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Filosofia: Sigmund Freud( Psicoanalisi: inconscio, disturbo mentale e nevrosi)
Storia: prima guerra mondiale (Einstein e Freud), guerra di trincea
Storia dell’Arte: Van Gogh (Biografia, “Il caffè di notte: interno”, “Autoritratto con l'orecchio bendato”, “Campo di grano con volo di corvi” – "Ritratto di Van Gogh” Paul Gauguin)
INDICE
INTRODUZIONE .....................................................................................1
LUIGI PIRANDELLO (1867-1936) .......................................................1
ITALO SVEVO (1861-1928) ..................................................................3
DINO CAMPANA (1885-1932) .............................................................4
SIGMUND FREUD (1856–1939)...........................................................5
LA FOLLIA DELLA GUERRA .................................................................8
LA GUERRA DI TRINCEA e LA GENERAZIONE PERDUTA ..........9
VINCENT VAN GOGH (1853–1890)...................................................11
BIBLIOGRAFIA ..................................................................................... 15
INTRODUZIONE
Il termine “follia” acquisisce significati differenti.
La definizione scientifica la descrive come uno stato di alienazione mentale; un annebbiamento
dell'intelligenza, del senno. Ma, non ci si può fermare a questa prima definizione, dato che questa
comporta numerose sfaccettature. Vi è ad esempio il tema della follia legato alla società, nella quale
il folle è colui che è più cosciente rispetto agli altri dell’assurdità della vita borghese (ad esempio in
"Uno, nessuno e centomila" o “Il treno ha fischiato” di Luigi Pirandello). Secondo tale accezione di
follia, quindi, l'uomo è sano soltanto quando si rivela all’altezza del ruolo che la società gli ha
assegnato. Ne “La coscienza di Zeno” Italo Svevo mette in discussione il rapporto sano-malato ed
attraverso questo romanzo riceviamo il messaggio che non esistono persone sane o malate, ma
esistono persone “convinte” di essere malate e “persuase” dalla massa e dalla società a considerarsi
sane. Merita ancora considerazione il significato secondo il quale non è una data società a
determinare che cosa sia la malattia o la salute psichica, ma precisi criteri insiti nell'uomo stesso. Il
termine follia inoltre viene spesso utilizzato in psichiatria a significare la presenza di una malattia
psichica. Di conseguenza, possiamo parlare di individuo relativamente sano, se non si presenta
nessuna nevrosi, psicosi o sintomo psicosomatico e se non ci sono situazioni di alcolismo, violenza
e disperazione.
In altri termini, la follia potrebbe avere molteplici volti proprio come un dado, nel quale tutte le
facce sembrano uguali ma, in realtà, ognuna ha una particolarità che la distingue dalle altre
restando, nel complesso, pur sempre parte di un dado.
LUIGI PIRANDELLO (1867-1936)
La follia è un tema che ricorre spesso in letteratura. In questo ambito non si può non citare Luigi
Pirandello (1867-1936) che, tramite il proprio relativismo psicologico, dà buoni spunti riguardo
questo argomento.
Ogni immagine della realtà è una proiezione soggettiva e non esistono più
verità assolute ed oggettive; ogni individuo ha le proprie verità ed il proprio
punto di vista (il proprio sistema di riferimento a cui riportare ogni
esperienza).
Pirandello si occupò di questioni teoriche fin da giovane. Si avvicinò alle
teorie dello psicologo Alfred Binet, secondo il quale ciascuno di noi non è
uno ma contiene numerose persone. L'analisi dell'identità condotta da
Pirandello lo portò a formulare la teoria della disgregazione dell'io, secondo
cui il nostro spirito è formato da elementi distinti, più o meno in rapporto tra
L. Pirandello (1867-1936) loro, i quali si possono disgregare e ricomporre in una diversa disposizione,
così che ne risulti una nuova personalità che ha una propria coscienza a parte, indipendente, la quale
si manifesta viva e in atto, oscurandosi la coscienza normale, o anche coesistendo con questa, nei
casi di vero e proprio sdoppiamento dell'io.
«Il nostro spirito consiste di frammenti, o meglio, di elementi distinti, più o meno in rapporto tra loro, i quali
si possono disgregare e ricomporre in un nuovo aggregamento, così che ne risulti una nuova personalità, che
pur fuori dalla coscienza dell'io normale, ha una propria coscienza a parte, indipendente, la quale si manifesta
viva e in atto, oscurandosi la coscienza normale, o anche coesistendo con questa, nei casi di vero e proprio
sdoppiamento dell'io. [...] Talché veramente può dirsi che due persone vivono, agiscono a un tempo, ciascuna
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per proprio conto, nel medesimo individuo. Con gli elementi del nostro io noi possiamo perciò comporre,
costruire in noi stessi altre individualità, altri esseri con propria coscienza, con propria intelligenza, vivi e in
atto.»
(Luigi Pirandello, 1900)
Si può dire quindi che l’uomo non è una sola persona ma si suddivide in tante persone anche nel
medesimo istante. Da ciò deriva che non esistono delle verità e dei valori assoluti: ognuno
percepisce la realtà non per quello che è ma per come la vede in un determinato momento, a
seconda anche della propria educazione (religione, famiglia, ecc…).
Quando si arriva alla perdita dell'identità si entra nella follia, tema centrale in molte opere, come
l'Enrico IV o come Il berretto a sonagli, nel quale Pirandello inserisce addirittura una ricetta per la
pazzia: dire sempre la verità, la nuda e cruda e tagliente verità, infischiandosene dei riguardi e delle
maniere, delle ipocrisie e delle convenzioni sociali. Questo comportamento porterà presto
all'isolamento da parte della società e, agli occhi degli altri, alla pazzia.
Il Relativismo nasce dal dualismo tra vita e forma: la vita è un libero fluire degli istinti umani e la
forma è una maschera che la società ci impone.
Vi sono due tipi di relativismo psicologico: orizzontale, ovvero nel rapporto con gli altri, e verticale,
ovvero nel rapporto che una persona ha con se stessa.
Gli uomini nascono liberi ma il Caso interviene nella loro vita precludendo ogni loro scelta: l'uomo
nasce in una società precostituita dove ad ognuno viene assegnata una parte secondo la quale deve
comportarsi. Ciascuno è obbligato a seguire il ruolo e le regole che la società impone, anche se l'Io
vorrebbe manifestarsi in modo diverso: solo a causa dell'intervento del Caso può accadere di
liberarsi di una forma per assumerne un'altra, dalla quale non sarà più possibile liberarsi per tornare
indietro, come accade al protagonista de Il fu Mattia Pascal.
L'uomo dunque non può capire né gli altri né tanto meno se stesso, poiché ognuno vive portando -
consapevolmente o, più spesso, inconsapevolmente - una maschera dietro la quale si agita una
moltitudine di personalità diverse e inconoscibili. Proprio da ciò deriva l'incomunicabilità tra gli
uomini.
Le riflessioni pirandelliane trovano la più esplicita manifestazione narrativa nel romanzo Uno,
nessuno e centomila, ma possiamo trovare questi temi anche in molte sue novelle, come Il treno ha
fischiato o Il berretto a sonagli. Per quanto riguarda i romanzi pirandelliani, si può notare come essi
sfuggano da quelli che sono i canoni classici del romanzo, in particolare per quanto riguarda la
concezione del protagonista come singolo e molteplice allo stesso tempo (doppio, maschere) e per
la comicità delle sue opere. Se volessimo schematizzare il percorso seguito più o meno da tutti i
personaggi pirandelliani potremmo dire che vi è inizialmente una presentazione del personaggio
come singolo, compare poi un’immagine o circostanza, anche banale, da cui scaturisce una
riflessione, da qui una nuova visione della realtà e una nuova consapevolezza di sé come
“molteplice”, infine si trova la comparsa di nuovi atteggiamenti che richiamano, secondo la visione
comune, la pazzia.
Nel caso di Vitangelo Moscarda, il protagonista del romanzo Uno, nessuno, centomila, il fatto dal
quale scaturisce una profonda riflessione è un commento sul suo naso da parte di sua moglie Dida;
da questo momento Vitangelo comprende che ogni persona si crea un’immagine personale di lui,
quindi inizia a cercare di distruggere queste sue immagini agendo contrariamente a ciò che aveva
fatto fino a quel momento, finendo inevitabilmente, secondo la visione comune, nell’essere
considerato pazzo.
Uno: perché ogni persona crede di essere un individuo unico con caratteristiche particolari;
o Centomila: perché l'uomo ha, dietro la maschera, tante personalità quante sono le persone che
o lo giudicano;
Nessuno: perché, paradossalmente, se l'uomo ha 100.000 personalità in realtà non ne possiede
o nessuna, nel continuo cambiare non è capace di restar fermo nel proprio vero “io”.
Nella novella Il treno ha fischiato (da le Novelle per un anno), il protagonista della vicenda,
Belluca, capovolge improvvisamente il suo carattere mite e docile in seguito al fischio di un treno in
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partenza. Belluca è un impiegato contabile che conduce una vita misera e piena di problemi, sia a
casa che sul lavoro dove viene sfruttato e umiliato dal suo capo che gli fa svolgere i compiti più
disparati; in seguito al fischio del treno, Belluca si ribella improvvisamente al suo capo e inizia a
fare discorsi assurdi (pesci, natura, arte, ecc…) finendo inevitabilmente al manicomio. Il fischio del
treno non ha reso pazzo il protagonista, ma consapevole della propria condizione, sia per quanto
riguarda la propria vita sia per quanto riguarda il tema delle maschere, del doppio. Da ciò dobbiamo
dedurre che il termine pazzia, a volte comprende molti aspetti che nulla hanno a che vedere con
disturbi psichici, anzi, tutto l’opposto.
«E frasi senza costrutto gli uscivano dalle labbra. Cose inaudite; espressioni poetiche, immaginose, bislacche,
che tanto più stupivano, in quanto non si poteva in alcun modo spiegare come, per qual prodigio, fiorissero in
bocca a lui, cioè a uno che finora non s'era mai occupato d'altro che di cifre e registri e cataloghi, rimanendo
come cieco e sordo alla vita: macchinetta di computisteria. Ora parlava di azzurre fronti di montagne nevose,
levate al cielo; parlava di viscidi cetacei che, voluminosi, sul fondo dei mari, con la coda facevan la virgola.
Cose, ripeto, inaudite.»
(Da “Il treno ha fischiato” di Luigi Pirandello)
Vi sono tre possibili reazioni al relativismo:
1. REAZIONE PASSIVA: L'uomo accetta la maschera; ha provato a mostrarsi per
quello che lui crede di essere ma, incapace di ribellarsi o deluso dopo l'esperienza di
vedersi attribuita una nuova maschera, si rassegna. Vive nell'infelicità. Questa è la
reazione tipica delle persone più deboli come si può vedere nel romanzo Il fu Mattia
Pascal;
2. REAZIONE IRONICO-UMORISTICA: Il soggetto non si rassegna alla sua maschera
però accetta il suo ruolo con un atteggiamento ironico, aggressivo o umoristico. Come
in La patente. Il personaggio principale di quest'ultima opera, Rosario Chiàrchiaro, è
un uomo cupo, vestito sempre in nero che si è fatto involontariamente la fama di
iettatore e per questo è sfuggito da tutti ed è rimasto senza lavoro. Il presunto iettatore
non accetta l'identità che gli altri gli hanno attribuito ma comunque se ne serve. Va dal
giudice e, poiché tutti sono convinti che sia un uccello del malaugurio, pretende la
patente di iettatore autorizzato. In questo modo avrà un nuovo lavoro: chi vuole
evitare le disgrazie dovute a lui dovrà pagare per allontanarlo. La maschera rimane ma
almeno se ne ricava un vantaggio;
3. REAZIONE DRAMMATICA: L'uomo vuole togliersi la maschera che gli è stata
imposta e reagisce con disperazione. Non riesce a strapparsela ed allora se è così che
lo vuole il mondo, egli allora sarà quello che gli altri credono di vedere in lui e non si
fermerà nel mantenere questo suo atteggiamento sino a giungere ad una solitudine
disperata che lo porterà al dramma, alla pazzia o al suicidio, come al protagonista di
Uno, nessuno e centomila.
ITALO SVEVO (1861-1928)
Italo Svevo (1861-1928) porta invece all’estremo il relativismo mettendo in discussione il folle in
sé, il rapporto sano-malato.
Essendo stato molto influenzato da Freud (il cui contributo forse più significativo al pensiero
moderno fu la sua concezione dell'inconscio) e Joyce, la tematica affrontata da Svevo riguarda la