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Estratto del documento

Per geografia mi sembrava opportuno parlare delle tre famose leggi

di Keplero che tanto hanno messo in discussione l’uomo e le sue

certezze fino ad allora indiscutibili.. Hanno dimostrato che esso è

semplicemente una piccolissima parte in un angolo di universo.

Hanno dimostrato che non è lui il centro e soprattutto che non è

stato lui il fine ultimo della creazione.

ITALIANO

ITALIANO

PIRANDELLO

PIRANDELLO

LA DIVISIONE DELL’IO FILOSOFIA

LA DIVISIONE DELL’IO FILOSOFIA

NEL FU MATIA PASCAL

STORIA NEL FU MATIA PASCAL

STORIA KIERKEGAARD

KIERKEGAARD

TOTALITARISMI RONALD LAING

TOTALITARISMI RONALD LAING

DELLA PRIMA

DELLA PRIMA

META’ DEL ‘900 LA M. MORTALE

META’ DEL ‘900 LA M. MORTALE

L’IO DIVISO

L’IO DIVISO

Il tema del doppio

Il tema del doppio STORIA DELL’ARTE

STORIA DELL’ARTE

ne

GEOGRAFIA ne

GEOGRAFIA “IL SOSIA” CUBISMO

“IL SOSIA” CUBISMO

LE TRE LEGGI DI

LE TRE LEGGI DI NASCE LA PITTURA

KEPLERO NASCE LA PITTURA

KEPLERO (F. DOSTOEVSKIJ) TRIDIMENSIONALE

(F. DOSTOEVSKIJ) TRIDIMENSIONALE

INGLESE

LATINO INGLESE

LATINO OSCAR WILDE

ANFITRIONE OSCAR WILDE

ANFITRIONE MATEMATICA IL TEMA DEL DOPPIO

SOSIA E IL TEMA MATEMATICA IL TEMA DEL DOPPIO

SOSIA E IL TEMA NEL RITRATTO

NEL RITRATTO

DEL DOPPIO DI DORIAN. GREY

DEL DOPPIO ANCHE LA DI DORIAN. GREY

ANCHE LA

MATEMATICA SI

MATEMATICA SI

INTERROGA

INTERROGA

RIGUARDO ALLA SUA

RIGUARDO ALLA SUA

CONSISTENZA

CONSISTENZA FISICA

LE QUATTRO

FORZE

FONDAMENTALI

DELLA NATURA

F. DOSTOEVSKIJ - IL SOSIA

L’INSICUREZZA ONTOLOGICA DI GOLJADKIN

In questo magnifico racconto si narrano le

disavventure del più inetto degli inetti, del

più incapace degli incapaci, del più

disgraziato dei disgraziati: Jàkov Petròvic'

Goljàdkin (Goljàdka in russo vuol dire

poveraccio, sciagurato) Un uomo incapace

addirittura di esistere.

Il sosia è un viaggio nella follia di un animo

senza centro e senza Io; di un "Io diviso".

Un crescendo di non-senso, di pensieri

farneticanti, di fraintendimenti, di

allucinanti supposizioni. Tra angosce e deliri

senza nè capo nè coda. Tra situazioni

sgradevoli, esperienze incomunicabili fino

allo sdoppiamento, alla frantumazione,

all'annientamento di un Io – non Io.

Goljàdkin, per dirla alla Laing, è un

individuo, smarrito, ontologicamente

insicuro. Dostoevskij è riuscito tanto bene a narrare ciò che Laing (L'Io

diviso, 1955) intende quando parla della persona ontologicamente

insicura:

[...] differenziata in modo incerto e precario dal resto del mondo, così che

la sua identità e la sua autostima sono sempre in questione. Può

mancargli la sensazione della continuità temporale, può fargli difetto il

senso della propria coerenza o coesione personale [...] Può ritenere il suo

Io parzialmente disgiunto dal suo corpo. [...] la persona ontologicamente

insicura si preoccupa di difendere se stessa, piuttosto che di procurarsi

piacere, e le circostanze più ordinarie della vita bastano a minacciare la

sua bassa soglia di sicurezza. [...] tutte le circostanze comuni della vita

quotidiana costituiscono un pericolo continuo e mortale [...] così questo

individuo comincia, come si dice, a "vivere in un mondo suo proprio", o

già vi vive da tempo [...] il mondo della sua esperienza personale è

diverso e incomunicabile. [...] ecc. ecc.

Dostoevskij ci racconta questo mondo di esperienze incomunicabili con

estrema e sconcertante naturalezza, con immensa umanità.. Come se

egli stesso fosse stato uno schizofrenico, come se egli stesso avesse

vissuto queste paure, queste persecuzioni. Perché solo chi ha vissuto in

prima persona la paranoia, lo sdoppiamento, la paura di perdersi può

riuscire a parlarne tanto bene.

Prende spunto da Gogòl ma la voce narrante è più ricca di umana

comprensione verso il disgraziato..c'è meno ironia, beffa.

Inoltre nei suoi personaggi si trovano i tratti dei futuri personaggi di

Svevo e Pirandello.

ITALIANO

PIRANDELLO

Un personaggio, signore, può sempre chiedere ad

un uomo chi è. Perché un personaggio ha

veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi,

per cui è sempre “qualcuno”. Mentre un uomo –

non dico lei, adesso – un uomo così in genere, può

non essere “nessuno”. Luigi Pirandello, Sei

personaggi in cerca d’autore

Vissuto nel periodo a cavallo tra ’800 e ‘900,

fra il naturalismo e l’inizio del decadentismo

Pirandello, come Svevo, è definito uno

scrittore isolato, difficile da inquadrare in un

movimento letterario ben definito. Proprio a

cavallo tra i due secoli si determina la crisi dei

valori ottocenteschi, dove viene meno la

fiducia nella scienza, nella razionalità e nei

valori borghesi. Pirandello vive e rappresenta questa crisi sentendone

le contraddizioni, e porta nella letteratura italiana alcuni dei caratteri

fondamentali dell’avanguardia europea scaturiti proprio da questa crisi,

come il relativismo, la tendenza alla scomposizione e alla

deformazione, il gusto per il paradosso, la scelta dell’ironia e

dell’espressionismo.

Per Pirandello il reale è multiforme, non esiste una prospettiva

privilegiata da cui osservarlo; al contrario le prospettive possibili sono

infinite e tutte equivalenti.

Ognuno ha la sua verità, che nasce dal suo

modo soggettivo di vedere le cose. Ne deriva

un’inevitabile incomunicabilità fra gli uomini:

essi non possono intendersi, perché ciascuno

fa riferimento alla realtà com’è per lui e

proietta nelle sue parole il suo mondo

soggettivo che gli altri non possono

indovinare.

Questa incomunicabilità accresce il senso di

solitudine dell’individuo che si scopre nessuno.

IL FU MATTIA PASCAL

E’ la storia paradossale di un piccolo borghese, imprigionato nella

trappola di una famiglia insopportabile e di una misera condizione

sociale, che per un caso fortuito si trova improvvisamente libero e

padrone di sé: diviene economicamente autosufficiente grazie ad una

cospicua vincita a Montecarlo e apprende di essere ufficialmente morto,

in quanto la moglie e la suocera lo hanno riconosciuto nel cadavere di un

annegato. Però invece di approfittare della “vita senza più assumere

maschere, Mattia Pascal si sforza di costruirsi un’identità nuova. Quindi

egli soffre perché la sua identità falsa lo costringe all’esclusione dalla vita

degli altri. Decide pertanto di rientrare nella sua vecchia identità,

tornando in famiglia, ma scopre che la moglie si è risposata ed ha avuto

una figlia da un altro. Non gli resta dunque che adattarsi alla sua

condizione sospesa di “forestiere della vita”, che contempla gli altri

dall’esterno, consapevole di non essere più “nessuno”.

LA DIVISIONE DELL’IO NEL FU MATTIA

PASCAL

Il Mattia che decide di non essere

piu Mattia, morto nella gora,

realizza una compiuta operazione

di doppio: Adriano Meis è prodotto

di una scissione, non di una

trasformazione e per questo è

compiutamente un altro pur

rimanendo il medesimo. Non ci può

essere passaggio dal falso al vero

perche come teorizzato da Laing ne

“L’Io Diviso”,nella condizione

schizoide fuori del falso c’è il nulla.

“Niente di quello che vedete sono

io” pensa chi è coinvolto nella

divisione schizoide ma egli puo

essere qualcuno soltanto in quello

che vediamo noi: allora egli è

irreale davvero, è qualcosa di

ambiguo e del tutto simbolico, una

persona puramente virtuale, potenziale, immaginaria, in realtà un niente.

Quando l’io adotta una forma, sa che quella forma non è lui e la vive

quindi come una maschera, quando la rifiuta va verso il vuoto.

Mattia, solo in una stazioncina prova appunto questo angoscioso senso

del vuoto, che è l’esatto corrispettivo della condizione di colui che ha

deciso di abbandonare i rapporti che lo costituivano in una certa identità.

Per questo Mattia deve al più presto darsi un’altra identità, anche se da

tessera di riconoscimento. Lo sdoppiamento in un altro se stesso è la più

urgente delle difese. L’esordio di Adriano è all’insegna della gioia, perché

la libertà sconfinata che gli si apre davanti ha il sapore della liberazione

dai vincoli affliggenti della vita. I viaggi, i continui spostamenti danno al

vuoto una parvenza di vita, ma la liberazione è in assoluto perdita di

contatto col mondo perché l’eterno movimento è identico alla stasi

perche non conduce in alcun luogo. Breve dunque è la stagione felice di

Adriano Meis e la vita diventa integralmente spettacolo, si realizza per lui

il desiderio di professare la filosofia, quel tipo di saggezza che

presuppone l’abolizione della vita.

LATINO

PLAUTO Tito Maccio Plauto, commediografo per

vocazione, fu tra gli scrittori più prolifici di

questo genere. Sembra che la sua

passione per questo tipo di letteratura

partisse da gravi esperienze personali:

indebitatosi al gioco, fu costretto a

umilianti lavori per risanare la propria

posizione economica: donde l’interesse

per i ceti meno abbienti e più umili della

società che viveva.

Ad onta di ciò, Plauto riscosse un

enorme successo, immediato e postumo,

tanto che già nel II° secolo a.c.

circolavano almeno centotrenta opere col

suo nome, di cui molte in realtà spurie

(cioè di non certa attribuzione). Anche

queste ultime, tuttavia, continuarono ad

essere

rappresentate (a Roma e un po’

dovunque nel mondo di cultura romana)

ancora per molto tempo dopo la morte

dell’autore.

ANFITRIONE

Nell'Anfitrione Plauto tratta il tema del doppio (ovvero della possibilità di

trovare una persona perfettamente identica a noi), raccontando le

movimentate avventure di Anfitrione e del suo schiavo Sosia. Tornati

dalla guerra contro i Teleboi, essi si trovano davanti agli occhi due uomini

perfettamente identici a loro; ciò accade perché Giove, innamoratosi di

Alcmena, moglie di Anfitrione, per poterle stare accanto, assume le

sembianze del condottiero con la complicità del figlio Mercurio, che si

trasforma in Sosia.

IL TEMA DEL DOPPIO NELL’ANFITRIONE

Quando Sosia si trova di fronte Mercurio, che ha acquisito le sue stesse

sembianze, si spaventa e cerca una conferma della sua identità,

ricordando le esperienze appena passate ( ad esempio, il ritorno dalla

battaglia), verificando che il luogo in cui si trova è a lui noto per lunga

consuetudine, sentendo se stesso come protagonista di un’azione e

come corpo.

Sosia: Cosa, accidenti, non sono io Sosia, lo schiavo di

Anfitrione? Non è forse giunta questa notte la nostra

nave dal porto Persiano, la nave che mi ha portato?

Non mi ha mandato qua il mio padrone? Non mi trovo

ora davanti a casa nostra? Non ho una lanterna in

mano? Non sto parlando? Non sono sveglio? Non mi ha

preso a pugni quest'uomo, poco fa? Ma si, per Ercole:

le mascelle mi fanno ancora male, povero me! Dunque

perché ho dei dubbi? Perché non vado dentro, in casa

nostra?

Si può dire che queste sono le certezze di cui

ha bisogno Sosia nel momento in cui un’altra

persona identica a lui gli si presenta davanti.

Anche un uomo di oggi potrebbe reagire così:

queste reazioni di Sosia rimandano ad un "codice trans-culturale".

Il suo ha, si può dire, i connotati di un discorso filosofico: lo testimonia

quell'igitur (dunque) che è una congiunzione propria dei discorsi filosofici.

Non dobbiamo stupirci di ciò: filosofia e ricerca della propria identità non

sono due cose differenti.

Il bisogno che Sosia avverte di "riconoscere" se stesso richiama il

dramma di Edipo scritto da Sofocle due secoli prima: il dramma

dell'uomo che si crede "uno", e scopre di essere "un altro".

Il problema dell’identità, per altri aspetti, è vissuto da Sosia, che è uno

schiavo, in modo fondamentalmente diverso da come lo vivrebbe un

uomo moderno.

Sosia, infatti, percepisce che il suo doppio intende possederlo

interamente; questo verbo ci fa capire come lo schiavo, nell’antica Roma,

venisse considerato alla stregua di un oggetto. Lo schiavo si identificava

con il suo padrone.

All'inizio la possibilità che anche Anfitrione non lo riconosca appare una

sfortuna, una disgrazia. Egli sembra, infatti, molto preoccupato; subito

dopo, tutto cambia, poiché s'accorge che questo gli potrebbe portare un

cambiamento di stato, una condizione migliore. Egli inizia ad intravedere

gli aspetti positivi dell'esser doppio e non unico. Se neppure Anfitrione

riconoscerà la sua autenticità, lui rinuncerà ad essere Sosia, lo schiavo, e

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