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Problemi del sistema giudiziario americano - Diritto
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Conclusioni
Una vicenda che sconvolse un’intera nazione
Here comes the story of the hurricane… Il 20 aprile 2014 si è spenta
un’anima. Quest’anima era Rubin Carter, il pugile afroamericano al centro di
un’epocale controversia che divise gli Usa: imprigionato ingiustamente per un
triplice omicidio, scontò 20 anni di carcere, dai quali è riuscito poi a risollevarsi e
a salvare decine di altre persone che come lui erano state ingiustamente
incarcerate.
Il 31 Marzo 2014 Jeff Gray scrive su The Globe and Mail (un giornale canadese
diffuso su scala nazionale): “Rubin (Hurricane) Carter, una volta
“Rubin (Hurricane) Carter, once a aspirante al titolo di campione dei pesi
160-pound middleweight medi di 160 libbre, ora ne pesa la metà e
championship contender, now rimane costretto a letto a Toronto. E’
weighs half that and lies bed-ridden stato messo all’angolo e sta combattendo
in Toronto. He is on the ropes, il mach finale della sua vita.
fighting his life’s final bout. This is the end of the story of the
This is the end of the story of Hurricane (riferimento alla canzone di
the Hurricane .” Bob Dylan).”
Una vita travagliata fin dall’inizio
Rubin Carter nasce il 6 Maggio 1937 a Clifton, in New Jersey. Cresce a Paterson (New Jersey) insieme a sei
fratelli, e inizia presto ad avere guai con la giustizia.
A 9 anni Rubin e altri ragazzi della sua età rubano dei vestiti in un negozio, suo padre, saputo l’accaduto, lo porta
dalla polizia e lui viene costretto a 2 anni di libertà vigilata.
A 11 anni viene portato in riformatorio dopo aver ferito con un coltello un uomo
bianco. Lui dichiara di aver semplicemente reagito per auto-difesa a seguito delle
proposte pedofile dell’uomo e del suo tentativo di spingere il ragazzo giù da un
dirupo.
Nel 1954 Carter scappa dal riformatorio e si arruola nell’esercito americano a 17
anni.
Superato l'addestramento a Fort Jackson, Carolina del Sud, viene trasferito in
Germania nel 1974 e diviene un paracadutista militare nella 101esima Divisione
Autotrasportata. E’ in questo periodo che conosce e si interessa alla boxe.
Non è un buon soldato e per ben quattro volte deve presentarsi alla corte
marziale a causa di varie insubordinazioni. Viene congedato nel maggio 1956,
dopo ventuno mesi, giudicato inadatto al servizio militare.
Al ritorno in New Jersey viene presto arrestato e condannato a 10 mesi per la fuga dal riformatorio. Poco dopo il
suo rilascio, nel 1957, Carter fu arrestato per una serie di crimini, tra i quali spicca l’aggressione e la rapina ad
una donna di colore di mezza età. Rimarrà poi nella prigione di stato del New Jersey per i successivi quattro anni.
Durante gli anni di detenzione in New Jersey, rispolvera il suo interesse per la boxe. 3
Showman del Ring
Il 22 settembre 1961, un giorno dopo il suo rilascio, combatte e vince il suo
primo incontro di boxe ufficiale.
“I was in my element now,” scrive nella sua autobiografia, “fighting was the
pulse beat of my heart and I loved it.”
Alto 1 metro e 73, Carter è mediamente più basso di un peso medio, ma
combatte per tutta la sua carriera in questa categoria. Testa rasata, baffi
prorompenti, sguardo aggressivo e fisico possente fanno di lui una presenza
intimidatoria sul ring, decenni prima che tale "look" divenga consuetudine
nel pugilato. Il suo stile aggressivo e la potenza dei suoi pugni (che gli
fruttano molti KO) catturano l'attenzione, facendolo diventare un beniamino
del pubblico, e gli procurano il soprannome "Hurricane" (Uragano).
Dopo aver battuto avversari del calibro di Florentino Fernandez, Holley Mims, Gomeo Brennan e George
Benton, il mondo della boxe comincia a notarlo.
Nel luglio del 1963 Ring Magazine lo inserisce nella sua "Top
10" riguardante gli sfidanti al titolo dei pesi medi.
Nello stesso anno sposa Mae Thelma Basket.
Il bilancio del 1963 conta quattro vittorie e due sconfitte: la
svolta arriva il 20 dicembre, quando sorprende il mondo
della boxe mandando al tappeto due volte nel primo round
il passato e futuro campione del mondo, Emile Griffith
vincendo per knock out tecnico (KO).
Questa vittoria fa guadagnare a Rubin Carter il terzo posto
nel ranking degli sfidanti al titolo per pesi medi, titolo
detenuto da Joey Giardello.
Nel 1964 un articolo pubblicato su “The Saturday Evening
Post” lo descrive come il militante di colore convinto che i
neri abbiano il diritto di opporsi, ricorrendo anche alla
violenza, alla polizia. Lui negò di aver espresso tali idee, ma da questo momento in poi la polizia applicò nei suoi
confronti degli assidui controlli.
Hurricane vince altri due incontri (fra cui uno contro il futuro campione dei pesi massimi Jimmy Ellis), e così
arriva finalmente a misurarsi con il campione Giardello il 14 dicembre
del 1964.
Il match si disputa a Philadelphia. Nei quindici round Carter combatte
bene, ma i giudici, all'unanimità, dichiarano Giardello vincitore. La
stampa protesta vivacemente e da un sondaggio tra i giornalisti a
bordo ring risulta che 14 su 17 ritengono Carter vincente.
Hurricane non fa nessun reclamo ufficiale.
Dopo questo incontro, Carter comincia a perdere posizioni nel ranking.
Combatte nove volte nel 1965, ma perde quattro dei cinque incontri
disputati contro avversari di livello (Luis Manuel Rodríguez, Harry Scott
e Dick Tiger). Tiger, in particolare, manda al tappeto Carter tre volte
nel loro incontro.
"It was," Carter said, "the worst beating that I took in my life - inside or outside the ring."
"È stata", disse Carter, "la peggior sconfitta della mia vita - dentro e fuori dal ring".
Arriva fino qui la felice biografia sportiva di Rubin Carter, poi accade un fatto che sconvolgerà la sua vita, la sua
immagine e la sua storia: il 17 giugno 1966. 4
L’accusa di omicidio Nella notte del 17 giugno 1966, mentre sua moglie e la sua figlia di due anni,
Theodora, erano a casa. Carter visita diversi bar in Paterson e si ferma in uno
chiamato Night Spot.
A neanche un miglio di distanza sulle 2:30 del mattino circa, due uomini di
colore entrano nel "Lafayette Bar and Grill", ed aprono il fuoco. Due uomini
bianchi, tra cui il barista, vengono uccisi sul colpo. Una donna bianca invece
muore circa un mese dopo: aveva la gola, lo stomaco, l'intestino, la milza, il
polmone sinistro e un braccio perforati dai proiettili. Una quarta persona,
Willie Marins, sopravvive all'attacco, perdendo però la vista ad un occhio.
Un noto criminale, Alfred Bello, che si aggirava nei pressi del Lafayette per
commettere un crimine quella stessa notte, vede la scena. Bello è una delle
prime persone presenti nella scena del crimine e chiama un operatore
telefonico per avvertire la polizia.
Una residente al secondo piano del Lafayette, Patricia Graham, vede due
uomini di colore salire in una macchina bianca e partire verso ovest,
lontano dal bar.
Un'altra persona, Ronald Ruggiero, sentiti gli spari si affaccia alla finestra e
vede Bello correre per Lafayette Street e una macchina bianca sfrecciare
verso ovest, con due uomini di colore sui sedili anteriori.
Carter quella sera incontra casualmente John Artis, un ragazzo di colore che
gli chiede di dargli un passaggio a casa. Durante il tragitto i due uomini
vengono fermati dalla polizia perchè la macchina di Carter coincide con
quella vista dai testimoni.
La polizia li porta al Lafayette circa trenta minuti dopo la sparatoria. Ma nessuno dei testimoni riconosce in
Carter o Artis uno dei criminali, nemmeno Marins, ferito dagli stessi aggressori e portato d’urgenza all’ospedale.
La polizia trova nella macchina di Carter una pistola calibro 32 e dei proiettili per fucile calibro 12 - lo stesso
calibro usato dagli assassini. Carter e Artis vengono portati in
commissariato, interrogati e sottoposti al test del poligrafo.
La macchina della verità mostra che i soggetti stanno
mentendo alle domande e ciò fa supporre un qualche loro
coinvolgimento nel crimine. Ma il poligrafo non è comunque
giudicato attendibile, e quindi risulta inammissibile come
prova. Carter e Artis vengono quindi rilasciati il giorno
stesso.
Il 6 agosto 1966 presso Rosario (Argentina), Carter combatte e perde contro Rocky Rivero. Questo sarà il suo
ultimo incontro.
Le testimonianze dei ladri
Due mesi dopo, Bello rivela alla polizia che quella sera era in compagnia di un altro uomo, Arthur Dexter
Bradley. Essi stavano tentando di derubare una fabbrica nelle vicinanze del Lafayette Grill.
Dopo un ulteriore interrogatorio, entrambi identificano Carter come uno dei due uomini di colore visti fuori dal
bar; Bello identifica inoltre Artis come l'altro uomo armato. Basandosi su questa ulteriore prova, Carter e Artis
vengono arrestati e incriminati, nonostante non fossero stati riconosciuti dagli altri testimoni.
Per loro c'è la prigione a vita. 5
La prigionia
Carter e Artis, accusati di triplice omicidio, sono condannati a tre ergastoli e i loro appelli vengono respinti
unanimemente dalla Corte Suprema del New Jersey.
Tornato in prigione Carter si rifiuta di indossare l’uniforme e continua a dichiararsi innocente.
In questo periodo si dedica allo studio di libri di legge ed
analizza a fondo il suo caso.
Perde la vista all’occhio destro a seguito di un intervento
alla retina a causa delle condizioni igieniche inadeguate
dell’ospedale della prigione.
Durante la sua prigionia, Carter scrive la sua
autobiografia "The Sixteenth Round: From Number 1
Contender to #45472" (Il sedicesimo round: da sfidante
numero 1 a numero 45472), pubblicata nel 1974.
Sostiene la sua innocenza, ed ottiene il sostegno della
gente, che spinge per la grazia o per un nuovo processo.
Carter viene visto come il campione dei diritti civili.
Nel 1975 Bob Dylan visita Rubin Carter in prigione. Il cantautore era rimasto impressionato dalla lettura di The
16th Round, l'autobiografia scritta in carcere da Carter.
Poco dopo l’incontro inizia a scrivere i versi e la musica di
quella che sarebbe diventata “Hurricane” per sostenere
l’innocenza del pugile. La prima stesura non convince la
casa discografica che teme ripercussioni legali per il testo.
Dylan reincide dunque il brano e qualche giorno dopo
suona al Madison Square Garden di New York,
raccogliendo 100 mila dollari da devolvere agli avvocati
difensori del pugile.
Il brano è contenuto nell'album discografico Desire,
lanciato con la tournée della Rolling Thunder Revue, Bob Dylan incontra Carter in prigione
immortalata nel film del 1978 Renaldo e Clara, scritto e
diretto da Dylan con la partecipazione dello stesso Carter.
Carter è stato anche l’unico collega al quale Muhammad Ali abbia mai dedicato la vittoria in un suo match: lo
fece dopo aver battuto Ron Lyle, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul caso di ‘Hurricane’ e della sua ingiusta
detenzione.
Ritrattazione delle testimonianze
Nel 1974 si scopre che Bello e Bradley erano stati spinti dai detective ad identificare falsamente Carter ed Artis
nei due colpevoli, con la promessa di ottenere clemenza riguardo ai loro crimini.
Siccome Bello aveva dato molte versioni dei fatti avvenuti quella notte, il
procuratore Humphreys fa ripetere a Bello la sua versione dei fatti
analizzandolo con due diversi poligrafi. Entrambi dichiararono che Bello è
sincero.
Così Bello e Bradley ritrattano la testimonianza data nel 1967. Tale ritrattazione
viene usata come base per la mozione atta ad ottenere un nuovo processo.
Anche se il giudice Larner nega la mozione, la Corte Suprema del New Jersey
concede a Carter e Artis un nuovo processo nel 1976.
Rubin Carter e John Artis 6
Il secondo processo
Durante il nuovo processo, Bello accantona la ritrattazione e torna a sostenere la
testimonianza del 1967, identificando Carter e Artis come i due uomini armati che
aveva visto al Lafayette Grill. Carter e Artis vengono ancora una volta giudicati
colpevoli, questa volta da una giuria che includeva due afroamericani, in meno di
nove ore.
Carter e Artis vengono quindi condannati di nuovo alla prigione a vita.
Il secondo figlio di Carter, Raheem Rubin, nasce sei giorni dopo la sua carcerazione.
Accusa basata su motivazioni razziali
Dopo il secondo processo, Carter sembra ormai aver perso la speranza quando