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Introduzione Sintomi della felicità - Tesina
La mia tesina di maturità prende in esame la felicità, collegandola con vari argomenti. Nella tesina ho cercato di capire come si manifesta la felicità e come la si possa raggiungere. Io, nel mio piccolo, ho cercato la risposta un po’ ovunque, partendo dai Negramaro per poi passare a “Grey’s anatomy” o ancora tra i mille meandri della mente di Schopenhauer per poi arrivare a Leopardi ed infine ai giorni nostri.
Collegamenti
Sintomi della felicità - Tesina
Filosofia: Schopenhauer .
Italiano: Leopardi.
Diritto: Articolo 3 della Costituzione italiana.
Storia: La “ricerca della felicità” nei regimi totalitari.
Scienze sociali: Lo Stato sociale.
Educazione fisica: I cibi del sorriso.
Matematica: La “formula della felicità”.
..forse, più cerchiamo e vogliamo uno stato di beatitudine più questo
desiderio ci confonde,
al punto da non riuscire a riconoscerci più,
invece continuiamo a sorridere e basta
sforzandoci in tutti i modi di apparire felici come vorremmo essere, finché
alla fine la verità ci colpisce :
la felicità è sempre stata lì,
non nei nostri sogni o nelle speranze
ma in ciò che conosciamo, che è confortevole, familiare”
cit. Grey’s anatomy
Potrebbe sembrare una contraddizione parlare di felicità nel
pensiero di Schopenhauer.
Ma la ricerca della felicità rappresenta
il naturale sviluppo del suo pensiero proprio perché l'unica
possibilità che l'uomo ha per vivere felicemente è essere
consapevole della sofferenza e del dolore per cercare di evitarli.
In cosa consiste,
dunque, la felicità
per Schopenhauer?
Nella sua opera “Il mondo come volontà e rappresentazione”
del 1818, Schopenhauer esprime, per la prima volta, il
concetto di volontà di vivere.
La volontà di vivere è, infatti, la rappresentazione del mondo:
un impeto cieco e tenace che coinvolge tutti gli esseri e
che li condanna alla sofferenza: la felicità, o il
piacere, infatti, viene ricercato senza sosta
dagli uomini ma non viene mai appagato
completamente e ciò causa loro dolore.
Una vita felice corrisponde ad una vita serena, ovvero nel
cercare di sfuggire alle sofferenze, ai turbamenti e ai dolori.
“I piaceri sono e restano - dice Schopenhauer - qualcosa di negativo [...].
I dolori invece devono essere percepiti positivamente:
la loro assenza è il criterio per valutare una vita felice”.
Per superare i due grandi nemici della felicità,
ovvero il dolore e la noia,
Schopenhauer suggerisce di limitare le nostre aspirazioni:
in questo modo da un lato
ci esponiamo di meno alle preoccupazioni,
ai desideri e alle paure,
e dall'altro impariamo a valorizzare
ciò che è più importante per la nostra serenità:
“lo sviluppo di un carattere nobile, di una mente capace, di un
temperamento gioviale, di un animo sereno, di un corpo
perfettamente sano”.
Leopardi, pensatore affine a Schopenhauer, afferma che la felicità non
è altro che assenza di sofferenza e dolore, ed è a questa ricerca che si
affanna l'uomo, come ricercasse cibo, nutrimento per sé.
Questa “fame di felicità” è però destinata a rimanere insaziata, perché
ogni parvenza di felicità è mera illusione, inganno: un inganno di cui
abbiamo bisogno, per sopravvivere.
“La Natura non ci ha solamente dato il desiderio della felicità, ma il bisogno; vero bisogno
come quel di cibarsi. Perché chi non possiede la felicità è infelice come chi non ha di che
cibarsi, patisce la fame. Or questo bisogno ella ci ha dato senza la possibilità di soddisfarlo”.
(Zibaldone, 1831)
Leopardi perviene al cosiddetto pessimismo cosmico,
ovvero a quella concezione per cui,
contrariamente alla sua posizione precedente ,
(pessimismo storico)
afferma che l'infelicità è connaturata alla stessa vita dell'uomo,
destinato quindi a soffrire per tutta la durata della sua esistenza.
Per il poeta, la natura che ora viene considerata maligna, dopo aver
generato un uomo, tende a eliminarlo per dar luogo ad altri individui
in una lunga vicenda di produzione e distruzione, destinata a
perpetuare l'esistenza e non a rendere felice il singolo.
In altri momenti, Leopardi approfondisce la sua meditazione sul
problema del dolore e conclude scoprendo che
la causa di esso è proprio la natura, perché essa stessa ha creato l'uomo
con un profondo desiderio di felicità,
pur sapendo che egli non può mai raggiungerla.
MA ESISTE IL DIRITTO ALLA FELICITÀ?
I padri costituenti ci dicono di sì!
Il fondamentale art. 3 della Costituzione,
dopo aver sancito il principio di uguaglianza formale,
straordinaria portata
contiene un comma 2 di ,
che impone alla Repubblica di rimuovere quegli impedimenti
di natura economica e sociale, che mettendosi di traverso sul
cammino dell’uguaglianza, limitano, di fatto,
“il pieno sviluppo della persona umana”. diritto alla felicità
In questa locuzione è costituzionalizzato il .
Nessun individuo che sia oppresso dal bisogno può sviluppare a
pieno la sua personalità, in altre parole l’individuo che soffre per
garantirsi la sussistenza difficilmente potrà esprimere se stesso
aspirare alla felicità
ed .
Non ancora soddisfatta, continuo la mia ricerca…
Gustavo
sino a quando non trovo un’intervista con
Zagrebelsky , che mi ha dato molto su cui riflettere.
Possiamo dire che la Costituzione esprime anche un
concetto giuridico di felicità?
“Su questa idea della felicità, dal punto di vista costituzionale, ho
molti dubbi.
Anche se la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti del 1776
proclama il diritto fondamentale alla ricerca della felicità.
in Europa non funziona così
Ma .
In Europa si parla di “diritti ”.
No, la Costituzione non esprime un concetto giuridico di felicità.
La mia idea è che la felicità sia un atteggiamento dello spirito
strettamente individuale.
Guai se c’è qualcuno che ritiene di poterci imporre un’idea oggettiva
di felicità. Questo è proprio dei regimi totalitari.
nei regimi liberi la felicità attiene alla sfera
Ma concepita come intima e individuale.
Perché ognuno è felice per le cose più diverse.”
Nonostante il XX secolo fosse cominciato con la speranza di
completare il lavoro che la civiltà moderna aveva iniziato e
con la determinazione di affrettare quest’opera;
il risultato fu una serie di regimi totalitari sparsi un po’
ovunque nel mondo.
“progetto moderno”
Infatti, il prevedeva l’instaurarsi
ordine nuovo
di un e migliore, in grado di portare
stabilità e felicità.
felicità perfetta
La doveva realizzarsi attraverso l’ordine perfetto,
risultato del potere
l’ordine perfetto
e doveva essere il .
Il livello di potere necessario si misurava con la misura dell’obiettivo.
Felicità totale richiedeva l’ordine totale, e l’ordine totale
aveva bisogno di potere totale.
Gli orrori del XX secolo derivano da tentativi pratici di
creare la felicità, l’ordine di cui la felicità aveva bisogno, e il
potere totale necessario a instaurare quell’ordine.
Il tentativo pratico di creare la felicità
non s’interruppe con il fallimento dei
regimi totalitari ma trovò sbocco nel
Welfare State .
Nella seconda metà del XX secolo gli Stati Europei, sconvolti dalla guerra
e dall’esperienza totalitaria, ritornarono alla legalità e alla democrazia.
Affermarono un nuovo modello di rapporto tra Stato e società, indicato
Welfare State, del benessere”).
con “Stato sociale” (o letteralmente “Stato
Welfare State
Il è lo stato che non abbandona il cittadino, ma lo assiste in
ogni momento della sua esistenza, fornendogli gratuitamente una serie di
servizi essenziali a cui un tempo provvedevano le famiglie e le
associazioni caritatevoli.
Welfare State
Storicamente il fu messo a punto per la prima volta dal governo laburista
britannico tra il 1945 e il 1950,
con l’attuazione del servizio sanitario gratuito.
Si diffuse poi in tutta Europa, in Italia con una serie di riforme sociali
realizzate negli anni ‘60 e ‘70 del Novecento,
tra cui l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 14 anni e scuola media
unificata (1962) e la creazione del sistema sanitario nazionale (1978).
L’obiettivo del Welfare State è quello di garantire
l’uguaglianza sociale in contesti economici di libero mercato.
Obiettivo difficile da raggiungere,
in quanto ogni intervento che tenda a difendere la libertà di iniziativa
rischia di alimentare la disuguaglianza,
economica
così come ogni intervento che miri a ridurre la disuguaglianza rischia
di limitare la libertà personale.
Allo scopo di trovare un giusto equilibrio tra i due poli della
libera iniziativa economica e dell’uguaglianza tra i cittadini,
il Welfare State individua e tutela i cosiddetti “diritti sociali”,
come il diritto all’istruzione, alla casa e alla salute.
I diritti sociali comportano, dunque, un intervento diretto dello
Stato, il quale attraverso il prelievo fiscale, ridistribuisce la
ricchezza del paese a favore dei ceti più deboli,
erogando servizi di ogni tipo.
Tuttavia, se il Welfare State in linea teorica appare come il sistema
politico migliore possibile, sul piano politico mette in difficoltà il
Parlamento; esponendo quest’ultimo alle pressioni dei gruppi
organizzati influenti che tutelano i propri interessi.
Que ste pressioni sono frutto della distinzione che avviene tra i
cittadini nella tutela dei diritti sociali:
coloro che si trovano nelle situazioni giudicate più urgenti, vengono
avvantaggiati rispetto agli altri cittadini.
Welfare State
Sul piano organizzativo, il è caratterizzato dall’espansione
della macchina statale e dall’aumento dei suoi dipendenti. Negli ultimi
il pubblico impiego un’occasione di elevazione
anni, ha costituito
sociale e una garanzia di stabilità professionale: non stupisce quindi che
la domanda di lavoro nell’ambito dei pubblici servizi superi l’offerta.
I problemi appena citati hanno contribuito ad una crisi del
Welfare State a cui i governi hanno risposto con politiche di
restrizione della spesa pubblica, da un lato con la
privatizzazione di alcuni servizi importanti e dall’altro
operando dei tagli di spesa sul sistema del pubblico impiego,
sulla scuola e sulla sanità.
Il principio regolativo del nuovo sistema è quello della
“sussidiarietà” :
in base alla quale lo Stato non si fa più carico di tutti i servizi,
quando la società
ma interviene con l’erogazione di sussidi
non è in grado di soddisfare da sé i propri bisogni
la felicità viene individuata
Dunque, ai giorni nostri,
come il benessere. né
Volendo contribuire al benessere sociale, ma non avendo
carisma né aspirazioni politiche per contribuire
Welfare State,
concretamente al non posso far altro che
consigliarvi (da grande intenditrice quale sono) i cosiddetti
“cibi del sorriso”.
Se l'umore va giù, un buon piatto di spaghetti può aiutare,
infatti, non è solo una questione di palato,
ma il risultato di particolari reazioni chimiche innescate dai
cibi del sorriso che sono in grado
di influenzare i nostri stati d'animo,
scacciando tristezza, stress e cattivo umore.
Senza dimenticare il piacere e la felicità che può dare il
tempo impiegato a preparare i pasti, la creatività e la
fantasia nel presentare i piatti e una piacevole compagnia a
tavola.
La cucina della felicità è un concentrato di sane abitudini
alimentari legate alla tradizione mediterranea . È bene
sapere, comunque, che ci sono particolari alimenti che aiutano a
regolare i toni dell'umore perché contengono sostanze capaci di
agire sui neurotrasmettitori, ovvero i «messaggeri» in viaggio
verso il nostro cervello.
la serotonina e
Tra questi,
la dopamina giocano un ruolo
scarseggia
chiave: se latitano,
anche la nostra capacità di
gestire l'ansia e lo stress e di
provare emozioni positive.
A completare la squadra ci sono
poi l'acido gamma amino
butirrico, regolatore del tono
muscolare, e le endorfine che
stimolano le sensazioni d'euforia
e di benessere.