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individuo superiore, che rifiuta inorridito la mediocrità borghese, rifugiandosi in
un mondo di pura arte, accettando come regola di vita solo il bello.
Egli mirava a crearsi una vita eccezionale, sottratta alle norme del vivere
comune, il “vivere inimitabile”, conducendo una vita da principe rinascimentale,
tra oggetti d’arte e altre ricchezze. In realtà, questo disprezzo per la vita
comune era strettamente connesso alle esigenze del mercato: con le sue
esibizioni e i suoi scandali, lo scrittore voleva mettersi in luce nel pubblico, per
vendere meglio la sua immagine e la sua arte. L’estetismo di D’Annunzio entrò
in crisi negli anni ’90; egli cercò quindi nuove soluzioni, che trovò in un nuovo
mito, quello del superuomo, ispirandosi approssimativamente alle teorie del
filosofo tedesco Nietzsche. Nel 1897 tentò anche l’avventura politica, come
deputato dell’estrema destra: il suo sogno era la restaurazione della grandezza
della Roma antica. Dopo tre anni passò alla sinistra, ma ciò non deve
meravigliare, perché l’ambiguità è tipica della posizione irrazionale di
D’Annunzio.
Nel 1910 fu costretto a fuggire in Francia a causa di grossi debiti, ma trovò ben
presto l’occasione per l’impresa eroica: allo scoppio della prima guerra mondiale
iniziò un’intensa attività interventista, giocando un ruolo notevole nello spingere
l’Italia in guerra. D’Annunzio prese parte alla guerra, ma non combatté nel fango
delle trincee, ma in cielo. Nel dopoguerra si fece portavoce dei rancori per la
“vittoria mutilata”, e tentò di proporsi come guida di una rivoluzione che
riportasse ordine nel caos sociale, ma fu spiantato dal più abile Mussolini.
1.1 DALL’ESTETISMO AL SUPERUOMO
L’opera principale di D’Annunzio è “Terra Vergine”, in cui è presentata una
natura fertile dove nascono e si consumano passioni sfrenate. In un primo
sviluppo nasce la fase dell’estetismo: la vita non si basa più sulle leggi del bene
e del male, ma solo sul bello, trasformandosi in un’opera d’arte.
L’esteta è un personaggio che s’isola dalla realtà della società borghese, per
vivere in un mondo di pura arte e bellezza, in risposta ad un mondo capitalistico
che tendeva a declassare ed a emarginare l’artista, togliendogli quella posizione
privilegiata e di grande prestigio di cui aveva goduto nelle epoche precedenti,
costringendolo ad adattarsi alle esigenze del mercato. D’Annunzio non si
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rassegna a essere schiacciato: egli vuole successo e gloria, vuole condurre una
vita di lusso in un ceto privilegiato. Sul piano letterario, ciò porta alla ricerca di
eleganza e di bellezza. Le opere di questo periodo sono ricche di echi letterari
provenienti dai poeti classici. In poco tempo però l’esteta entra in crisi, in
quanto D’Annunzio stesso si rende conto che questi non ha la forza di opporsi
alla borghesia in ascesa. Il suo isolamento lo porta a diventare un essere sterile
e impotente. Testimonianza di tale crisi è “Il piacere”, che ha come
protagonista un esteta, Andrea Sperelli, che rispecchia l’insoddisfazione di
D’Annunzio. Andrea è un giovane aristocratico, il cui principio è rendere la sua
vita, un’opera d’arte, ma ciò lo priva di ogni energia. La sua crisi è dimostrata
nel rapporto con le donne: egli è diviso tra due donne, Elena, donna fatale che
rappresenta l’erotismo e le passioni sfrenate, e Maria, donna pura. Andrea
mente a se stesso: ama Elena, ma lei lo rifiuta, e finirà quindi per tradirsi con
Maria, ma lei lo abbandonerà, e resterà solo con la sua sconfitta. Pur segnando
un punto di crisi, “Il piacere” non rappresenta il definitivo distacco di D’Annunzio
dall’estetismo. Cogliendo alcuni aspetti del pensiero di Nietzsche e forzandoli
entro un suo sistema di concezioni (rifiuto del conformismo borghese e dei
principi egualitari che appiattiscono la personalità; esaltazione dello spirito
dionisiaco – dio greco dell’ebbrezza), interpreta la figura del superuomo, inteso
come diritto di pochi uomini eccezionali ad affermare se stessi, ponendosi al di
sopra delle leggi del bene e del male. L’eroe ora non si accontenta più di
vagheggiare la bellezza in un mondo solitario, isolato, ma si prefigge il dovere di
imporre, attraverso di essa, il dominio di un’élite violenta ma raffinata.
Il superuomo è un altro modo di reagire al conformismo borghese, opposto
all’esteta, poiché affida all’artista – superuomo la funziona di “vate”
(celebratore degli ideali di un popolo) e anche una politica. Mentre l’esteta era
in opposizione con la realtà dominante, il superuomo ne può far parte
(imperialismo, militarismo e colonialismo). Con “Le vergini delle rocce” si ha
una svolta: D’Annunzio non propone più un personaggio debole e tormentato,
ma un eroe forte e sicuro, che va senza esitazioni verso la meta. Questo
romanzo è stato definito il manifesto politico del superuomo, in quanto contiene
le nuove teorie di D’Annunzio. 6
1.2 “UN RITRATTO ALLO SPECCHIO: ANDREA SPERELLI ED ELENA MUTI”
(DA “IL PIACERE”)
Chi era ella mai?Era uno spirito senza equilibrio in un corpo voluttuario. A
similitudine di tutte le creature avide di piacere, ella aveva per fondamento del
suo essere morale uno smisurato egoismo. La sua facoltà precipua, il suo asse
intellettuale, per dir così, era l'imaginazione: una imaginazione romantica,
nudrita di letture diverse, direttamente dipendente dalla matrice,
continuamente stimolata dall'isterismo. Possedendo una certa intelligenza,
essendo stata educata nel lusso d'una casa romana principesca, in quel lusso
papale fatto di arte e di storia, ella era si velata d'una vaga incipriatura estetica,
aveva acquistato un gusto elegante; ed avendo anche compreso il carattere
della sua bellezza, ella cercava, con finissime simulazioni e con una mimica
sapiente, di accrescerne la spiritualità, irraggiando una capziosa luce d'ideale.
Ella portava quindi, nella comedia umana, elementi pericolosissimi; ed era
occasion di ruina e di disordine più che s'ella facesse publica professione
d'impudicizia. Sotto l'ardore della imaginazione, ogni suo capriccio prendeva
un'apparenza patetica. Ella era la donna delle passioni fulminee, degli incendii
improvvisi. Ella copriva di fiamme eteree i bisogni erotici della sua carne e
sapeva transformare in alto sentimento un basso appetito...
Così, in questo modo, con questa ferocia, Andrea giudicava la donna un tempo
adorata. Procedeva, nel suo esame spietato, senza arrestarsi d'innanzi ad alcun
ricordo più vivo. In fondo ad ogni atto, a ogni manifestazione dell'amor d'Elena
trovava l'artifizio, lo studio, l'abilità, la mirabile disinvoltura nell'eseguire un
tema di fantasia, nel recitare una parte dramatica, nel combinare una scena
straordinaria Ben però, in qualche punto, egli rimaneva perplesso, come se,
penetrando nell'anima della donna, egli penetrasse nell'anima sua propria e
ritrovasse la sua propria falsità nella falsità di lei; tanta era l'affinità delle due
nature. E a poco a poco il disprezzo gli si mutò in una indulgenza ironica, poiché
egli comprendeva. Comprendeva tutto ciò che ritrovava in sé medesimo.
Allora, con fredda chiarezza, definì il suo intendimento. Tutte le particolarità del
colloquio avvenuto nel giorno di San Silvestro, più d'una settimana innanzi, tutte
gli tornarono alla memoria; ed egli si piacque a riconstruir la scena, con una
specie di cinico sorriso interiore, senza più sdegno, senza concitazione alcuna,
sorridendo di Elena, sorridendo di sé medesimo. - Perché ella era venuta? Era
venuta perché quel convegno inaspettato, con un antico amante, in un luogo
noto, dopo due anni, le era parso strano, aveva tentato il suo spirito avido di
commozioni rare, aveva tentata la sua fantasia e la sua curiosità. Ella voleva ora
vedere a quali nuove situazioni e a quali nuove combinazioni di fatti l'avrebbe
condotta questo giuoco singolare. L'attirava forse la novità di un amor platonico
con la persona medesima ch'era già stata oggetto d'una passion sensuale.
Come sempre, ella era si messa con un certo ardore all'imaginazione d'un tal
sentimento; e poteva anche darsi ch'ella credesse d'esser sincera e che da
questa imaginata sincerità avesse tratto gli accenti di profonda tenerezza e le
attitudini dolenti e le lacrime. Accadeva in lei un fenomeno a lui ben noto. Ella
giungeva a creder verace e grave un moto dell'anima fittizio e fuggevole; ella
aveva, per dir così, l'allucinazione sentimentale come altri ha l'allucinazione
fisica. Perdeva la conscienza della sua menzogna; e non sapeva più se si
trovasse nel vero o nel falso, nella finzione o nella sincerità. Ora, a questo punto
era lo stesso fenomeno morale che ripetevasi in lui di continuo. Egli dunque non
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poteva con giustizia accusarla. Ma, naturalmente, la scoperta toglieva a lui ogni
speranza d'altro piacere che non fosse carnale. Ormai la diffidenza gli impediva
qualunque dolcezza d'abbandono, qualunque ebbrezza dello spirito. Ingannare
una donna sicura e fedele, riscaldarsi a una grande fiamma suscitata con un
baglior fallace, dominare un'anima con l'artifizio, possederla tutta e farla vibrare
come uno stromento, habere non haberi, può essere un alto diletto. Ma
ingannare sapendo d'essere ingannato è una sciocca e sterile fatica, è un
giuoco noioso e inutile.
ANALISI DEL TESTO
Andrea ama Elena, ma improvvisamente lei tronca la relazione e scompare. Al
suo ritorno, Andrea scopre che, per evitare una crisi economica, Elena ha
sposato un ricco inglese. Andrea è disgustato nello scoprire che la loro passione,
tanto forte e ardente, era stata impedita da una per denaro. In questo brano
Andrea analizza Elena e si accorge della falsità di alcuni suoi atteggiamenti, ma
è un ritratto “allo specchio”, perché trovava nella falsità della donna la sua
falsità, quindi egli la comprendeva, perché anche lui era così. I primi due
paragrafi sono costituiti da un insieme di pensieri di Andrea, in un suo discorso
interiore, sotto forma di discorso indiretto libero. Dopo interviene il
narratore, con un discorso dall’esterno sul personaggio.
1.3 “IL PROGRAMMA POLITICO DEL SUPERUOMO” (da “Le vergini delle
rocce”)
Con “Le vergini delle rocce” D’Annunzio non propone più un personaggio debole
e tormentato, ma un eroe forte e sicuro, che va senza esitazioni verso la meta.
Questo romanzo è stato definito il manifesto politico del superuomo, perché
contiene le nuove teorie di D’Annunzio, il linguaggio è quindi aulico, con molte
metafore e paragoni e interrogazioni retoriche. Dopo aver sperimentato la figura
dell’esteta, ed essersi reso conto di quanto sia sterile e impotente, D’Annunzio
non si rassegna alla sconfitta e si sforza di creare una nuova immagine. L’artista
non deve più isolarsi dal mondo, ma gettarsi nella mischia, per cambiare la
realtà, modellandola sul suo ideale di bellezza e forza.
Prima dell’affermazione del programma vi è una parte negativa, una polemica
contro la società borghese, caratterizzata da avarizie, spirito speculativo e
ossessione per il denaro. Anche la bellezza di Roma è contaminata dalla
speculazione edilizia, che distrugge splendide ville. Oltre allo spirito affaristico,
critica la democrazia e l’egualitarismo, che costringono anche i più forti a
sottostare alle leggi della plebe. Il protagonista Cantelmo, propone una società
gerarchica e autoritaria, che sappia calmare l’arroganza della massa. Respinge
quindi i principi sorti nelle Rivoluzione francese, sostenendo che tali minacciano
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di appiattire l’umanità, e rivendica il privilegio di pochi eletti. Questa politica
privilegiata deve anche essere finalizzata ad una politica aggressiva verso
l’esterno, per riportare Roma potenza imperiale al dominio del mondo. In questo
gli intellettuali devono contribuire attivamente, non devono rimpiangere il
passato, ma usare la parola per distruggere la società borghese. Questo
progetto non deve essere considerato come il prodotto di una mente malata, in