioni che governano l'uomo. Ogni individuo è alla costante ricerca di felicità, crede di trovarla tuffandosi negli impegni pratici, ma poi si ritrae

nauseato e desidera la solitudine e la meditazione. Ma anche qui, poco dopo, sente nostalgia dei suoi simili e delle comuni occupazioni, che prima

tanto lo avevano angustiato. Quale può essere il rimedio, dunque? L'unica soluzione sicura, per superare il "male di vivere", sarebbe il

raggiungimento dell'imperturbabilità. Perciò, Seneca consiglia non di annullare, ma di controllare le passioni umane ed esorta soprattutto a vivere in

serena operosità, impegnando le proprie energie per il bene della comunità, pur senza escludere momenti di meditazione introspettiva, durante i

quali "osservare" con distacco e serenità gli eventi. In sintesi, la serenità dell'animo è frutto dell'equilibrio tra la vita attiva e quella meditativa, che

devono alternarsi in modo da mantenere vivo il desiderio ora dell'una ora dell'altra.

GRECO:

LA FIGURA DI “MEDEA” (Apollonio Rodio)

La storia tragica di Medea è una delle più cupe nell'universo del mito antico; il suo esempio è emblematico di dove possano giungere la follia,

il rrancore, la gelosia, il parossismo del potere e dell’amore.

Medea, maga, figlia del re della Colchide, si innamora del greco Giasone che è giunto nel suo lontano paese (sul mar Nero) per impossessarsi del

vello d'oro. Per Giasone Medea tradisce il padre, uccide il fratello e abbandona la patria; ma l'atto che la distingue è la selvaggia tragicità con cui

uccise i suoi figli, l'atto estremo con cui essa si vendica dell'abbandono di Giasone.

Della storia di Medea esistevano infatti in epoca antica numerose versioni, ma tuttavia la vicenda più nota è quella fissata da Euripide, interamente

"costruita" nella prospettiva del tragico infanticidio che costituisce per lei un punto di non-ritorno. Medea rappresenta tutta la follia che il dolore

accumulato può scatenare. È un personaggio nuovo, violento, passionale: una donna che nemmeno di fronte all’orrore del proprio gesto, può

sopportare di non lavare col sangue il proprio orgoglio ferito, quasi l’estremo sacrificio potesse riportare un brandello di dignità a tutti i valori che

per amore di Giasone aveva erroneamente calpestato. Non si riesce a condannare questo spirito forte e tragico: vittima di un destino meschino

disegnato per lei da uomini, sceglie il più grande dolore personale, piuttosto che sottomettersi a scelte imposte che vogliono solo umiliarla.

FILOSOFIA

KIERKEGAARD: “l’Angoscia”

Per Kierkegaard l'esistenza è vincolata alla libertà assoluta: il destino dell'uomo è incerto proprio perché aperto a qualsiasi possibilità. E' proprio il

peso della possibilità aperta ad essere schiacciante, di gran lunga superiore a quello della realtà compiuta.

L'angoscia è quindi il sentimento di sgomento che prende l'uomo di fronte all'incertezza riguardo al proprio destino: solo Dio e la fede può

allontanare l'angoscia, credere è una scelta che l'uomo prende al buio, non sapendo cosa realmente lo aspetta. Tuttavia è proprio la fede salda, questa

decisione sofferta e paradossale di credere nella salvezza, che permette agli uomini di allontanare il sentimento angoscioso.

Certo l'incertezza può sedurre l'uomo, poiché dietro l'incertezza vi è comunque la libertà assoluta delle sue scelte, ma è proprio qui che Kierkegaard

avverte una contraddizione: da un lato la libertà assoluta sembra essere un bene, dall'altro è la stessa fonte dell'angoscia. La libertà assoluta provoca

vertigine, le scelte pesano tutte sulle spalle del singolo uomo, all'uomo è consegnata la chiave di ogni possibile soluzione, e la soluzione suprema, la

fede in Dio, che sola può risolvere ogni altro problema, è una scelta che non poggia su alcuna certezza convenzionale ma solo sulla volontà del

singolo di scegliere di avere fede. Kierkegaard indica dunque la fede come "scelta responsabile". La fede è l'atto per cui l'uomo decide

consapevolmente e responsabilmente di affidarsi a Dio per sconfiggere il timore.

STORIA:

I totalitarismi e le masse

Le adunate “oceaniche” promosse dal regime fascista testimoniano la grande presa esercitata dai totalitarismi sulla folla.

Nella nuova era della competizione e del libero mercato, gli individui avvertono un più forte, anche se inconscio, bisogno d’identificazione e

rassicurazione.

Il consenso di massa, essenziale a ogni regime, si fonda perciò sulla compenetrazione tra cittadini e Stato, al di fuori dei meccanismi della

democrazia parlamentare; sull’autorità carismatica del capo; sul rifiuto degli stranieri e dei “diversi” e in generale sull’aggressività proiettata contro

i nemici esterni, veri o presunti.

I regimi totalitari tendono a riprodurre, sulla scala dell’intera società, il modello dell’organizzazione industriale e militare: cercano cioè di realizzare

l’integrazione gerarchica di tutte le forze sociali, imponendo una partecipazione collettiva subordinata al potere assoluto di un capo in cui le masse

riconoscono la sintesi di ogni valore. Ciò comporta la riduzione al minimo di ogni spazio privato e non funzionale all’obiettivo di potenza che lo

Stato autoritario si propone di raggiungere.

Essenziale per questa totale integrazione è l’eliminazione di ogni dissensoe la demonizzazione di tutto ciò che è “altro” e nemico: assolutamente

necessario è anzi avere dei nemici, inculcare nelle masse la paura dell’estraneo, a cui si può guardare solo per respingerlo e annientarlo, per ridurlo a

capro espiatorio e vittima sacrificale.

Si crea così un consenso sulla base di istinti barbarici, come l’avversione alla riflessione critica, l’adesione consolatrice a una potenza che si

presenta come invincibile, sicura e assoluta, lo scatenamento di aggressività e violenza primigenia: e a tutto ciò fanno da copertura ideologie

irrazionalistiche e nazionalistiche, che esaltano la volontà di potenza e di conquista, le energie fresche e autentiche del popolo a cui si appartiene, la

tradizione e i valori nazionali.

Si crea il culto di figure ed eroi esemplari, si diffondono linguaggi celebrativi, formule retoriche, miti grezzi ed elementari. Si fa un uso continuo

delle forme spettacolari di massa come le adunate, le manifestazioni, le sfilate, i comizi e le celebrazioni, i riti sportivi e militari. Tutta una serie di

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