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Introduzione Occitania, tesina
La seguente tesina di maturità tratta del tema dell'Occitania. La tesina abbraccia anche i seguenti argomenti nella varie discipline scolastiche: La seconda rivoluzione industriale in Storia; Il secondo e terzo romanticismo, la Scapigliatura milanese, il Realismo e verismo ed il decadentismo in Letteratura; I contratti di lavoro in Diritto ed Economia; La retribuzione e la contabilità del personale in Economia d'Azienda; The main means of transport in Lingua Inglese.
Collegamenti
Occitania, tesina
Storia: La seconda rivoluzione industriale
Letteratura: Il secondo e terzo romanticismo, la Scapigliatura milanese, il Realismo e verismo ed il decadentismo. Correnti a confronto.
Diritto ed economia: I contratti di lavoro.
Economia d'Azienda: La retribuzione e la contabilità del personale.
Lingua inglese: The main means of transport
romanzi aventi per oggetto l’amor cortese o altre tematiche di grande
popolarità. I trovatori però furono vittime della devastante “Crociata degli
Albigesi” ossia la persecuzione del movimento eretico dei “Catari” bandita da
Papa Innocenzo III fin dagli inizi del 1200, ciò permise ai baroni crociati di
conquistare le terre della Linguadoca e rappresentò un pesante
ridimensionamento anche della diffusione della lingua occitana, giacchè le
popolazioni furono costrette a scappare sia nel vicino Piemonte che nei territori
più lontani, si hanno infatti presenze occitane vive ancora oggi nel comune di
Guardia Piemontese in Calabria, oltre a presenze franco-provenzali nei comuni
di Celle San Vito e Faeto nell’alta Capitanata in provincia di Foggia. Due secoli
più tardi il governo francese promulgò un editto affinchè si redigessero tutti i
documenti ufficiali in lingua francese, ponendo difatti l’occitano, come altre
lingue minoritarie, fuori legge. Fu però nel XIX secolo che la lingua e la cultura
occitana rivisse un nuovo e particolare momento, la borghesia del sud della
Francia, riscoprendo l’epopea dei trovatori comincia a coltivare di nuovo la
parlata dei suoi avi e l’occitano fa il suo ingresso nei salotti che contano. E’ di
Academie de Jeux Floraux,
quest’epoca la creazione a Tolosa dell’ nel 1830 e nel
Fèlibrige
1854 Frédéric Mistral da vita al un movimento politico e culturale
occitano fondato insieme a Joseph Roumanille ed altri. La seconda metà del
1800 vide un rifiorire della letteratura occitana senza paragoni, Mireiò di
Mistral, un poema in versi sullo stile trobadorico, gli valse addirittura il premio
Nobel per la letteratura nel 1904, Les Contes Provençaux di Roumanille,
tradotto ed adattato in francese da Alphonse Daudet, sono solo due delle
numerose opere in lingua occitana di quegli anni. I seguaci di Mistral insistono
nella loro visione soprattutto letteraria e si accontentano di considerare la
Francia come "grande patria" in cui sistemare onorevolmente ma senza
contestazioni radicali la loro "piccola patria". Così, in un periodo che vede la
nascita dei nazionalismi politici presso tutte le minoranze europee, gli occitani
non sono in grado di portare avanti le proprie rivendicazioni.
A livello geografico l’occitano ha conosciuto una notevole espansione
territoriale, è parlato infatti in un terzo del territorio francese, esso si divide in
tre sotto aree morfo-linguistiche: il limousino, l’auvergnate ed il vivaro-alpino
parlato in alcune zone della Regione francese del Rhone – Alpes (Haute Alpes
ed alpes de Haute Provence). La variante vivaro-alpina dell’occitano è quella
parlata anche nelle alte valli del Piemonte della provincia di Torino, la Val
Pellice, la Val Chisone, la Val Germanasca e l’Alta Valsusa ed il Pinerolese, nelle
valli della provincia di Cuneo e nell’alta valle del Tanaro in provincia di Imperia
in Liguria oltre che nel comune di Guardia piemontese in provincia di Cosenza,
in quest’ultimo comune e nella frazione di san Sisto dei Valdesi all’interno del
comune di San Vincenzo la Costa, sempre in provincia di Cosenza, l’uso
dell’occitano è dovuto all’emigrazione di una comunità valdese per sfuggire
alle persecuzioni tra il XIII ed il XIV secolo. Una importante distinzione va fatta
tra l’occitano ed altre due lingue delle zone limitrofe: il Patois valdostano
parlato nella Valle d’Aosta e l’arpitano o gallo-provenzale parlato in alcune valli
piemontesi come la bassa Val di Susa e la Val Sangone e nei comuni di Celle
San Vito e Faeto in provincia di Foggia, quest’ultimo deriva dalla lingua parlata
nella regione francese della Savoia, già appartenente al Piemonte e ceduta alla
Francia dalla casa reale sabauda italiana nel marzo 1860. La connessione delle
valli occitane con il resto del territorio storico definito Occitania che si estende
dalla Francia meridionale fino alla Spagna settentrionale è dovuto alle facili vie
di comunicazione del Colle della Maddalena e del Monginevro che comunicano
con il versante ovest delle Alpi Cozie e Marittime. Da una stima etnologica della
Commissione europea del 2005 a parlare l’occitano oggi si conterebbero due
milioni di persone mentre si stimano in sette milioni quelli che conoscono la
lingua per influenze più varie. L’Occitano è tutelato come lingua minoritaria
storica dall’Art. 6 della Costituzione e dalla Legge n. 482 del 15 Dicembre 1999
che ha posto le basi per una maggiore tutela e valorizzazione della lingua.
Come abbiamo visto l’area occitanica è stata da sempre patria fertile per
correnti religiose eretiche come i catari e gli ugonotti. Lo stesso simbolo
dell’Occitania, la Croce di Tolosa, mostra i frequenti contrasti con la Chiesa di
Roma. Essa, infatti, è lo stemma araldico del Conte di Tolosa Raimondo V che si
ribellò al Papa durante la crociata degli albigesi, i tre pomi per ogni braccio
della croce rappresentano le dodici case dello zodiaco, simbolo mistico di
notevole importanza, allo stemma araldico è spesso associata una stella a
sette punte raffigurante le sette regioni storiche dell’Occitania. La Chiesa
Valdese ha stabilito nelle valli occitane del Piemonte la sua patria d’elezione,
sin dal 1400 infatti troviamo i primi testi in occitano proprio grazie alla
comunità valdese che tutt’oggi ha il proprio centro spirituale a Torre Pellice, nel
1685, con la revoca dell'editto di Nantes (che aveva sancito libertà di culto per
i protestanti), l'organizzazione valdese in Francia viene completamente
sradicata e nel territorio italiano Carlo Emanuele II di Savoia emana un proprio
editto secondo il quale i valdesi avrebbero dovuto interrompere il loro culto e
scegliere fra l'abiura o l'esilio. I valdesi scelgono la resistenza e così le valli
Pellice e Germanasca vengono invase da un esercito misto franco-sabaudo e
devastate. Grazie ad un accordo, i prigionieri riescono a emigrare in Svizzera
ma nel 1689 decidono di tornare nelle loro valli da cui non verranno mai più
scacciati perché il duca di Savoia si è nel frattempo alleato con l'Inghilterra,
l'Olanda, l'Austria e la Germania contro Luigi XIV di Francia. Tuttavia i valdesi
sono ancora perseguitati fino al 1848, quando viene promulgato nei loro
confronti l' ''Atto di Emancipazione''.
Nel 1343 per quanto riguarda la situazione dell'Occitania cisalpina, la Val di
Susa, la Val Chisone e l'alta Val Varaita, insieme alle valli di Briançon e del
Queyras, formano la repubblica autonoma alpina degli escartons (il termine
escarter
deriva dal francese ossia dividere le imposte), con capitale Briancon, a
seguito di una concessione del conte di Albon datata 1244 ben un secolo
prima. La Repubblica autonoma visse in maniera fiorente fino agli albori del
1700, quando con il Trattato di Utrecht del 1713 si pose fine alle lotte di
successione in Spagna ed i territori piemontesi furono annessi al ducato di
Savoia. Per gli escartons del versante francese, invece, le concessioni durarono
fino al 1789 con l’avvento della Rivoluzione francese.
STORIA: LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Per seconda rivoluzione industriale s’intende il periodo intorno agli anni
novanta del diciannovesimo secolo segnato da un forte progresso della tecnica
e dalla tecnologia in ogni campo e scienza. Rivoluzione perché ogni aspetto di
ogni scienza fu sconvolto e affrontato sotto un’ottica completamente rinnovata,
e l’aggettivo industriale si riferisce al carattere che ha assunto, ma anche al
campo che più ne rimase influenzato. La spinta verso questo importante
momento storico la diede l’Inghilterra, quando nella prima metà del 1800,
costruì la prima ferrovia, che collegava Liverpool a Manchester, e registrò
l’ascesa di una nuova classe sociale, la borghesia, ma soprattutto sul suolo
britannico vennero per prima applicate le teorie del liberismo economico,
enunciate da Adam Smith ancora nel 1776. Quest’ultimo punto, la teoria del
liberismo, non è per niente da porre in secondo piano, anzi, forse viene più
semplice attribuire la nascita di questa rivoluzione alla messa in pratica di
“lassez faire”
questa teoria del cosiddetto in campo economico.
Il soggetto delle teorie collegate, è l’imprenditore o manager, un soggetto che
tutt’ora gioca il ruolo del protagonista e che, nel diciannovesimo, secolo fece la
sua comparsa nel panorama internazionale. Il principio base del liberismo
economico è piuttosto semplice: abbattere ogni ostacolo alla libera circolazione
delle merci, in opposizione a quelle che erano le teorie del protezionismo, volte
ad assicurare e a garantire gli interessi dei proprietari terrieri, fino ad allora
indiscussi protagonisti dello scenario economico e sociale da secoli. Il
protezionismo faceva leva, dunque, sugli alti dazi applicati alle frontiere,
condizionando quindi le importazioni; ma lo sviluppo industriale impose che
venne riconosciuta la massima libertà alle importazioni e le esportazioni,
questo per sfruttare al massimo le potenzialità della produzione in serie e della
meccanizzazione del lavoro, che era in forte contrasto con l’attenzione alla
produzione locali, oramai viste come obsolete e superate, e incapaci d
concorrere al maggior profitto. Purtroppo le produzioni locali non riuscirono a
far fronte a queste innovazioni, con il crollo della borsa di Vienna del 1873,
forte depressione
infatti, iniziò ad una che durò fino al 1896.
La soluzione comportava l’impiego di notevoli risorse finanziarie, ormai distanti
dalla realtà del singolo proprietario o imprenditore, così le banche, non si
limitarono più a prestare denaro, dietro al quale c’era il pericolo di non avere
più indietro quanto prestato, bensì pretesero come garanzia una parte delle
azioni emesse dalla società, in questo modo le imprese non dovevano più
attendere molti anni per compiere le varie evoluzioni che il settore, in continuo
rinnovamento, richiedeva.
banche miste,
La creazione di queste la funzione tra la funzione di investimento
e quella di raccolta del risparmio, dette così l’impulso che il settore produttivo
europeo auspicava da ormai vent’anni, e anche stati fino a pochi anni fa
tecnologicamente arretrati, come la Germania, riuscirono a progredire, fino a
concorrere con le altre imprese d’oltreoceano.
Nel 1896, quindi, gli storici datano il fiorire della seconda rivoluzione
industriale, periodo che durerà fino al 1913. Viene definita seconda in quanto
conobbe il suo sviluppo in modo separato dalla prima rivoluzione industriale, ed
ebbe delle caratteristiche che riuscirono a condizionare la società in modo più
influente rispetto alle altre innovazioni degli anni precedenti. Questo a causa
dell’importanza data alla ricerca scientifica, che venne messa in primo piano,
come strumento essenziale contro l’esasperata concorrenza internazionale che
si era creata con l’ingresso di Stati Uniti e Giappone nei mercati internazionali.
Le nuove invenzioni furono così disponibili alla grande massa, e modificarono,
nella maggior parte dei casi in modo radicale, abitudini e ritmi, basti pensare
ad invenzioni del calibro di bicicletta, telefono, telegrafo, macchina per
scrivere, pneumatici, petrolio ed elettricità. Quest’ultime, condizionarono
definitivamente il rapporto tra scienza e industria, divenendo la prima al
servizio della seconda. Il settore trainante però, è quello siderurgico: le
industrie hanno ormai dimensioni tali da richiedere grossi capitali, dunque
rispetto ai primi opifici è anche diversa la struttura finanziaria, sempre più
legata alle concentrazioni. Anche in questo caso la rivoluzione industriale è
preceduta e collegata a un’altra, quella dei trasporti: dal 1814 il trasporto
ferroviario è tecnicamente possibile (locomotiva Stephenson) e attorno alla
metà del 1800 le ferrovie e il trasporto ferroviario si sviluppano su scala
mondiale. I nuovi aspetti industriali si vedono soprattutto in Germana
(intersezione scienza-industria) e negli USA (concentrazione e
standardizzazione della produzione, anche in agricoltura): già nel 1890 la