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Introduzione Project Loon - Tesina
Nella società tecnologica in cui viviamo internet ha sicuramente favorito il processo di globalizzazione grazie all’accesso alle informazioni, alla condivisione e alla partecipazione ai grandi movimenti di opinione. Molti affermano che esso è diventato parte integrante della nostra vita. Un sondaggio fatto da Google, però dimostra, che i 2/3 della popolazione mondiale non ha accesso alla rete, sia per le scarse risorse economiche sia perché vivono in zone remote. Questa tesina di maturità illustra il Project Loon nel suo percorso di ricerca, progettazione e realizzazione di una risposta concreta alla crescente richiesta di accesso ad internet. Questo progetto fornirà una connessione LTE utilizzando palloni aerostatici che permetterà a tutti di usufruire della rete in modo facile e veloce. Tutte queste “stazioni” fluttuanti lavorano insieme per coprire un’area geografica molto vasta e sono tutte monitorate da una struttura a terra. La tesina è una tesina quindi monotematica.
Tesina di maturità monotematica di Telecomunicazioni - Rete Wireless.
Air Force Base in Florida (figura 15). Questa
sorta di laboratorio ha delle dimensioni enormi,
dove gli scienziati della Google hanno potuto
simulare le temperature presenti nella
stratosfera, toccando i -65 °C. Qui i ricercatori
hanno testato i punti deboli dei palloni, per
esempio sottoponendoli al ciclo delle
Figura 15 – Il McKinley Climatic Laboratory temperature giornaliere. In questo modo gli
esperti del Project Loon sono riusciti a migliorare drasticamente la manifattura
dei palloni.
L’attrezzatura che compone i palloni di Google è abbastanza costosa e contiene
degli importanti dati utili nella fase di test e sviluppo del progetto, motivo per il
quale il loro recupero è molto importante. Per questo l’azienda di Mountain View
ha istituito una task force formata da ex-militari, specializzata nel ritrovamento dei
palloni, fatti atterrare per un semplice controllo o a causa di un guasto.
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Solitamente vengono fatti discendere in zone disabitate, pianeggianti e con un
facile accesso tramite auto, tuttavia capita che il Mission Control faccia degli errori
di calcolo e recuperare i palloni diventa più complesso. Una volta trovati, i
componenti vengono riportati alla sede di Google X e riutilizzati.
In soli 3 anni, il team del Project Loon è riuscito a compiere l’impossibile costruendo
Autolauncher, comunemente chiamato Chicken Little, la nuova frontiera per il
lancio dei palloni. Nei primi test, come quello in Nuova Zelanda e in Brasile, una
squadra di almeno 16 persone aveva il compito di stendere, aprire e poi gonfiare
parzialmente i palloni. Fatto questo dovevano aspettare il momento adatto per
lasciarlo andare, infatti questi potevano essere lanciati solo con venti inferiori a 9,7
Km/h. Questo processo portava via minimo 45 minuti, ma poteva arrivare anche
ad alcune ore, se il vento era sfavorevole.
Ecco allora che nel marzo 2016 Google
pubblicò le prime immagini del Chicken
Little (figura 16), una struttura
portatile alta 16,7 m e larga 12,1 m, che
prende dalla sommità i palloni, li
distende su un braccio meccanico e li
gonfia. Questa struttura è dotata anche
di tre pareti, ricavate dalle porte dei
capannoni, che bloccano le correnti Figura 16 – Chicken Little
d’aria. In questo modo i palloni
possono essere lanciati anche con venti di 24 km/h e il lavoro che occupava quelle
16 persone e quei 45 minuti, ora impegna solamente 4 persone e 15 minuti. Grazie
a quest’incredibile invenzione Mike Cassidy e il suo team saranno in grado di creare
il famoso anello di palloni intorno al globo e quindi garantire una connessione
costante a tutte quelle persone che usufruiranno del servizio. Pagina | 12
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2.2 Come ci si connette?
Chiunque si può connettere alla rete dei palloni purché abbia un dispositivo che
supporta l’LTE, come uno smartphone di ultima generazione.
Il segnale trasmesso dalle
antenne degli operatori
telefonici con cui Google ha
stipulato un accordo, viene
ricevuto dal pallone che
fluttua nel raggio di
irradiazione dell’antenna. Il
Figura 17 – Funzionamento della rete dei palloni segnale viene poi ripetuto dal
loon ai palloni circostanti, che lo mandano a terra quando un utente richiede la
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connessione (figura 17). Un solo pallone riesce a coprire un’area di ben 5 000 km
e fornire l’accesso alla rete a centinaia di persone.
Tutto questo è possibile grazie ad una piccola scatola (figura 18), situata appena
sotto l’involucro, pesante circa 10 kg che contiene tutta l’elettronica del pallone. Più
precisamente sono presenti delle apparecchiature informatiche che controllano
l’intero sistema (sensori, GPS, microfono, telecamera, ecc.) e tre ricetrasmittenti:
un’Ubiquiti Networks “Rocket M2” per la comunicazione
1. pallone-pallone;
2. un’Ubiquiti Networks “Rocket M5” per la comunicazione
pallone-stazione terrestre;
una terza di backup.
3. Figura 18 – Scatola
Il problema più grande che gli esperti del Project Loon dovettero contenente l’elettronica
del pallone
affrontare, era il fatto che i palloni continuavano a muoversi e
non rimanevano in un punto fisso. Perciò utilizzare un’antenna parabolica risultò
inefficace dato che sono costruite per ricevere un segnale da un oggetto “fermo”,
come può essere un satellite geostazionario, che gira alla stessa velocità e direzione
della Terra. Pagina | 13
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Oltre a questo, le antenne sui palloni sono polarizzate ovvero generano delle onde
elettromagnetiche la cui direzione nel campo elettrico può essere o verticale o
orizzontale; di conseguenza l’antenna ricevente dovrà essere opportunamente
polarizzata per ricevere il segnale trasmesso dal pallone.
Cyrus Behroozi, capo del reparto reti e telecomunicazioni, e il suo team sono
riusciti a realizzare una speciale antenna terrestre per soddisfare le necessità
elencate di sopra. Questa è formata principalmente da tre elementi:
un’antenna radio Ubiquiti Networks “Rocket M5”, nella parte inferiore;
1. un’antenna a microstriscia che si occupa della ricezione e diffusione dei
2. segnali, nella parte superiore;
un riflettore circolare che divide le due antenne.
3.
L’antenna a microstriscia (figura 19), o patch
antenna, ha il compito di ricevere le onde
dirette e tutte quelle che rimbalzano sul
riflettore. Nella costruzione di questo
componente non hanno utilizzato una sola
patch antenna, ma bensì due: una
polarizzata per ricevere le onde orizzontali
e una per ricevere quelle con polarizzazione
verticale. In questo modo, Figura 19 – Antenna a microstriscia e riflettore
indipendentemente da come sono orientati
i segnali trasmessi, è sicuro che una delle due antenne li riceverà.
I palloni, essendo in continuo movimento, necessitano di un’antenna che garantisca
una quantità uniforme di potenza ovunque il loon si trovi. Per questo, durante la
progettazione, si è optato per componenti con una maggiore sensibilità quando
il pallone si trova in una posizione angolata rispetto all’antenna.
Cyrus Behroozi ha dichiarato che durante la costruzione della stazione terrestre,
utilizzata nei primi test, l’obbiettivo principale era la semplicità. In questo modo
si sono potuti concentrare solo sugli aspetti essenziali del dispositivo, senza
aggiungere nulla di complesso, che eventualmente sarebbe potuto sfociare in
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qualche intoppo. Ora che il prototipo di stazione terrestre funziona, possono
progettare antenne sempre più sofisticate e portare le prestazioni a livelli molto
più elevati.
2.3 Qual è la fonte di energia?
I vari componenti dei palloni sono alimentati attraverso dei pannelli solari. Ognuno
di questi è realizzato da una lamina di plastica flessibile, sostenuta da una struttura
di alluminio leggero di 1,5 m per 1,5 m. Queste lastre sono formate da celle
monocristalline con la particolarità di avere un alto rendimento elettrico e di essere
più efficienti nei giorni nuvolosi. Il rovescio della medaglia è il prezzo, che supera
tre volte quello dei fotovoltaici con celle policristalline.
I pannelli sono divisi in due sezioni
opposte che, grazie al loro angolo
acuto, permettono di assorbire energia
in qualsiasi posizione si trovi il pallone
rispetto al Sole (figura 20). I pannelli,
durante le giornate di pieno sole,
producono circa 100 Watt di potenza
che sono più che sufficienti per
Figura 20 – Pannelli solari
alimentare l’elettronica dei loons. Parte dell’energia eccedente viene utilizzata per
generare calore, che mantiene i componenti elettronici ad una temperatura
ottimale, siccome a 20 Km di altezza c’è molto freddo. Il resto della potenza viene
utilizzata per caricare le batterie, impiegate durante le ore notturne al posto dei
pannelli.
I pannelli solari lavorano molto meglio ad
altitudini elevate, perché è presente
meno massa d’aria che assorbe le
radiazioni solari. Infatti nella stratosfera
(figura 21) c’è solo il 5% di massa d’aria
rispetto al livello del mare. Sopra la
troposfera l’energia solare disponibile è di Figura 21 – Strati dell’atmosfera
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1366 W/m , mentre a livello del mare è di 1000 W/m . Supponendo che un pannello
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solare di 1 m avente efficienza del 10% sia posto nella troposfera, genererà 100
Watt, ma se posto al di sopra riuscirà a creare circa 136,6 Watt di potenza.
Come già detto i pannelli solari caricano anche delle batterie al litio, in modo da
rendere operativo il pallone anche durante le ore notturne. Nella stratosfera però
le temperature arrivano fino a -70°C e si sa che le batterie non lavorano al meglio
in queste condizioni. Addirittura, climi del genere portano spesso ad una
diminuzione della loro capacità disponibile e nei casi più estremi ad una completa
inefficienza.
Ecco allora che Jim Morash, un ingegnere elettronico del Project Loon, e il suo
team, per risolvere questo problema hanno deciso di isolare completamente
l’intero sistema di alimentazione. In questo modo hanno potuto riflettere e
intrappolare il calore generato dagli altri componenti elettronici, a costo zero in
pratica. Per fare ciò avevano utilizzato del polistirolo, ottimo isolante che previene
la conduzione e la convezione, ma a 20 km di altezza il trasferimento di calore
avviene soprattutto attraverso le radiazioni. Oltre a questo intoppo, l’utilizzo del
polistirene aveva provocato un peggioramento nelle prestazioni, appesantendo
il pallone, e riducendo di conseguenza i
giorni passati in quota.
Hanno quindi deciso di utilizzare lo
stesso materiale isolante utilizzato dalla
NASA nello strato esterno delle tute
spaziali degli astronauti, ovvero una
sorta di coperta termica multistrato
Figura 22 – Sistema di alimentazione dei palloni (chiamata Kapton), dove l’interno è
alluminizzato mentre l’esterno è in fibra di carbonio (figura 22). Gli ingegneri però
non si sono fermati qua e stanno tuttora cercando di ottenere risultati sempre
migliori utilizzando specifici elettroliti e materiali catodici, ovvero composti da
elettroni. Pagina | 16
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Considerando le altitudini a cui lavora il Project Loon e il fatto
che non utilizza fili, i pannelli solari sono la scelta più ovvia.
Muovendosi utilizzando il vento e caricandosi con l’energia
solare il Project Loon è in grado di funzionare ut